siria guerra curdi lapresse 2014La liberazione completa della parte meridionale della Siria è solo questione di giorni. Il problema che resta da risolvere si chiama Turchia. Ecco perché. La grande battaglia di Daara e Quneitra il 20 di luglio è terminata. Azioni militari decise — ma sopratutto la diplomazia ed il mancato appoggio statunitense (formalizzato ad Helsinki) — hanno consentito la riconquista di tutta l’area meridionale della Siria, in sole tre settimane. Alla completa riunificazione della zona si frappone solo l’ultima enclave dell’Isis, posta a ridosso del confine israeliano. Tuttavia, su di essa è già attivo un considerevole apparato militare, affiancato da gran parte delle milizie riconciliatesi con il governo centrale: ciò vuol dire che la liberazione completa della parte meridionale della Siria è solo questione di giorni.

 Chiuso questo capitolo, resterà la problematicità dei due territori inseriti nelle ultime zone di de-esclation, ovvero la provincia di Idlib (detenuta da al Qaeda e da varie sigle estremiste islamiche) ed il cantone di Afrin, anch’esso detenuto da una vasta galassia di gruppi islamici al seguito dell’esercito turco. La presenza di gruppi radicali islamici incorporati nell’esercito turco è paradossale. Ma lo è ancor di più se pensiamo che Ankara giustifica questa presenza come necessaria per lo svolgimento delle sue operazioni “anti-terrorismo” in terra siriana. La verità naturalmente è un’altra: la Turchia si è trovata improvvisamente sul groppone tutte le bande islamiste che aveva foraggiato per rovesciare Assad ed ora le impiega in questo modo, dato che non conosce un miglior utilizzo ed ha paura che tornino in patria, destabilizzandola.
Allora le ha impiegate in entrambe le grandi operazioni militari anticurde che ha compiuto finora sotto la sigla del Free Syrian Army (Fsa). 

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dall'articolo di PATRIZIO RICCI per ilsussidiario.net 

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