«Ora ci sono priorità che il governo deve portare avanti». Avviato l’iter congressuale con la Direzione di ieri, incassata con sollievo la decisione di Emiliano di restare nel Pd, Matteo Orfini, presidente del partito e da domenica, con le dimissioni di Renzi, anche reggente, guarda avanti e fissa un’agenda di governo per i prossimi mesi: stop alle privatizzazioni, legge per «correggere» i voucher e ius soli, da approvare anche con la fiducia. E poi, l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle banche.

Orfini PDPresidente Orfini, andiamo con ordine: soddisfatto della scelta di Emiliano?  

«Certo, credo che abbiamo fatto un lavoro positivo. E spero non sia finita qui: mi auguro ancora di riportare sui propri passi anche Rossi e Speranza».

Pensa sia ancora possibile?  

«Siamo in uno stato abbastanza avanzato, ma finché non c’è stato un annuncio ufficiale è mio dovere tentare: considero la non partecipazione al congresso come qualcosa di diverso da un abbandono». 

Non sarebbe stato meglio se al lavoro per scongiurare l’uscita di Rossi e Speranza ci fosse stato anche Renzi ieri, volato invece in America?  

«No, Renzi ha fatto un gesto rispettoso. Il segretario si è dimesso e ricandidato: non può essere lui a fare la mediazione. Lasciarlo fare alla Direzione e agli organismi del partito è il modo migliore per garantire che nulla venga strumentalizzato: chi ha paura del partito di Renzi non può evocarlo quando lui si dimette». 

Se la scissione dei bersaniani sarà confermata, il governo sarà più debole?  

«Registro un fatto oggettivo: si pensa di uscire dal Pd per fare un’altra cosa con pezzi di sinistra che oggi sono all’opposizione del governo. Chi attende fuori dal Pd chiederà, come ha già fatto Nicola Fratoianni neo segretario di Si, che il discrimine sia il governo Gentiloni. Mi pare ovvio che una scissione rischierebbe di produrre un sostegno al governo più fragile». 

Lei pensa ancora al voto a giugno?  

«La mia posizione la espressi pubblicamente a suo tempo. Oggi è stata fatta una scelta diversa e non posso che tenerne conto». 

Ma cosa vi costava garantire il sostegno a Gentiloni fino al 2018?  

«Lo stiamo sostenendo quotidianamente. Abbiamo detto più volte che il nostro obiettivo è fare quello che serve al Paese, poi la data delle elezioni è nelle mani del presidente della Repubblica e del Parlamento. Ma mentre parte il congresso, non possiamo immaginare che il Pd si occupi unicamente di partito lasciando solo il governo». 

Cosa intende dire?  

«Il Pd si deve spendere in prima persona su alcune cose che dobbiamo fare».

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dall'articolo di Francesca Schianchi  per lastampa.it 

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