La richiesta dell’avvocato dell’ex poliziotto. Secondo i legali gli anni di galera avrebbero inciso sulla salute di Bruno Contrada. L’ingiusta detenzione. Tre milioni di euro. Questa è la richiesta tramite istanza depositata – col patrocinio dell’avvocato Stefano Giordano – presso la Corte d’Appello di Palermo per la riparazione all’errore giudiziario che Bruno Contrada ha subito. L’istanza trova titolo nella sentenza della Corte di Cassazione del 2017, con la quale – in ottemperanza di quanto statuito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2015 – è stata dichiarata ineseguibile e improduttiva di effetti la sentenza con cui la Corte d’Appello di Palermo aveva a suo tempo condannato Contrada a dieci anni di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso. Se tre milioni di euro sembrano tanti, bisogna andare a leggere le motivazioni di tale richiesta.

 

Tre milioni di euro

Questa è la richiesta tramite istanza depositata – col patrocinio dell’avvocato Stefano Giordano – presso la Corte d’Appello di Palermo per la riparazione all’errore giudiziario che Bruno Contrada ha subito.

L’istanza trova titolo nella sentenza della Corte di Cassazione del 2017, con la quale – in ottemperanza di quanto statuito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2015 – è stata dichiarata ineseguibile e improduttiva di effetti la sentenza con cui la Corte d’Appello di Palermo aveva a suo tempo condannato Contrada a dieci anni di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso.

Se tre milioni di euro sembrano tanti, bisogna andare a leggere le motivazioni di tale richiesta. Si tratta di un’equa riparazione, perché tiene conto della detenzione subita e del danno biologico, morale ed esistenziale patito da Contrada e dai suoi familiari più stretti per effetto di una vicenda processuale durata venticinque anni.

Ricordiamo che Contrada è stato tratto in custodia cautelare in carcere il 24 dicembre 1992 ( all’età di sessantuno anni) e vi è rimasto sino al 31 luglio 1995, quando la misura è stata revocata ( nel corso del processo di primo grado) per le precarie condizioni di salute dell’imputato.

I danni alla salute

A seguito dell’intervenuta irrevocabilità della sentenza di condanna, l’ 11 maggio 2007 è entrato in carcere per l’espiazione della pena di dieci anni di reclusione. Il 24 luglio 2008, sempre in ragione delle sue sempre più gravi condizioni di salute, gli è stata concessa la detenzione domiciliare.

Il 12 ottobre 2012 ( grazie allo “sconto” di due anni di pena per buona condotta), Bruno Contrada ( all’età di ottantuno anni) è stato rimesso in libertà, dopo una dolorosa vicenda processuale durata vent’anni e dopo avere trascorso, complessivamente, quattro anni in carcere e quattro anni agli arresti domiciliari.

Danni, appunto, biologici, perché durante la detenzione il suo stato di salute si è aggravato, tanto da essere ricoverato, più volte, all’ospedale. Sia per problemi di salute fisica, ma anche psichica.

Da ricordare che la sua incompatibilità con il regime detentivo è stata cristallizzata nel 2014 dalla sentenza della Corte europea dei diritti umani ( CEDU) che ha accertato la violazione, da parte dello Stato italiano, dell’art. 3 CEDU che vieta di sottoporre alcuno a trattamenti inumani o degradanti. La stessa Corte aveva rivelato che Contrada era “affetto da diverse patologie gravi e complesse”.

Per capire meglio, basta leggere la relazione della consulenza medico- legale della Dott. ssa Nunzia Albano. L’elenco delle patologie fisiche e psichiche contratte durante la sua vicenda processuale è sterminato: broncopneumopatia cronica ostruttiva, ipertrofia prostatica benigna, poliartrosi a discreta incidenza funzionale con particolare compromissione del distretto cervicale del rachide e della spalla destra, gastropatia e colecistopatia cronica con sintomatologia dispeptica, cardiopatia ischemico- ipertensiva, disturbo depressivo cronico con stato ansioso ed emergenze fobiche, diabete mellito di tipo 2 e esiti di ictus cerebrale con disturbi visivi e vestibolari.

Dalla relazione del medico viene scritto nero su bianco che lo stress subito a causa della improvvisa carcerazione con grave perdita dello status e del ruolo sociale, ha procurato a Contrada delle reazioni di difesa dallo stress che hanno condizionato l’insorgenza dei gravi disturbi psichici ( fin dall’inizio della carcerazione) e, successivamente, cardiovascolari e neurologici. Tali disturbi si sono cronicizzati e sono rimasti anche dopo la fine della espiazione della pena.

In una consulenza psicologica redatta ad aprile del 2018, è stato accertato un quadro psicopatologico grave connotato da una condizione di turbamento emotivo, con risvolti sul piano fisico e comportamentale, con riduzione delle capacità relazionali e perdita di interessi. È stato accertato che la forte instabilità emotiva si manifesta in sintomi somatici e gravi stati depressivi e d’ansia generalizzati.

Ripercussioni sulla famiglia

Come se non bastasse, il dramma si è esteso in tutta la famiglia. Il figlio più piccolo ha avuto ripercussioni sulla sua autostima, tanto da abbandonare il suo lavoro come agente di polizia, non credendo in sé e nemmeno nello Stato che amava servire come il padre.

Era un ventitreenne agente della polizia penitenziaria all’epoca dell’arresto del padre, a tale evento ha reagito con incredulità e sgomento, tanto da cominciare, in preda a uno stato confusionale, ad assumere alcolici ( finché il fratello più grande non gli ha intimato di interrompere).

È in quel periodo che egli ha iniziato a manifestare anche sintomi apparentemente dismorfofobici: frequentava centri di bellezza sottoponendosi a depilazione radicale e lampade abbronzanti, finché non si sentiva a posto con sé. Non si piaceva, per cui ha iniziato a lavarsi al buio, per non guardarsi, e ad acquistare compulsivamente abiti per sé, che tuttavia non indossava.

Una crisi che sarebbe stata vissuta con conflittualità e conseguente disagio e non accettazione di sé, in quanto “servo dello Stato” ( faceva, appunto, il poliziotto) e figlio di un uomo, Bruno Contrada, fino al giorno prima encomiato per meriti, ma che, all’improvviso, si era trovato additato pubblicamente come “mafioso”.

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dall'articolo di ildubbio.news