RenziSono passate da poco le otto, quando Matteo Renzi torna in albergo dalla sua corsa mattutina: 15 miglia sul lungomare di San Francisco, indossando il colore azzurro dell’Italia. Il cellulare è rovente e continua a squillare senza tregua, ma lui è «sereno e sorridente, lontano ottomila chilometri dalle polemiche». È venuto in California per staccare la spina e «ossigenare il cervello», ma soprattutto per cercare le idee con cui riproporsi alla guida del paese, rispondendo alle ansie della gente che hanno provocato l’ondata populista cominciata in Gran Bretagna con la Brexit, e proseguita negli Usa con Trump. «Il punto di questo viaggio - spiega Renzi, mentre con Marco Carrai va alla Apple per incontrare Tim Cook e Luca Maestri - è politico».  

 

«Dopo il referendum sembra che si sia tutto bloccato: si torna al proporzionale, si torna alle scissioni, si torna alle esperienze che vengono dal passato. Il che è rispettabile, perché lo avevamo detto che il referendum rappresentava un appuntamento importante e un nodo. Però mentre noi stiamo a discutere da tre mesi di come si fa il congresso del Pd, come si muove Sel, come Berlusconi e Salvini vanno d’accordo, fuori c’è un’Europa che continua ad essere il punto fondamentale in un mondo che viaggia a una velocità straordinaria. Allora ho cercato di togliermi dalle polemiche, anche perché non sono più il presidente del Consiglio, e non sono più il segretario del Pd, in attesa del Congresso. Quindi ho deciso di andare un po’ a rinfrescare la mente, così come sono andato da solo a visitare Scampia e le periferie in Italia. Non sono venuto in California a fare il fighetto. Sto cercando di ossigenare il cervello, e in quattro e quattr’otto abbiamo messo su questa roba di due giorni e mezzo, incontrando Elon Musk di Tesla, Tim Cook della Apple, il fondatore di Airbnb, Stanford, la comunità italiana. Io avevo iniziato la mia prima visita da premier negli Stati Uniti dalla West Coast, non da East. Stanford ad esempio è un punto di riferimento fondamentale per il rapporto tra le università e il lavoro, le università e le aziende. Nessuna delle grandi compagnie della Silicon Valley che tutti conosciamo esisterebbe, se non ci fosse stata la straordinaria forza di Stanford e delle altre grandi università. Questo è il tema che mi sta a cuore: il rapporto tra le università e l’innovazione, e il messaggio positivo dell’innovazione». 

dall'articolo di Paolo Mastrolilli  per lastampa.it

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