Spending review in 12 anni pochi tagliDa decenni il nostro paese si misura con il tentativo di avviare una vera, incisiva e strutturale “spending review”, con risultati non certo all’altezza delle aspettative. Se si esamina il periodo 2007-2019 il bilancio dei risparmi attribuibili in varia misura alla spending review non supera il 30 per cento. Per il resto ci si è affidati a tagli lineari o semi-lineari, che intervenendo sui “tendenziali” non sono altro che riduzioni degli incrementi già previsti, assai distanti dal principio del “bilancio a base zero” proposto negli anni Ottanta da Beniamino Andreatta.

Ora il Governo prova a rilanciare con la nomina di due commissari, Laura Castelli e Massimo Garavaglia, in vista di una manovra di bilancio che si annuncia a dir poco impegnativa, con l’ingombrante fardello di ben 23,1 miliardi di clausole Iva da disinnescare, e 2 miliardi di tagli della “clausola sulla spesa” che diverranno permanenti per tutto il 2019.

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Il bilancio di fine legislatura predisposto da Gutgeld fissa a 29,9 miliardi i risparmi conseguiti nel 2014-2018, cui andrebbe ad aggiungersi un “effetto spending” di circa 2,5 miliardi previsto dalla manovra 2018. Per 12,7 miliardi le risorse della spending sono state dirottate a “prestazioni previdenziali e assistenziali”. Nel cassetto è rimasto finora anche il capitolo delle agevolazioni fiscali: 444 voci, stando al censimento condotto nel 2017 dalla Commissione presieduta da Mauro Marè. È la Corte dei conti, nel giudizio di parificazione sul Rendiconto generale dello Stato del 27 giugno 2017, a tracciare questo bilancio della spending review: «A consuntivo, le misure di riduzione non hanno prodotto risultati di contenimento del livello complessivo della spesa».

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dall'artricolo di per ilsole24ore.com

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