capture 012 22122019 165606Il nostro collega Sallusti, direttore del Giornale, è stato assolto di recente dall' Ordine dei Giornalisti. Ne siamo sollevati, ma non è il caso di festeggiare. La sentenza di non colpevolezza è solo il rimedio a un' ingiustizia, perché Alessandro non andava processato e il giudizio è stato un' umiliazione e una perdita di tempo per la categoria nonché di denaro ed energie psicofisiche per l' imputato.

I fatti. Un uomo di stazza imponente uccide una donna di cui era innamorato e che lo respingeva. Il Giornale redige un ritratto dell' omicida e lo titola "Il gigante buono e quell' amore non corrisposto". Edvige Liotta, una signora totalmente estranea ai fatti, non condivide la titolazione e fa un esposto all' Ordine degli scribi sostenendo che «il gigante buono» sia una definizione troppo benevola, malgrado questo fosse il soprannome che l' uomo aveva in paese, e che l' aver sottolineato che la vittima non ricambiava i sentimenti del suo assassino fosse una sorta di giustificazione all' omicidio.

Anziché cestinare la denuncia, delirante e chiaramente dettata da odio politico verso Sallusti, l' Ordine ha aperto un procedimento contro il collega, che vanta 35 anni di carriera, almeno 25 dei quali trascorsi ai massimi livelli della professione. Mi chiedo come i tutori della deontologia possano prendere sul serio i peti che scalmanati incontinenti lanciano di continuo contro alcuni dei più autorevoli rappresentanti della categoria.

Sovente capita pure a me di essere processato perché qualcuno che non mi legge, occhieggia un titolo di Libero su internet o in tv e, poiché detesta la testata che dirigo, mi denuncia. Quando ne chiedo conto, mi viene replicato: «Dobbiamo procedere, c' è stato un esposto». E dunque? Buttatelo nel cesso. Funzione primaria dell' Ordine dovrebbe essere la tutela della libertà di stampa e di opinione dei giornalisti, i quali andrebbero difesi da chi vorrebbe tappare loro la bocca. Invece oggi, come prova il caso Sallusti, chiunque può svegliarsi, leggere, fare un esposto a vanvera contro un direttore e ottenere udienza. L' assoluzione è il minimo, ma non ripaga dell' ingiustizia. La signora Edvige ha perso, però il conto dell' avvocato non arriverà a lei, che ha intentato una causa temeraria per biechi fini politici e potrà promuoverne impunemente altre, bensì al Giornale, sottraendogli risorse. È un attentato alla libera informazione.

Quel che sta accadendo è terrificante. Il lettore è il giudice supremo del lavoro di un cronista, ma dovrebbe esserlo solo in edicola, non al Consiglio di disciplina, che processa i giornalisti anche se la giustizia ritiene che non abbiano fatto nulla di male.

L' Ordine ha un ruolo di garanzia deontologica. Verità e onestà intellettuale, questi sono gli ambiti del suo giudizio.
Le opinioni dovrebbero stare fuori, perché esprimerle è un diritto del giornalista e i limiti li può porre solo il codice penale. Ahimè, oggi non è più così. Il Consiglio di disciplina si è dato il compito di sindacare ciò che è giusto, o meglio politicamente corretto, e ciò che è sbagliato scrivere. Ma questo significa diventare un organismo di controllo e orientamento del pensiero.
Mi è capitato una volta di essere condannato per aver riportato alla lettera un verbale dei carabinieri che descriveva uno stupro. Un' altra perché un mio giornalista aveva confuso il nome di un sondaggista con quello di un altro.

Io ammonito, il redattore che aveva sbagliato assolto. Un' altra censura l' ho meritata perché a pagina 34 della cronaca di Milano un redattore aveva confuso il liceo classico Manzoni con il liceo linguistico Manzoni. Senza parlare di «Patata bollente», che solo se lo scrive Libero significa donnaccia, mentre per i tanti che l' hanno scritto dopo ha sempre voluto dire «rogna» o situazione imbarazzante.

Siamo al Far West. Chiunque può sparare e lo sceriffo può decidere di impiccare l' innocente e liberare l' assassino. Espressioni consentite ad altri, a Libero sono negate. Ho colleghi terrorizzati. Se non siamo al liberticidio siamo comunque prossimi al Libericidio.

C' è stata una discussione in redazione se il titolo «Meraviglia, bellissima e intelligente», potesse essere considerato sessista malgrado l' occhiello «Smentiti i pregiudizi maschilisti e femministi». Mi chiedo se ci sia stato lo stesso dibattito a Repubblica quando hanno deciso di definire la Meloni «Reginetta di Coattonia» o al Fatto quando hanno stabilito di battezzare Salvini «Cazzaro verde».

Nota a margine. Quando parlo di queste cose con l' Ordine, che ringrazio per il fatto di ascoltarmi, mi viene risposto che il Consiglio di disciplina dipende dalla Procura. Lo so, ma lo trovo curioso. Se un giornalista fa un errore deontologico, che c' entrano i pm? Forse che i magistrati fanno processare i loro colleghi per questioni deontologiche da un organismo nominato da noi giornalisti?

di Pietro Senaldi per www.liberoquotidiano.it