mala rai indgataL’Antitrust e i pm indagano sugli accordi illeciti per gli appalti della tv di Stato: una torta da mezzo miliardo. E accusano: si potevano risparmiare centinaia di milioni.  Un accordo di cartello? No, di più: un vero cartellone dei programmi Rai per la nuova stagione, con tutti gli appalti spartiti sottobanco. Con un pool di aziende che decidevano a tavolino chi doveva vincere e con quali offerte, provocando centinaia di milioni di spesa in più per la tv di Stato. È l’accusa al centro di una duplice inchiesta, che sembra promettere sviluppi clamorosi. C’è l’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dalla procura di Roma che ha aperto un fascicolo su ben 33 società televisive. E c’è l’istruttoria dell’Autorità garante della concorrenza, presieduta da Giovanni Pitruzzella: un procedimento avviato a dicembre e prossimo alla conclusione che analizza l’ipotesi di un accordo sottobanco per premiare alcune ditte ed escluderne altre. Di tutto, di più. È stata la stessa Rai a denunciare lo scorso dicembre irregolarità in numerose gare d’appalto che si sono svolte fra agosto e settembre 2013: il periodo caldo in cui si decide chi realizzerà la parte tecnica dei nuovi programmi. Sul piatto c’è una torta ghiottissima: le commesse su cui indaga l’Antitrust hanno un valore tre volte superiore a tutti gli altri contratti assegnati nell’intero 2013. Conduttori e produttori delle trasmissioni non c’entrano: quello su cui lavorano gli ispettori dell’Autorithy è il mercato dei “servizi di post-produzione”.

 

Un’attività che vale parecchie decine milioni, spesi per il montaggio, la sottotitolazione, l’inserimento di titoli di testa e di coda nei programmi e le riprese video. Nel mirino ci sono le società che hanno fornito questi servizi per una lista lunghissima di programmi da “Domenica In” a “Ballarò”, da “Porta a Porta” e “Chi l’ha visto?” a un “Giorno in pretura” fino alla “Prova del cuoco”, tanto per citarne alcuni.

PREZZI ALLE STELLE
La segnalazione della Rai faceva riferimento ad un accordo, come emerge dall’atto di avvio dell’istruttoria dell’Autorithy, che mirava a «spartirsi gli appalti di montaggio e riprese tra le società invitate dalla Rai alle procedure di appalto» e che sono iscritte all’albo fornitori, e «in virtù della presentazione di offerte concordate», sarebbe stato stabilito «un prezzo più elevato di quello praticato nel passato, ovvero a condizioni economiche meno convenienti rispetto a quelle che avrebbero potuto determinarsi in presenza di un confronto concorrenziale». L’ipotesi vagliata prima dall’Antitrust e adesso dai pm della Capitale è quella di una «intesa illecita» tra una decina di società che hanno i requisiti per prestare i servizi di post produzione alla Rai: una concertazione parallela per vincere le gare bandite dalla tv pubblica, provocando anche un’impennata dei prezzi per questi contratti che hanno registrato un incremento di quasi il cinquanta per cento. Gli accertamenti sono stati allargati a tutti gli appalti dal 2011 a oggi, per un valore di quasi mezzo miliardo. E se l’accusa dovesse essere riscontrata dalle due inchieste emergerebbe un danno per l’erario pubblico e quindi anche per le tasche dei cittadini di centinaia di milioni di euro.

L’Antitrust ha fatto eseguire una raffica di ispezioni negli uffici delle imprese coinvolte, da cui sono emersi intrecci societari, collegamenti con dirigenti della Rai e scambi di informazioni fra ditte che sulla carta dovrebbero essere concorrenti e invece «dialogano fra loro» per concordare prezzi e offerte. Le email e i documenti acquisiti durante le verifiche sono inequivocabili. Tanto che a metà marzo l’istruttoria dell’Autorithy è stata estesa ad altre società perché dalle carte scoperte «è emerso che il coordinamento anticompetitivo potrebbe essersi realizzato anche per il tramite di un’associazione, la Niba (New italian broadcasting association) costituita nel 2011 tra alcune imprese di post produzione anche al fine di coordinare la partecipazione e l’aggiudicazione delle procedure indette dalla Rai», scrive nel provvedimento notificato alla Niba il Garante della concorrenza, «oltre che ad adottare una linea d’azione comune nei confronti della Rai».

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dall'articolo di LIRIO ABBATE per Espresso.repubblica.it   del 

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