capture 245 07112019 215344Il governo giallo-rosso è agli sgoccioli. Nicola Zingaretti non ne può più, d'altronde - come riferiscono diversi ministri dem -  "questo esecutivo non è in rodaggio, non è proprio mai partito". Il leader del Pd si ritrova sempre bastonato sia dagli alleati che dai suoi stessi compagni, o meglio, da quelli che erano suoi compagni. Se da una parte ci sono i Cinque Stelle sempre pronti a rincarare la dose su tutto per il timore di essere calpestati non solo dagli elettori, dall'altra ci sono i renziani. Questi ultimi sono ancora più pericolosi, perché fanno carte false pur di soggiogare l'esecutivo e portare acqua a quel mulino chiamato Italia Viva. E così a Zingaretti non tocca fare altro che rassegnarsi e cedere alla destra la possibile vittoria tornando alle urne. Il pericolo maggiore per il Pd è dunque arrivare alle elezioni nelle condizioni peggiori.

"Ma così - ha ripetuto al vertice di ieri mattina con i ministri il capo politico dem - si cade comunque".E allora pronto il piano: l'iter che i dem si sono immaginati prevede tre tappe perseguibili entro la fine dell'anno. La prima secondo Repubblica è il caso Ilva: "Che ci sta a fare un partito di sinistra in un governo che manda all'aria un'industria con oltre 10 mila lavoratori?" si chiedono. Poi segue la seconda tappa non meno complessa, ossia la legge di Bilancio. Nell'ipotesi che il testo approvato conduca il Paese a un'instabilità politica, il Pd si tirerebbe indietro. Per finire l'ultimo passo, la riforma elettorale. Il tentativo è di tornare alle urne con un nuovo sistema ma se si alzeranno i veti di Italia Viva e M5S, si terrà in vita quella attuale. Del resto, ormai nel centrosinistra la preoccupazione principale non è determinata dalla volontà di programmare una vittoria. Piuttosto dall'esigenza di costruire le condizioni perché alla tornata successiva, il centrosinistra sia ancora in campo.

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