cottarelli sua Spending reviewIl  Commissario del governo Letta prova a sfatare il tabù dei tagli alle spese dello Stato. Da  Padoa Schioppa a Bondi, passando per Giarda, decine di commissioni hanno stilato sul tema libri bianchi promettendo risparmi di miliardi. Alla fine però ha quasi sempre prevalso la logica delle sforbiciate lineariTrentadue miliardi di tagli di spesa in tre anni. Venti commissioni ad hoc. Un crono-programma asciutto e preciso come ci si aspetta da un ex-dirigente del Fondo Monetario Internazionale. Carlo Cottarelli non ha perso tempo. Fresco della nomina di Commissario straordinario per la spending review del Governo Letta, ha messo nero su bianco il suo programma lacrime e sangue destinato - se tutto andrà bene - a farci risparmiare in tre anni due punti di Pil da dedicare alla riduzione del carico fiscale e a investimenti produttivi. Tanti auguri. Il suo lavoro, vista la lunga epopea delle spending review tricolori, non sarà facile. Non foss'altro perché la conferenza stampa di presentazioni di ieri è stata la fotocopia di iniziative simili di suoi illustri predecessori (incluse promesse di risparmi miliardari) rimaste poi in buona parte nell'archivio delle buone intenzioni, per lasciar spazio al vecchio (e comodo) vizietto italico dei tagli lineari.

 

Il bello è che sulla poltrona di Mister Forbici lo stato italiano, conscio della delicatezza del ruolo, ha messo spesso i suoi "Maradona". Nel 2007 sul tema si è esercitato con uno straordinario "Libro verde sulla spesa pubblica" lo scomparso ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa. Centotrentanove pagine dedicate alle tante magagne della macchina statale, precise come bisturi nell'individuare le aree di spreco e le spese allegre degli enti locali. Un lavoro straordinario rimasto sulla carta per la caduta del Governo

Prodi. La Commissione ad hoc per la sua implementazione è stata infatti chiusa da Giulio Tremonti non appena a Palazzo Chigi è tornato Silvio Berlusconi. Dopo Padoa Schioppa il cerino è finito in mano a un altro esperto del settore, Piero Giarda. Obiettivo, ipse dixit, "portare alla luce inefficienze" per limare una "spesa aggredibile pari a circa 100 miliardi di euro". Mario Monti, per dar corpo a questo progetto, ha convocato Enrico Bondi, l'inflessibile tagliatore di costi che ha risistemato i conti di mezza industria privata nazionale. Altre promesse (4-5 miliardi da tagliare già nel 2012, 10-13 nel 2013) naufragate poi in larga parte nell'ennesima tornata di tagli lineari causa emergenza spread e le resistenze delle paludi ministeriali dove inesorabilmente si sono arenate fino ad oggi decine di promettentissime spending review.
Ora ci riprova Cottarelli. Nel mirino gli 800 miliardi circa di spesa pubblica dell'Italia, il 51% del pil. Tanti in apparenza, non moltissimi togliendo alcune voci difficili da ridimensionare. Poco più di ottanta miliardi l'anno sono gli interessi sul debito pubblico. Oltre 220 se ne vanno nelle pensioni, diritto intangibile. Al netto di previdenza e tassi da pagare su Bot e Btp, il costo della nostra macchina dello Stato è pari al 30% dei pil, uno dei più bassi in Europa. Eliminando i capitoli complessi da comprimere come la sanità di base e le prestazioni sociali minime, gli esperti indicano in 290 miliardi la montagna su cui si può davvero intervenire. E visto che gli stipendi dei dipendenti statali (162 miliardi l'anno) sono congelati da tempo, la coperta è davvero corta. Ma visto lo stato dei conti tricolori, c'è davvero da augurarsi che questa volta l'ex direttore degli affari fiscali del Fondo Monetario e le venti commissioni che ha messo al lavoro riescano davvero a sfatare il tabù e la maledizione della spending review incompiute.

Repubblica

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna