Orfini Renzi mossaSi approvi subito lo ius soli, anche mettendo la fiducia. Basta privatizzazioni e si faccia una legge sui voucher. Tre richieste, tre stilettate alla maggioranza. E, quindi, al governo. Ad aprire il fronte, in un’intervista alla Stampa, è Matteo Orfini, presidente del Pd e reggente del partito fino a quando non verrà eletto il nuovo segretario. «Lo ius soli», ha spiegato, «è incomprensibilmente bloccato al Senato: un governo forte e autorevole come il nostro, di fronte a italiani lasciati senza diritti, può pensare ad aiutare l’approvazione con la fiducia». Insieme a questo, si è detto contrario alle privatizzazioni per ridurre il debito, dopo che già avevano espresso dubbi il sottosegretario Antonello Giacomelli e Graziano Delrio e ha chiesto una legge sui voucher. L’uscita sullo ius soli ha sollevato una bufera nella maggioranza, in particolare tra i centristi. Durissima è stata la risposta di Maurizio Lupi, di Ap: «Orfini si guardi allo specchio e se li voti lui certi provvedimenti a suo avviso prioritari. Vorrei ricordargli che questa legislatura non è stata un monocolore Pd. Se Orfini reggente», ha continuato, «pensa che in questi otto mesi le priorità siano l’approvazione dello ius soli, l’aumento delle tasse, la dichiarazione anticipata fine vita e l’interruzione del processo di liberalizzazione, allora si faccia il suo bel partito di sinistra con Sel».

Dopo Lupi, si è schierata tutta l’artiglieria centrista. Basta «forzature e fughe in avanti su provvedimenti delicati», ha intimato Laura Bianconi, Ap, perché «rischierebbero soltanto di produrre tensioni sulla maggioranza di governo». Gianni Sammarco, altro deputato di Ap, ha messo in chiaro che «noi non voteremo mai la fiducia allo ius soli». Mentre Nino Marotta, sempre deputato del partito di Alfano, ha parlato di «provocazione».

A difendere Orfini, nel Pd, è sceso in campo il ministro Maurizio Martina («Penso che Matteo Orfini abbia fatto bene oggi a richiamare tutti ai temi di governo»). Ma, off the records, anche nel Pd in molti si chiedevano se le parole del presidente dem non fossero un avvertimento al governo, se non un avviso di sfratto. Anche perché si sommano agli altolà del Pd al governo su altri due questioni cruciali: la manovra correttiva chiesta dall’Europa e le privatizzazioni. Ieri in Transatlantico Ettore Rosato, capogruppo del Pd, diceva a Libero, a proposito dell’ipotesi di una manovra: «Vedremo quale sarà la proposta del governo e ne discuteremo». Insomma, nessuna cambiale in bianco. «Abbiamo passato mille giorni senza alzare le tasse, di certo non possiamo smentirci ora». E sulle privatizzazioni, avvertiva che «per noi gli asset di poste e ferrovie hanno un valore anche sociale. Su 2mila miliardi di bilancio dello Stato, 3 miliardi sono niente...».

Nessuno a parole mette in dubbio il sostegno al governo Gentiloni, ma si percepisce un cambio di passo. Se il governo vuole andare avanti, è il messaggio, deve concordare tutto con il Pd. Altrimenti, meglio finirla. E le elezioni a giugno, in Transatlantico, tornano di nuovo ad aleggiare.

 (a.g. per liberoquotidiano.it )

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