teologo domenicano Ignace BertenDopo tutti gli scandali che si sono susseguiti negli ultimi anni, chissà se la chiesa ha maturato una riflessione sulle cause dell’abuso clericale. Alla ricerca di una risposta mi reco a Bruxelles per incontrare frère Ignace Berten. Nato nel 1940, è un teologo belga domenicano[1]. Dopo aver insegnato all’Istituto Internazionale Lumen Vitae, si è dedicato alla formazione teologica in ambienti popolari. Ha anche esercitato responsabilità di formazione in Brasile e ha effettuato diverse missioni di Giustizia e Pace in America Latina all’epoca delle dittature. Ha lavorato sulle dimensioni sociali, etiche e spirituali della costruzione europea.  Un anno fa lei scrisse un documento sul tema della pedofilia clericale, nel quale precisava: “Premetto innanzi tutto che in questa sede non mi interrogo sulle cause di queste pratiche pedofile o di altre pratiche sessuali devianti o dei maltrattamenti. Mi interrogo piuttosto sul fenomeno del silenzio della Chiesa, sull’omertà”. 

Ora le chiedo invece se lei ritiene che la chiesa abbia sviluppato una riflessione sulle cause dell’abuso clericale:  Quello che dice Francesco sul clericalismo credo riguardi il tema specifico della causa dell’abuso. L’abuso è stato sviluppato da papa Francesco a partire dallo stupro, e occorre dire che il clericalismo non è la sola causa.

Il clericalismo rinforza l’abuso, perché l’abuso accade anche nelle famiglie e nei luoghi dell’educazione, nelle scuole, in luoghi cioè non clericali. Ma nella chiesa non ci sono soltanto i reati di natura sessuale, ci sono anche gli abusi di potere e di coscienza, gli abusi spirituali. In questi casi si tratta di un clericalismo che non proviene soltanto dai preti, perché questi fenomeni accadono anche nei movimenti laici, come quello dei Focolari, come l’Opus Dei, dove i superiori o i responsabili sono laici, ma si pongono esplicitamente come diretta emanazione della volontà di Dio. Si verifica cioè una sacralizzazione del potere che l’espressione clericalismo, non suggerisce immediatamente. Da due/tre anni, il papa si riferisce non soltanto alla violenza sessuale, ma anche all’abuso di potere e di coscienza e ritengo questo fatto degno di nota.

Io penso che oggi gli abusi, grazie a tante testimonianze come quella recente di Renata Patti (Movimento dei Focolari) e di altre persone che hanno fatto parte di movimenti nella chiesa, cominciano ad apparire pubblicamente e questo fenomeno è molto importante.

In quali luoghi e circostanze si sviluppa più frequentemente l’abuso, all’interno della chiesa?

Gli studi mostrano che gli abusi, sia sessuali che di coscienza o di potere, sono manifestatamente più frequenti nei nuovi movimenti che non nei vecchi ordini religiosi; in questi ordini religiosi antichi ci sono delle regole di vita che sono protettive e c’è una distinzione molto chiara, non sempre osservata, ma nel diritto canonico è ben definita, tra foro esterno e foro interno. Il foro esterno riguarda l’insieme delle pratiche definite dagli Statuti; il foro interno è quello della coscienza personale. In questi movimenti, succede spesso che il (o la) responsabile o superiore gestisce sia il foro esterno che il foro interno nella relazione con i membri della comunità; e ciò causa gravi problemi. Oltre che nel diritto canonico, anche nella regola stessa interna degli ordini religiosi, il superiore deve lavorare solo sul foro esterno della comunità, ed è molto importante che ciò sia rispettato.

Il papa conosce queste situazioni che si verificano nei movimenti ecclesiali?
Si.


Il papa, che lei sappia, ha in mente una regolamentazione dei movimenti ecclesiali riconosciuti da Giovanni Paolo II negli anni 80 e 90 [Opus Dei, Comunione e Liberazione, Legionari di Cristo eccetera…], oppure l’intenzione di mettervi mano non è ancora stata maturata?

Io penso che il papa, in rapporto ai nuovi movimenti, sia molto prudente.

Il sinodo dei Vescovi per la regione Pan-Amazzonica, che si è svolto nel mese di ottobre dello scorso anno, aveva come titolo “Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per una Ecologia Integrale”. Per individuare nuovi percorsi di evangelizzazione sembra che la chiesa intenda aprirsi all’ordinazione sacerdotale dei viri probati e al diaconato femminile[3]. Lei cosa ne pensa?

Credo che attualmente la chiesa non sia pronta a ripensare con urgenza e in un modo diverso tutti i ministeri. Alcuni teologi femministi rivendicano l’ordinazione delle donne, io non sono solo concorde, ma propongo di andare più lontano. Mi spiego meglio: attualmente il ministero del prete è incentrato su quattro punti cardine,

  1. è un uomo,
  2. è celibe,
  3. è ingaggiato per la vita
  4. è a tempo pieno

Occorre ripensare queste quattro condizioni organizzandole diversamente.

Riorganizzare significa che il prete può essere un uomo o una donna, che può essere celibe o sposato, che può impegnarsi per sempre (cioè per tutta la vita) o per un tempo determinato e che può svolgere il ministero a tempo pieno o a tempo parziale.

Per elaborare queste riflessioni sono partito dalla realtà degli ospedali: li ci sono equipe di cappellani, che sono degli uomini o delle donne, che lavorano a tempo pieno o parziale, che accompagnano delle persone, ricevendo delle confidenze della loro storia e che se la persona chiede il sacramento dei malati o la confessione, ufficialmente occorre chiamare il prete; ma quest’ultimo, del tutto estraneo ad una relazione con i malati, deve accogliere le loro ultime confidenze, in un clima di intimità spirituale che poco prima non esisteva. Il malato è costretto a ripetere la sua storia, e questo non è rispettoso per la sua persona. A questo punto io dico è necessario dare una “delega sacramentale”.

Dando una delega sacramentale, non occorre ordinare le persone, si conferisce loro un potere di agire per il tempo dell’impegno in questa funzione e solo per quel luogo fisico (l’ospedale), non da un’altra parte.

Io credo che la stessa cosa si possa pensare, nell’animazione di una parrocchia o di altri diversi servizi nella chiesa; accanto a questo, credo sia importante che vi siano uomini o donne celibi o nubili, o no, che possono impegnarsi per tutta la vita nel servizio alla comunità. Tuttavia resta importante, che continuino ad esistere delle congregazioni religiose, dove si confermi la regola del celibato a vita, quale valore per la chiesa, ma nella vita religiosa principalmente.

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intervista a Ignace Berten di Emanuela Provera  per micromega-online