capture 286 11022020 150328La voglia di leadership è un pericolo. Lo sa bene Giorgia Meloni, che ha compreso come attorno a sé è iniziata l'operazione "Fini in gonnella". Ovvero, essere lusingata da molti (sinistra compresa) allo scopo di metterla contro l'alleato di centrodestra, Matteo Salvini. Ed ecco che la mente ritorna ai tempi in cui Gianfranco Fini ruppe definitivamente con Silvio Berlusconi. "Il rischio c'è", lo continuerebbe a ripetere anche il leader della Lega che, secondo un retroscena de La Stampa, legge "certe interviste sull'Avvenire (il giornale vicino ai vescovi molto critico nei confronti dell'ex ministro dell'Interno ndr) e certi giornali di sinistra che ne fanno una statista internazionale (della Meloni, ndr). Le lusinghe possono fare brutti scherzi, come è successo a Fini, ma qui si tratta di vincere tutti insieme come centrodestra rinnovato e allargato a esperienze civiche. Non è il momento della competizione fine a se stessa".

Per molti leghisti però il rischio di un'"involuzione", come la chiamano loro, non può essere del tutto escluso. I risultati elettorali e i sondaggi potrebbero motivare la leader di FdI, sicura che il suo partito – se il governo Conte dovesse proseguire fino a fine legislatura – arriverà al 20 per cento.Lei ovviamente non la pensa esattamente così e ai leghisti replica con una frecciata: "Tranquilli amici leghisti, non cado nel trappolone. Io non mi monto la testa, non commetterò lo stesso errore che ho vissuto in presa diretta. Noi donne, a differenza dei maschietti, abbiamo i piedi ben piantati per terra. Fini venne usato da una certa sinistra e non lo capì. Venne usato strumentalmente contro il 'mostro Berlusconi'. Ora il mostro sarebbe Salvini ma una volta fatto fuori lui, e ciò mi sembra altamente improbabile, il prossimo mostro sarei io. Detto questo però ognuno a casa sua. Io i piedi in testa non me li faccio mettere da nessuno". Una sentenza, quella della Meloni, che tiene ben salda l'alleanza (pur senza porsi, giustamente, alcun limite).

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