capture 540 31032020 163100«Sta montando l’insofferenza, che poi forse sfocerà in rabbia, nei confronti dei calciatori e del loro comportamento in questa emergenza». Ne è convinto lo psichiatra Alessandro Meluzzi. In una conversazione con l’Adnkronos individuaun cambiamento nella percezione che ha il pubblico nei confronti dei massimi beniamini dello sport italiano. «Sono sempre stati visti come eroi, tranne nelle fasi di emergenza. E questa lo è», dice Meluzzi. «Nella storia millenaria dei panem et circenses tutto va bene finché dimensione tragica e ludica della vita sono in equilibrio. Adesso c’è uno squilibrio verso la dimensione tragica. Quando si vede il comportamento di persone come gli infermieri che guadagnano 1.600 euro al mese e lo si confronta con quelli dei ragazzotti plurimilionari che giocano a palla, l’insofferenza monta e credo che possa ance sfociare in rabbia».

Non si scherza più, i calciatori non sono eroi

«Sta prendendo piede», dice Meluzzi, «un ridimensionamento della figura mitica del calcio. È un palloncino che si sgonfia e riguarda tutti, atleti, “mister”, tifosi stessi. Si sta cominciando a capire che si tratta in fin dei conti, di fessacchiotti ricchissimi che devono tutto alla rincorsa di un pallone. In contesti normali che passino per degli eroi può starci. Si gioca e quindi giochiamo a sognare. Ma in un contesto come questo non si scherza più».

 

«Si comincia ad avvertire una certa insofferenza»

Opinione condivisa anche dalla psicologa Maddalena Cialdella. Che però individua una certa insofferenza anche prima del coronavirus. «Credo», afferma, «che anche prima di questa tragedia i plurimilionari calciatori fossero già considerati dei privilegiati e non solo dei bravissimi atleti a cui tributare applausi. Nel momento in cui i privilegi non ti coinvolgono profondamente, ciò rimane nell’ambito del possibile. Il privilegiato può anche essere considerato un mito e un ideale cui tendere».

Lo squilibrio con la gente che soffre

«In una situazione di questo tipo, con la gente non sa come mettere i piatti in tavola, la visione cambia radicalmente. Gli eroi cadono e anzi infastidiscono moltissimo, perché il loro status tocca la dignità delle persone. Se lo sport professionistico non si mostra capace di ritrovare il senso della comunità, anche gli affetti sportivi saranno molto modificati».

Ai calciatori non accadrà nulla

Dei risvolti psicologici sui calciatori in questo periodo di stop allo sport ne parla lo psicologo Raffaele Felaco. «Molto probabilmente non accadrà loro nulla di particolare, a meno che non siano stati malati. Hanno larghi margini di benessere, ma inoltre si nutrono dell’affetto delle folle. Pensano che quando ricominceranno a giocare lo ritroveranno. Potrebbero anche pensare che l loro ruolo sarà più importante, una specie di regalo come ritorno alla normalità».

di Gianluca Corrente per www.secoloditalia.it