sacca viale mazziniDon Matteo è umile e gira in bicicletta. Eppure, un’ora delle sue indagini umbre ci costa 600 mila euro, quanto di più lontano dalla povertà evangelica che il reverendo Terence Hill porta in scena nella fiction, prodotta dalla Lux Vide, società presieduta da Matilde Bernabei, figlia dell’ex direttore generale Rai Ettore. Per la nona stagione (13 puntate) del prete poliziotto, Rai Fiction paga 16,6 milioni di euro nelle tasche di famiglia del suo ex manager di nomina politica. La Lux Vide è una delle cosiddette Happy five, ovvero le cinque società alle quali mamma Rai versa ogni anno centinaia di milioni di soldi pubblici per produrre fiction, tivù-movie e altre trasmissioni di intrattenimento. «Fuori nomi e cifre», ha chiesto il parlamentare dei Cinque Stelle che presiede la Commissione di vigilanza all’indomani dell’audizione della direttrice di Rai Fiction Eleonora Andreatta.


LE SOCIETÀ DEI POTENTI. Eleonora Andreatta è figlia dello scomparso ministro democristiano Beniamino, gran maestro di politica e di affari dell’attuale capo del governo Enrico Letta.
La donna, di fronte alla Commissione di vigilanza, sostiene di aver ridotto i costi, che le Happy five, le cinque beneficiate sarebbero in realtà diventate solo tre. Solo tre, ma tutte in mano a figli di qualcuno che conta o che contava nel mondo televisivo e dintorni: si tratta, oltre alla Lux della famiglia Bernabei, di Fremantle Media che produce Un posto al sole e che ha come amministratore delegato il figlio di Paolo Mieli (già direttore del Corriere della Sera e ancora uomo di punta di Rcs), Lorenzo, e di Publispei, che al costo di 600 mila euro per 60 minuti vende alla Rai, tra l’altro, Un medico in famiglia e I Cesaroni.
PUBLISPEI, DELLA FAMIGLIA BIXIO. Anche Publispei è in mano ai parenti dei soliti noti. Venne fondata da Gianni Ravera e Carlo Bixio i quali, dopo aver provato a fare i musicisti, divennero organizzatori e gestori del festival di Sanremo, ampiamente finanziato dalla Rai con grandi trasfusioni di denaro pubblico (la Rai è statale e i cittadini pagano una tassa apposita, il canone) e poi decisero di mettersi in proprio, per vendere alla tivù pubblica produzioniu leggere se non leggerissime. Ora la società è presieduta da Verdiana Bixio e dunque i soldi Rai restano sempre affari di famiglia.
Il M5s ad Andreatta: «Dove vanno i soldi del canone?»

Roberto Fico.
(© Ansa) Roberto Fico.

Andreatta, incalzata dal grillino Fico, ha sostenuto che il budget quest’anno è stato ridotto a soli 194 milioni e che molte spese sono state tagliate.
«Non credo che le società siano happy», ha sostenuto la figlia di Beniamino portando come presunta prova prezzi che a suo dire non sarebbero eccessivi: «Il costo medio delle serie tivù per un’ora di televisione è stato ridotto a una media di 600 mila euro. I tivù-movie costano in media 850 mila euro, le miniserie 750-800 mila euro. Rispetto al resto d’Europa, ci manteniamo su costi bassi».
È un punto di vista, ma resta il fatto che la Rai, pur avendo in casa tecnologie, mezzi di produzione e professionalità, preferisce dare in appalto alle società familiari la realizzazione di fiction e piccoli ma cari film tivù.
Dal sito di Beppe Grillo, il presidente della Vigilanza, Fico ha sollecitato la Rai a rendere pubblica la contabilità perché «il cittadino deve sapere quando un programma è finanziato con il canone, quasi 2 miliardi di euro all’anno, e quando è invece finanziato dalla pubblicità, 600 milioni di euro all’anno».
GLI AFFARI TRA RAI E SACCÀ. In Commissione, la figlia di Andreatta non ne ha parlato, ma vi almeno un’altra società dei soliti noti premiata dalla Rai. È la Pepito Produzioni in mano ad Agostino Saccà, già direttore generale Rai noto per aver cacciato Enzo Biagi in applicazione del cosidetto «editto bulgaro» di Berlusconi, sorpreso poi in una intercettazione telefonica a fare dichiarazioni d’amore politico allo stesso Cavaliere e a promettere l’assunzione in Rai di alcune ragazze segnalate dallo stesso proprietario di Mediaset.
Saccà quest’anno ha venduto alla Rai i cinque tivù-movie della serie In caso d’amore. Nel sito web della compagnia del bulgaro Saccà si legge che «Pepito è appena nata ma ha le idee chiare su cosa è importante». Sacrosanto, importante è incassare dalla Rai 850 mila euro per ogni ora di produzione.

Articolo di Marco Mostallino per  davi-luciano.myblog.it da Lettera43.it


Giovedì, 12 Settembre 2013

 

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