capture 012 12112019 230959Al Quirinale si devono essere arrabbiati di brutto per la trasmissione del messaggio del presidente Mattarella sul trentennale del muro di Berlino. E lo stesso titolo del Secolo d’Italia di qualche ora fa non faceva che registrare un dato davvero amaro. Mattarella, con la sua tradizione politica, sembrava aver dimenticato la radice comunista dell’oppressione a Berlino Est. Mattarella accusa il totalitarismo comunistaInvece no, Mattarella non è Napolitano e finalmente dal sito del Colle è uscito fuori il comunicato “vero” del Colle senza amnesie di carattere storico. Perché ora, e giustamente, si fa riferimento nel terzo capoverso alla “sconfitta del totalitarismo comunista“. Parole che recuperano pienamente il senso del nostro corsivo che lamentava qualunque riferimento a quell’ideologia folle, che provocò tantissimi martiri tra quanti tentavano di raggiungere in quegli anni drammatici la libertà nella parte occidentale della città.

 

Da parte del Quirinale non c’è stata per fortuna sottovalutazione. E se anche quella frase era saltata nella stesura originaria, averla rimessa e fatto notare, significa che c’è una sincera partecipazione alla riconquista della democrazia grazie agli eventi che ruotarono attorno a quel 9 novembre 1989. E se vogliamo la “correzione” è ancora più significativa. Un chiarimento apprezzabile.

Un messaggio riconciliante

Del resto, ci era apparso assolutamente strano che proprio per la sua storia politica Mattarella potesse contraddire una formazione culturale fieramente avversa al comunismo. E leggere la nuova formulazione del messaggio è davvero riconciliante per chi non ha mai smesso di denunciare il carattere sanguinario dell’ideologia comunista, recentemente riconosciuto persino dal Parlamento Europeo con una votazione che ha fatto saltare i nervi a più di un fazioso di casa nostra. E’ auspicabile che tutti ora si sentano rappresentati dalle parole del Colle, anche a sinistra, smettendola di coprire le nefandezze compiute proprio nel nome del comunismo. Chissà se magari se ne pentirà anche chi esaltò i carri armati in Ungheria. Che poi è stato il predecessore di Mattarella.

Di Francesco Storace –

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