E l'ora della verità per il Pd. Nell'hotel Parco dei Principi di Roma si sciolgono i nodi che tengono ancora legate maggioranza e minoranza e si capirà se l'avventura politica nata nel 2007 sul solco dell'Ulivo è destinata a perdere un pezzo importante delle sue radici. Tutto è legato alla relazione del segretario uscente Matteo Renzi e al voto dei mille riuniti nell'assemblea nazionale a decretare il futuro del Partito democratico. "Soffro a parlare di scissione, come tutti noi. Ci siamo impelagati a dire 'congresso sì, congresso no'. Io ho cercato tutti i giorni di accogliere le propose degli altri. Ho accettato la proposta di Piero Fassino, ho comunicato formalmente le dimissioni. Il congresso ha dei tempi statutari. La parola scissione è una delle parole più brutte. Peggio c'è solo la parola ricatto. E la scissione è stata usata come un ricatto", ha detto Renzi.
"Per sistemare questa assurda situazione poteva valere la pena fare un passo indietro, ci ho pensato", ha continuato il segretario: "Però ci ho pensato sul serio, perché mai come questi due mesi e mezzo siamo stati laici nelle decisioni, abbiamo ascoltato tutti, ma accettare oggi che si possa dire di no a una candidatura, accettare che possa essere eliminata una persona, sarebbe un ritorno al passato. Noi stiamo insieme per confrontarci". Non accetteremo mai, mai, mai e poi ami che qualcuno ci dica 'tu non vai bene, tu nei sei parte di questa comunità'. avete il diritto di sconfiggerci, non di eliminarci".
Anche il premier Paolo Gentiloni è arrivato al Parco dei Principi. Uno dei tre leader della minoranza, il governatore della Puglia Michele Emiliano, ha detto entrando in assemblea: "Sentiamo cosa dice il segretario e poi troviamo la strada migliore. Renzi non fissi la data del congresso e vada avanti. Si può ancora fermare - dice il governatore della regione Puglia - ma non so se voglia farlo...". "Non capisco perche' non si possa fare ora la conferenza programmatica e discutere di queste cose", aggiunge. E se Renzi va avanti cosa si fa? "Lasciamo stare. Stanotte non ci ho dormito... Non voglio neanche pensarci".
Al momento la posizione di Renzi non sarebbe cambiata: il congresso si fa in primavera. Sembra inevitabile, di conseguenza, l'addio dei bersaniani. Più in forse quello dei governatori di Toscana e Puglia, Enrico Rossi e Michele Emiliano, che ieri, insieme a Roberto Speranza, hanno lanciato il loro ultimatum a Renzi dal Teatro Vittoria di Roma dove in prima fila spiccava Massimo D'Alema, vicino a Pier Luigi Bersani e a Guglielmo Epifani. Lui, D'Alema, oggi non ci sarà: la situazione per l'ex segretario Ds è "chiarissima" e il suo addio pare già consumato. Le condizioni poste dalla minoranza ortodossa per restare sono chiare: congresso in autunno preceduto da conferenza programmatica, sostegno alla legislatura Gentiloni fino al 2018, legge elettorale senza capilista bloccati. E, soprattutto, stop alla ricandidatura di Renzi alla segreteria del partito. "Ultimatum non ricevibile", così il vicesegretario Lorenzo Guerini ha rispedito la richiesta al mittente.
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dall'articolo de iltempo.it
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