sole rosso tramosIl Pc del nostro tempo è il Politicamente corretto: uno spartiacque radicale contro l’"eterno nemico". Tra i reduci del comunismo prevale la Rimozione, accompagnata da amnesia e deformazione, da un verso circoscrivendo la portata del terrore totalitario a esperienze limitate e degenerate, come appunto lo stalinismo, il polpottismo, la tirannia di questo o quel dittatore; dall'altro attribuendo al comunismo da salvare germinali prefigurazioni di liberalismo e di democrazia, quasi una latente ma profonda tendenza liberale e democratica poi deviata per casualità storiche, urgenze del momento e degenerazioni particolaristiche che non coinvolgono però l'essenza del comunismo.

 Alla fine, l'unico argomento storico su cui adottare la gigantesca Rimozione è la demonizzazione del Male Assoluto e Permanente, il fascismo nella forma metafisica di nazi-fascismo. Se il comunismo fu il perno dell'antifascismo, della lotta di liberazione o della stessa guerra contro le potenze dell'Asse, e se il Nemico da abbattere era allora come ora la Bestia apocalittica, il comunismo ritrova la sua funzione e la sua missione salvifica e liberatrice. Eternizzando il pericolo fascista, «la reazione sempre in agguato», si adotta il giustificazionismo nei confronti del comunismo, dei suoi regimi e dei suoi orrori, scagionando da ogni colpa i suoi militanti e simpatizzanti. Il presupposto è che venga adottato uno schema manicheo in base al quale agli antipodi del male non può esservi un male di segno diverso ma solo il bene. In realtà non esiste il Male Unico e Assoluto, se non nella demonologia, esistono invece i mali radicali, che possono essere anche agli antipodi; ammesso poi che il comunismo e il (nazi)fascismo siano davvero agli antipodi e non siano piuttosto gemelli eterozigoti, come li definì Pierre Chenu. Per Hermann Hesse: «Fascismo e comunismo sono fratelli antagonisti, ma pur sempre fratelli, e dove cresce l'uno, concima il terreno per l'altro e lo suscita». Per giustificare il comunismo e l'elevazione dell'antifascismo a necessità permanente nella funzione di antidoto, terapia preventiva e ghostbuster, acchiappafantasmi del fascismo latente ma sempre in agguato, sorge così un paradosso: il fascismo viene elevato a categoria eterna (Ur-faschismus), che si riforma in modo incessante, quasi fosse in natura, a fronte del comunismo declassato a storia conclusa e paradiso delle buone intenzioni. Al fascismo viene riconosciuta dagli stessi antifascisti, a partire dagli ex-comunisti, una perenne attualità, una permanente vitalità, una funesta grandezza. Anche se è morto non muore mai del tutto, risorge, è un pericolo sempre in agguato. A differenza del comunismo sciolto come burro al sole, il fascismo conserva così una granitica, inaffondabile, malefica e proteiforme identità. Eppure il fascismo, a differenza del comunismo, non chiuse per fallimento ma perché sconfitto in una guerra ormai lontana nel tempo, e fu sradicato e sterminato nel sangue. I due eventi storici più marcati del Novecento si divaricano nella lettura ideologica al punto che il fascismo sconfitto persiste nello stato di natura mentre il comunismo, evaporato, si sublima in cielo assumendo lo statuto aeriforme di ideale, di possibilità. Regredisce da reale a virtuale e insieme perde i vizi congeniti e riacquista le virtù celesti di un'idea ancora vergine, non deflorata dalla storia. Come dire, l'uno demoniaco e l'altro angelico. Finisce la storia in entrambi i casi e finisce con la storia anche il giudizio storico, sostituito dal pregiudizio ideologico. Il comunismo si rifugia nell'antifascismo e nelle sue varianti, l'antirazzismo, la lotta alla xenofobia, all'omofobia, e alle altre fobie proscritte dal politically correct. E passa dal banco degli imputati a quello degli accusatori. Cambia lo status da pregiudicato a gendarme.

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dall'articolo di    per ilgiornale.it del 22/10/2017