capture 083 27122019 110738Il Viminale si autoelogia: «Dimezzati gli arrivi nel 2019» Ma nei primi 8 mesi dell'anno al ministero c'era Salvini

Chapeau! La mossa di un ministero dell'Interno pronto ad approfittare del torpore di un'Italia assopita tra tortellini e panettoni per annunciare di aver dimezzato gli sbarchi di migranti è degna della miglior commedia italiana.

Ma anche della sua peggiore politica. Al di là delle funamboliche capacità comunicative quella tentata dal ministero di Luciana Lamorgese resta una deprecabile bufala. Una bufala che sfrutta dati statisticamente corretti per tratteggiare uno scenario politico assolutamente fraudolento.

 

Ma partiamo dalle ambigue quattro righe del 25 dicembre, con cui il Viminale informa che gli arrivi di migranti si sono dimezzati passando dai 23mila 370 del 2018 agli appena 11mila 439 del 2019. Il dato, statisticamente inoppugnabile, è assolutamente fantasioso dal punto di vista politico. Scovare l'imbroglio comunicativo è semplice. Basta confrontare i dati dei primi otto mesi del 2019, quando l'Interno era nelle mani di Matteo Salvini e quelli dell'ultimo quadrimestre quando, con l'arrivo della Lamorgese al Viminale, i decreti sicurezza vengono di fatto archiviati e le Ong riconquistano il libero accesso ai porti. A quel punto scopriremo che la realtà politica è esattamente opposta rispetto a quella disegnata dalle veline del Viminale.

Ben 6.304 migranti, ovvero la maggior parte (55%) di quelli arrivati nel 2019, sono approdati tra il primo settembre e oggi. Quindi nel periodo in cui la gestione dei flussi spettava al governo giallo rosso. Il bluff del Viminale diventa ancor più plateale se nel confronto inseriamo l'ultimo quadrimestre del 2018 quando il Viminale era nelle mani di un Matteo Salvini nominato ministro solo tre mesi prima. In quel quadrimestre gli sbarchi sono appena 3.293, ovvero il 16,7% del totale registrato nel 2018 e quasi la metà rispetto al corrispondente quadrimestre di quest'anno. Con Salvini, insomma, gli arrivi negli ultimi quattro mesi 2018 si riducono nettamente rispetto alla media della prima metà dell'anno quando all'Interno sedeva Marco Minniti e il governo Pd era guidato da Paolo Gentiloni.

Al contrario dopo l'arrivo della Lamorgese al Viminale il numero degli sbarchi s'impenna a dismisura tornando alle medie registrate nel 2018 durante il semestre a guida Pd. Ma a rendere ancor più paradossale il comportamento di un esecutivo pronto a tornare all'accoglienza indiscriminata è il censimento dei migranti in base alle nazionalità d'origine. Consultando i dati del Viminale scopriamo che il primo posto nel 2019 spetta alla Tunisia con 2.654 arrivi pari al 23% del totale, seguita dal Pakistan con 1.180 arrivi (10%) e la Costa d'Avorio con un altro 10% e 1.135 arrivi. In Tunisia c'è sicuramente una grossa crisi economica, ma non c'è né una dittatura, né una carestia, né una guerra civile. Lo stesso vale per la Costa d'Avorio. La vicenda dei pakistani è, invece, paradossale. Gran parte di loro raggiunge Misurata a bordo di voli charter per poi comprare dai trafficanti un viaggio di sola andata. Da questi dati trapelano due realtà indiscutibili. La prima è che la stragrande maggioranza dei migranti, ovvero almeno l'80%, è assolutamente irregolare. La seconda, ben più grave, è che l'annunciata intenzione del governo di abrogare i decreti sicurezza e riaprire la collaborazione con le Ong rappresenta soltanto l'ennesimo regalo della sinistra ai trafficanti di uomini.