È già successo aI Padrino di Francis Ford Coppola e al Romanzo criminale tratto dal libro di Giancarlo De Cataldo. Quando il crimine va in scena, puntuale si leva il coro di polemiche sul pericolo dell'emulazione. Ora il dibattito si scatena su Gomorra, la serie tv ispirata al libro di Roberto Saviano. La serie tratta da Gomorra ha riaperto il dibattito tra il bene e il male e il modo giusto per rappresentarlo. L'ideatore Roberto Saviano (che ne ha anche scritto i soggetti di serie e di puntata) è bersaglio di critiche violente e ingiustificate, dettate, a mio giudizio, anche da una non simpatia per l'uomo piuttosto che per il lavoro che svolge. Invidia? Gelosia? Sì, ma anche altro, purtroppo. Si dimentica che stiamo parlando di un uomo di 37 anni che a soli 26 è stato proiettato su un palcoscenico mondiale e nello stesso tempo "ingabbiato" senza avere scelto e preparato l'uno e l'altro.
Costretto a vivere lontano dalla sua città e per lunghi periodi dal suo Paese, in questi dieci anni ha continuato a parlare e scrivere della sua terra con amore e rabbia, mai con rassegnazione.
L'esperienza in Sicilia è stata devastante, la morte di Giovanni Falcone ha condizionato la mia vita, ma non guardo mai indietro, anche se la scelta di andare ad occuparmi della sua morte mi ha fatto toccare con mano il male assoluto e non solo quello dei mafiosi, fatti che mi porto dentro e che mi hanno segnato per sempre.