capture 564 01042020 143633«Senza quel regalo - scriveva l’ex ministro tedesco Fischer - la Germania non si sarebbe ripresa e non avremmo avuto il miracolo economico»

“Siamo in guerra contro il Covid 19”, ripetono tutti: dai cittadini in coda per la spesa ai ministri della Repubblica. La metafora bellica è talmente abusata da risultare ormai stucchevole ma, per una volta, vale la pena usarla con criterio. Perché se siamo in guerra, tutti contro un nemico comune, c’è qualcuno che non è ancora in trincea e si sfila dalla lotta lasciando i feriti sul campo.

Il no agli Euro o Coronabond

E se siamo in guerra, il conflitto è mondiale più di quanto non lo sia stato il secondo, quello perso (anche ma soprattutto) dalla Germania. Uno dei paesi che, insieme a Olanda, Austria, Finlandia e Ungheria non si sente in trincea e vuole lasciare i feriti italiani, spagnoli e francesi a se stessi. Ma sono i tedeschi della Merkel i capofila dei rigoristi che non ne vogliono sapere di Eurobond o Coronabond lasciando che il sud dell’Europa se la cavi da solo.

 

Il debito tedesco e l’Europa

Alloro, tornando alla Seconda Guerra Mondiale bisogna ricordare al popolo germanico che a suo tempo l’Europa, comprese Italia e Grecia – giusto per citare alcuni fra i paesi più “spreconi” agli occhi teutonici – abbuonarono la metà dei debiti ai tedeschi per consentire loro di risorgere. E siccome non è elegante ricordare agli amici, anche a quelli più feroci - i propri debiti, vale la pena usare come pro-memoria le parole del 2015 di un loro illustre connazionale. L’ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer in un suo libro di cinque anni fa (Se l'Europa fallisce) esercitò un durissimo atto di accusa contro le «politiche di euroegoismo» attuate dalla cancelliera Angela Merkel e dal suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. Fischer scriveva che è «sorprendente» come la Germania abbia dimenticato la storica Conferenza di Londra del 1953, quando l’Europa le cancellò buona parte dei debiti di guerra. «Senza quel regalo - scrive l’ex ministro nel suo libro - non avremmo riconquistato la credibilità e l’accesso ai mercati. La Germania non si sarebbe ripresa e non avremmo avuto il miracolo economico».

Germania in default due volte

Cosa successe alla Conferenza di Londra del 1953 è scritto sui libri di storia, ma è bello rinfrescarci tutti la memoria. Ricorda un articolo del Sole 24 ore che “la prima della classe Germania è andata in default due volte durante il Novecento (nel 1923 e, di fatto, nel secondo dopoguerra). In quella conferenza internazionale le sono stati condonati i debiti di due guerre mondiali per darle la possibilità di ripartire. Tra i Paesi che decisero allora di non esigere il conto c’era l’Italia di De Gasperi, e anche la povera e malandata Grecia, che pure subì enormi danni durante la seconda guerra mondiale da parte delle truppe tedesche alle sue infrastrutture stradali, portuali e ai suoi impianti produttivi”. E ci ricordiamo tutti come si è invece comportata la Germania con i greci non più di qualche anno fa.

Una cifra colossale

“L'ammontare del debito di guerra tedesco dopo il 1945 aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari (di allora). Una cifra colossale che era pari al 100% del Pil tedesco. La Germania non avrebbe mai potuto pagare i debiti accumulati in due guerre. I sovietici pretesero e ottennero il pagamento dei danni di guerra fino all’ultimo centesimo. Mentre gli altri Paesi, europei e non, decisero di rinunciare a più di metà della somma dovuta da Berlino”.

La fiducia mal ripagata

E adesso veniamo alla Conferenza di Londra: “il 24 agosto 1953 ventuno Paesi (Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia), con un trattato firmato nella capitale britannica, le consentirono di dimezzare il debito del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari, dilazionato in 30 anni. In questo modo, la Germania poté evitare il default, che c’era di fatto”.

Il rifiuto tedesco

Da sottolineare che il rimanente “50% avrebbe dovuto essere rimborsato dopo l'eventuale riunificazione delle due Germanie. Ma nel 1990 l’allora cancelliere Helmut Kohl si oppose alla rinegoziazione dell’accordo che avrebbe procurato un terzo default alla Germania. Anche questa volta Italia e Grecia acconsentirono di non esigere il dovuto. Nell’ottobre 2010 la Germania ha finito di rimborsare i debiti imposti dal trattato del 1953 con il pagamento dell'ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro. Senza l’accordo di Londra, la Germania avrebbe dovuto rimborsare debiti per altri 50 anni”.

Due settimane di riflessione

Allora noi italiani, sommessamente, consigliamo agli eredi di coloro che contrassero il debito, un ripasso della Storia, questa sì, comune. Perché quelle due settimane di tempo che hanno chiesto i paesi “rigoristi” per “riflettere” sulla richiesta dei Coronabond firmata da Italia, Francia, Spagna, Irlanda, Belgio, Grecia, Portogallo, Lussemburgo e Slovenia, ci fanno pensare che coincidano un po’ troppo con i tempi dell’incubazione. E ci fanno sospettare che, in realtà, stiano aspettando di vedere quanti danni il Covid 19 possa fare dalle loro parti prima di decidere se per loro sia più conveniente lasciarci morire da soli o provare a salvarci tutti insieme.

di Claudia Mura per https://notizie.tiscali.it