Il Sudafrica lotta contro apartheidL’African National Congress (ANC), partito di maggioranza del Sudafrica dalla fine dell’apartheid, ha approvato un emendamento costituzionale che consentirà al governo di Johannesburg/Pretoria/Città del Capo di espropriare le terre sotto il controllo dei contadini bianchi da quasi cinque secoli.  La nuova legge rientra nel programma di governo di Cyril Ramaphosa, nominato per la prima volta presidente del Sudafrica poco più di due settimane fa, prendendo il posto di un a dir poco discutibile Zuma, e prevede l’espropriazione delle terre rurali, concentrate nelle mani dei coltivatori dalla pelle bianca, senza che questi possano godere di alcuna compensazione economica.

 La proposta è stata avanzata dai parlamentari della sinistra radicale del EFF (Economic Freedom Fighters), appoggiati in sede di suffragio dal partito di maggioranza dell’ANC, facendo approvare lamozione di modifica della sezione 25 della Costituzione con 241 voti a favore contro gli 83 contrari. Il leader del partito di sinistra Julius Malema ha sottolineato come tale provvedimento sia soltanto un passo avanti verso la restituzione della dignità ad un popolo martoriato per anni “da criminali che non riceveranno compenso per ciò”.  Il programma dell’African National Congress prevede dalla sua elezione quale partito di maggioranza nel 1994 un programma che fosse atto a ridurre le disparità sociali derivanti dal colore della pelle, specie dopo la fine dell’apartheid e della dominazione anglo-olandese, che dal Seicento aveva operato violenze e soprusi nei confronti delle popolazioni autoctone. Nessuno però, fino ad oggi, aveva osato prendere la piena iniziativa al riguardo, visti anche i primi entusiastici periodi post-dominazione, e il larghissimo consenso di cui l’ANC godeva. Nel recente passato, tuttavia, anche a causa degli innumerevoli scandali che hanno coinvolto l’ex presidente Zuma, il partito ha perso una grossa fetta dei suoi consensi, dunque non poteva più aspettare nell’intraprendere questo percorso, dai risvolti ancora molto incerti.

Ad oggi la popolazione di colore del Sudafrica costituisce circa il 79%, e controllano soltanto l’1,2% delle terre coltivabili, mentre la popolazione bianca, di origine inglese o boera, che rappresenta il 9% della popolazione, detiene il controllo su oltre i due terzi delle terre coltivabili tra zone rurali e zone urbane. Dunque esiste un problema di disparità razziale, con evidenti radici storiche plurisecolari, ma non si sa se sia esattamente il modo migliore di operare. 

Tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000 un’operazione simile è stata condotta in Zimbabwe dal presidente Mugabe, il quale ha concesso quindi molte delle terre espropriate ai cittadini di carnagione nera del proprio Paese. Ne è risultata una forte flessione nella produzione agricola, poiché tali frange di popolazione erano sprovviste dell’expertise e degli strumenti di produzione adeguati per l’attività agricola. Solo nel 2010 è stata portata alla luce l’eventualità che Mugabe, in realtà, offrì tali terre ai propri alleati e non ai comuni cittadini. 

Un altro timore è rappresentato quindi dalla possibilità che la corruzione diffusa tra i membri del parlamento locale possa dunque rendere la strategia attuata solo una forma di compensazione clientelare per alcuni vicinissimi ai vertici della politica, con la possibilità di far esplodere una bomba sociale in un paese di 50 milioni di persone con condizioni di disagio e povertà ancora molto diffuse. 

di Francesco Manta  per https://it.insideo del 3 MARZO 2018