mia infanzia a Capalbio Simone Chiarone 1994Cosa è cambiato da quando Capalbio era frequentata da campeggiatori della media borghesia a oggi? Qualche giorno fa, Matteo Salvini ha postato sui suoi social un video de Il Tempo in cui una “finta profuga” viene mandata a chiedere ospitalità e cibo ai bagnanti nelle spiagge di Capalbio, tra Chiarone e Capalbio Scalo, ottenendo solo qualche spicciolo e una pizzetta rossa. La morale del video è che “la roccaforte di intellettuali di sinistra, teatro di disquisizioni in villa o al ristorante” sia anche un posto dove l’ipocrisia regna sovrana e, se da una parte i radical chic in maglietta rossa predicano umanità e accoglienza, dall’altra sono indifferenti e infastiditi dalla presenza sulle loro spiagge di una profuga.

Stesso copione di sempre, quindi, con la variante di una messa in scena che si fatica a capire se sia l’ennesimo video-troll o il reale. Be’, è reale.

Io invece ho 25 anni, ho studiato Scienze Politiche in un’università privata e sono stato stagista a Save the Children e Medici Senza Frontiere, due ONG che lavorano o hanno lavorato nel Mediterraneo. Perciò, anche se non metto Rolex e ho poche magliette rosse, potrei essere considerato a pieno diritto un radical chic.

Soprattutto, però, la cosa che più di tutti mi fa rientrare nella categoria più odiata d’Italia, insieme a quella dei buonisti (che spesso coincidono) è proprio l’aver vissuto intensamente, in modo continuativo e per molti anni a Capalbio. Dai primi nove mesi della mia vita fino ai dieci anni, la stagione estiva era, con mia madre e mio padre, quella del campeggio a Capalbio. Negli ultimi mesi perciò ogni post sul tema è per me motivo di reminiscenze di un’epoca lontana nel tempo, ma soprattutto lontana dai racconti che vengono fatti su quel posto.

Ma cosa significa per la gente radical chic? L'abbiamo chiesto in giro per Milano:

Capalbio è un borgo medievale tipico di quella zona di Maremma, arroccato su una collinetta, sviluppato tutto intorno a una piazza centrale. I pochi abitanti si chiamano dalle finestre, le auto fanno fatica a passare tra viottoli non pensati per SUV e berline. Di posti così in Maremma—e in Italia in genere—ce ne sono a decine, ognuno celebre per qualcosa. Porto Santo Stefano è l’approdo dell’élite di Roma nord del weekend lungo in barca, a Orbetello si mangia dell’ottimo pesce a un ottimo prezzo, a Magliano si trova della carne squisita allevata e macellata in loco, a Scansano si produce uno dei migliori vini d’Italia.

Capalbio non ha una sua particolarità in tal senso, se non quella di essersi trovata affibbiata la coccarda di ostello dei radical chic italiani. Io a Capalbio ci andavo in una 126 stracolma, che arrivati al rimessaggio si legava alla roulotte da portare al Camping Chiarone, solo uno delle decine di campeggi nelle pinete che separano i colli della Maremma dalle spiagge. Arrivati alla nostra storica piazzola, insieme a dozzine di altre famiglie, cominciava il secondo rito più disperato e massacrante dell’estate, quello del montaggio della tenda alla roulotte. Il rito principe, ovviamente, era lo smontaggio, privo della gioia di andarsene in vacanza e colmo della frustrazione di tornare in città, a scuola o a lavoro.

Di radical chic, insomma, nella Capalbio che vive le spiagge e le pinete, c’è sempre stato poco o nulla. Meno ce n’è in paese, dove l’unica sacrosanta preoccupazione è quella di andare a mare nell’ora giusta per non impazzire a trovare parcheggio. Certo, qualche celebrità ogni tanto passava, anche alla pizzeria sulla spiaggia—che oggi è diventato un ristorante con molte più pretese, ahimè. Ricordo di aver fatto la fila di un’ora, avevo circa sette anni, per chiedere l’autografo a Trapattoni, andato lì a cena. Un’altra volta venne Renato Zero, ma non feci la fila perché fondamentalmente non sapevo chi fosse.

Cosa è cambiato allora da quando Capalbio era frequentata da campeggiatori della media borghesia a oggi?

 Senza andare troppo lontano, sicuramente ha fatto il suo la polemica di un paio d’anni fa, quando proprio il sindaco (del PD) di Capalbio protestò, insieme a turisti e residenti, contro il posizionamento di 50 migranti nel centro del paese. Se è vero che si tratta di un posto che d’inverno conta poco più del doppio di persone, è altrettanto vero che una controffensiva mediatica (partita dal PD) non poteva che sortire l’effetto di cementare Capalbio come roccaforte radical chic per eccellenza. Una situazione che tradiva, già allora un quasi completo scollamento della sinistra italiana dalla percezione della realtà della gente/paese reale/elettorato/italiani.

Poi, certo, io parlo di una Capalbio che conoscevo solo da ragazzino in bicicletta al campeggio, con la tessera dello spaccio incastrata tra i raggi per simulare il rumore del motorino che speravo, un giorno, di avere. In quegli anni, e anche molti prima, oltre al Trap e Renato Zero, Capalbio ospitava personaggi politici, e non, che intavolavano—a quanto narrano le cronache—veri e propri accordi e incontri importanti. Che fosse tra i lettini dell’Ultima Spiaggia—confinante con quella libera dove si organizzavano i giochi aperitivo—o in una delle ville in Maremma, poco importa. Era una sinistra, largamente definita, che si cominciava a costruire la sua roccaforte lontana dalle spiagge che conoscevo e che offriva un comodo bersaglio di distrazione, utile a non vedere gli altri accordi e incontri, consumati in ben altri scenari e ben altre ricchezze, quelle di Arcore e Villa Certosa. Poco importa se, comunque, questa sinistra andava in spiaggia affittando lettino e ombrellone come persone normali: il messaggio di esclusività e distanza, in qualche modo, era passato.

Quello che mi è sfuggito è come si sia arrivati a pagare qualcuno per far finta di essere una profuga e andare in spiaggia a chiedere elemosina e ospitalità, per provare che chi predica l’umanità in fondo non è così buono. Una follia che risponde solo alla logica artefatta del: “se non ospiti tu che predichi umanità, perché dovrei ospitare io che non me ne è mai fregato nulla?” Una giustificazione a posteriori di razzismo che non sa argomentare se non a colpi di “Prima gli italiani.”

Di Simone Zivillica per vice.com 
FOTO: L'AUTORE A UN ANNO E MEZZO. TUTTE LE FOTO PER SUA GENTILE CONCESSIONE