Barbara Balzerani brigatistaAldo; Antonio; Domenico; Ezio; Francesco; Girolamo; Giulio; Giuseppe; Lando; Michele; Oreste; Raffaele; Roberto; Rocco. Sono i nomi di battesimo di alcune delle vittime dirette o indirette di Barbara Balzerani, membro delle Brigate Rosse dal 1975, arrestata il 19 giugno 1985, condannata a sei ergastoli e messa in libertà dopo 21 anni di carcere, nel 2011Compagna luna; Perché io, perché non tu; Cronaca di un’attesa; Lascia che il mare entri. Sono i titoli dei libri di Barbara Balzerani pubblicati da DeriveApprodi. Libri di poche pagine, ma non per questo di contenuto leggero o inane. È difficile recensire Barbara Balzerani. Perché la prima domanda che ci si deve porre è: chi è Barbara Balzerani? Semplicemente una scrittrice, come alcuni giornalisti disinformati credono? Un’assassina, come sostengono i familiari delle sue vittime? Balzerani è una brigatista rossa che ha ucciso più volte. Una donna “che racconta storie attraverso parole scritte”, come lei si è definita. Una terrorista che non si è né pentita né dissociata dalla lotta armata.

 

È molto probabile che queste pubblicazioni siano arrivate solo poiché l’autrice ha avuto la biografia che ha avuto. E se è così, diventa impossibile non giudicare la pagina scritta assieme alla penna che l’ha vergata. Anzitutto, sbugiardiamo l’editore: la dicitura “romanzo” in calce alla copertina è puro surrealismo. Questi di certo non sono romanzi. Per la categoria narrativa manca un quid essenziale: la finzione. Manca anche l’intreccio narrativo. E mancano i personaggi. Sono tutti ricalcati dalla realtà. Per paradosso, questo fatto rende i libri di Balzerani più interessanti che non se fossero stati dei romanzi.

Il primo libro, Compagna luna, è il più famoso. Pubblicato per la prima volta da Feltrinelli nel 1998 nella collana di saggistica “Serie bianca”, è stato al centro di una famosa polemica fra autori della casa di Milano, soprattutto fra Antonio Tabucchi ed Erri De LucaIl primo lo stroncò, con recensioni dure. Stroncò soprattutto la sua autrice, comunicando alla Feltrinelli un aut-aut: o pubblicate me, o pubblicate lei. Il secondo, De Luca, prese le difese di Compagna lunabasandosi su questioni biografiche più che stilistiche o formali (“Il professore e la detenuta” Il Manifesto, 14 luglio 1998).

Compagna luna è un testo scritto attingendo da due calamai che mal si mischiano: l’ideologia e la lirica. È un libro urticante e vivace, che si alimenta di una nitida schizofrenia. Questa è visibile sin nella grafica con un alternarsi continuo di testo in tondo e in corsivo. Col tondo l’autrice narra di sé in terza persona, guardandosi dall’esterno. In corsivo la scrittrice narra di sé in prima persona, guardandosi dal di dentro. Si vorrebbe poter dire che la visione dall’esterno in terza simboleggia una presa di distanza di Balzerani d’oggi verso Balzerani di ieri. Non è così.

Nella nuova edizione 2013 DeriveApprodi, l’autrice aggiunge una prefazione in cui dichiara: “Queste pagine sono […] riflessi di una vita frantumata. La fotografia di uno stato di solitudine per la scomparsa di un mondo di relazioni. […] Una dichiarazione di amore testardo a difesa di una memoria partigiana.” E qui iniziano già i dolori, per l’uso di quell’espressione, “memoria partigiana”, che l’autrice non adopera a caso. Perché l’operato dei brigatisti rossi fu una vacua follia assoluta: la convinzione di poter realizzare la rivoluzione comunista in Italia, attraverso una lotta armata che incluse l’uccisione mirata di uomini e donne dello Stato democratico. La lotta partigiana fu il tentativo di opporsi a un’invasione armata da parte di un alleato del rovesciando regime autoritario e dei suoi irriducibili accoliti fascisti. Un’errata e imbecille utopia, quella dei brigatisti rossi; un formidabile tentativo di giustizia e libertà, quello dei partigiani. Balzerani continua: “Questa non è la storia delle Brigate Rosse. Non potrei essere io a farla. È solo una parte di quanto ho vissuto e di come. […] È la richiesta di aiuto per provare a scioglierli. […].

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dall'articolo di Sciltian Gastaldi  per ilfattoquotidiano.it  del