capture 233 26042020 115803Il virologo due volte candidato al Premio Nobel racconta al Giornale.it perché la strategia inglese ha una spiegazione logica

Premiato in America come “miglior virologo dell’anno” nel 2018, il prof. Giulio Tarro è forse uno dei virologi più importanti al mondo, candidato al Nobel per la Medicina nel 2015, già allievo del padre del vaccino contro la poliomelite Albert Sabin, fu lui a isolare il vibrione del colera quando scoppiò l’epidemia a Napoli.Quarant'anni fa inoltre, "sconfisse" il cosiddetto "male oscuro di Napoli", il virus respiratorio "sincinziale" che provocava un'elevata mortalità nei bimbi da zero a due anni affetti da bronchiolite . Lo abbiamo intervistato per avere delucidazioni sull’immunità di gregge, in merito alle ultime dichiarazioni del premier inglese Boris Johnson di portare ad infettare il 60% della popolazione inglese in modo fargli sviluppare anticorpi e quindi renderli immuni dal virus. Questa ipotesi ha scatenato enormi polemiche nella comunità mondiale, che ha preso questo come un atto irresponsabile e criminale. Il prof. Tarro ha una sua teoria in merito, se vogliamo un po’ fuori dal coro, a cui è comunque importante dar voce in questo periodo di poche certezze dove si va avanti a braccio vista la poca conoscenza del Covid-19.

“E’ quella che normalmente si cerca di ottenere con una vaccinazione verso un determinato agente che può essere un virus o un batterio. Attraverso questa si riesce ad ottenere il 95% della risposta immunologica delle varie persone, per questo si parla di "gregge”. Il che vuol dire arrivare ad un numero che ci rende abbastanza tranquilli sul fatto che quell’agente non circolerà più, perché troverà gente vaccinata e quindi verrà bloccato. L’altro 5% che rimane, è legato o a situazioni in cui non vengono consigliate le vaccinazioni perché sono persone in stato di immunodepressione, quindi non avrebbero una risposta valida, oppure potrebbero avere motivi ideologici o di altra natura per cui non vogliono essere vaccinati”.

 

Come mai secondo lei Boris Johnson ha scelto questa opzione?

“Ovviamente nel caso del Covid-19 non stiamo parlando di vaccinazione, credo che però il primo ministro inglese non avrebbe mai preso una decisione così se non avesse consultato chi di dovere. “Sono certo che alle spalle di Boris Johnson, potrebbe esserci l’Università di Cambridge o quella di Londra, oppure persone molto valide in campo virologico che pensano, date le caratteristiche del Coronavirus, che proteggendo le fasce più deboli della popolazione come gli anziani o quelli affetti da altre malattie, si può far circolare liberamente il virus, non usando le misure che stiamo attuando noi come l’isolamento, e far quindi infettare tutti per produrre anticorpi. Quindi in base a questo noi avremmo un’immunità di tutta la popolazione”.

Sorge però un dubbio, se il resto del mondo sta applicando, chi prima a o chi dopo, misure di isolamento, questa voce “fuori dal coro” dell’Inghilterra non potrebbe essere diciamo “azzardata”?

“C'è una logica in questo, Non bisogna fossilizzarsi su certe situazioni o perché sono di routine o perché sembrano più semplici, oppure perché fino ad allora si è fatto in quel modo. E' anche bene avere la mente che possa spaziare. Colombo ha scoperto l'America perché ha deciso che magari c'erano le Indie da quel lato”.

Non è un po' minimizzare? Già in questo caso noi abbiamo gli ospedali al collasso e un’alta mortalità. La Lombardia è già in ginocchio, e si teme per il sud del nostro paese forse non in grado di poter contenere un’epidemia simile

“Diciamo pure che non lottiamo contro l’Ebola, per fare un esempio, o contro l’HIV prima che ci fosse la terapia. Lottiamo contro una malattia che quasi nel 96% dei casi non è mortale. Il problema è il rimanente 4% che si è scatenato contemporaneamente mettendo in difficoltà anche gli ospedali della Lombardia che sono il nostro fiore all’occhiello. Ma già questi, nell’inverno 2018, a causa di un’epidemia influenzale erano già sovraccarichi. Questo grazie ai tagli alla sanità compiuti negli anni. Di questo dovrebbero rendere conto anche secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, chi dal ’97 al 2015 ha dimezzato tutti i centri di terapia intensiva. E vedo che oggi non c’è tempestività per riparare a quegli errori. E’ una cosa molto seria. Mi chiedo, perché a gennaio quando abbiamo avuto le notizie dalla Cina, i francesi hanno subito raddoppiato la possibilità di avere questi centri di terapia intensiva, e noi no? Tutto questo porta poi, cosa che io non posso accettare, che si arrivi a scegliere tra un ragazzo di venti anni e uno di settanta. Noi, abbiamo insegnato la cultura a tutti e ora per i motivi detti sopra, arriviamo a ragionare così”.

Se l'inghilterra dovesse attuare questo metodo, tutti gli altri paesi che invece sono stati in isolamento non rischierebbero invece di veder accesi nuovi fuocolai?

"Presumo di no, perché se il virus circola produrrà un'infezione e l'infezione porterà anche la risposta dell'organismo con degli anticorpi, quindi questi saranno soggetti che saranno immuni. Il 95% degli Inglesi sarà quindi protetta dal Coronavirus"

Rispetto agli inizi dell’epidemia c’è stato un abbassamento di età e si è passati da persone molto anziane con patologie pregresse a persone anche relativamente giovani c’è una spiegazione?

“Questa famosa fascia di età si basa a secondo delle condizioni fisiche. Abbiamo visto anche un altro aspetto, quello dei 'cofattori' di questa situazione che facilitano il virus. Vogliamo vedere ad esempio chi fuma e a chi no? Chi vive in un ambiente inquinato e così via? Le età sono relative a questo punto”.

Come mai c’è tanta confusione e pareri così discordanti? Forse per la poca conoscenza che si ha del virus?

“Posso permettermi di dire che ho esperienza nel campo della virologia e non tutti quelli che aprono bocca davanti ad un microfono hanno competenze per farlo, e quindi per dare informazioni utili a tutti”.

Affidandoci sua esperienza, ci spiega allora come si sta comportando questo virus?

“Sia il virus cinese, italiano, che quello che si è modificato, ha fatto ormai il suo passaggi dall'animale all'uomo, e quindi c'è questa diffussione 'interumana' che è quella che assistiamo in qualsiasi altro virus di un'altra famiglia come quello influenzale, dall'aviaria alla suina, che ha circolato in questo secolo, o nel secolo scorso come la Spagnola o L’Asiatica. E' un fatto stagionale perché poi la gente produce gli anticorpi che servono a chi si ammala di questa influenza. Questa cosa è stata notata per la prima volta con l’Asiatica. Chi ha avuto l’influenza nel 1890, nel 1956 non si ammalava. E parliamo di 'nonni' quindi”.

Come popolazione noi siamo da sempre bombardati dagli antibiotici, sia per l’uso sconsiderato che se ne fa, sia per il fatto che li assumiamo con il cibo, carne, omogenizzati etc. Questo ci ha indebolito come specie?

“Diciamo che si prevede che la resistenza agli antibiotici diventi la prima causa di mortalità. Ecco perché c’è una ricerca costante di nuovi ceppi e nuove forme per evitare questa resistenza. Sarebbe utile e importante non abusarne, e utilizzarli solo quando servono. Altresì sarebbe ancora più importante non usarli come anabolizzanti nei polli e nei maiali”.

Si dice che i virus non spariscono e rimangono in natura, un po' come se andassero in letargo per poi riuscire nuovamente…

“Questo riguarda solo determinate famiglie come quelle degli 'Herpes virus' dove il virus si latinizza e può rimanere per tutta la vita silente, salvo poi ricomparire magare sotto forma di 'Fuoco di Sant’Antonio'. Per altri virus però, c’è la possibilità una volta sviluppati gli anticorpi, non soltanto di non averlo più, ma anche in caso di ‘riavvicinamento’ o ‘richiamo’ che è ancora più potente, non avrà più la capacità di infettare. Il problema è per chi non ha gli anticorpi, quindi per chi non si ammala, oppure ha uno stato di deficit immunitario, ma questa è un'altra cosa. Però, gli stessi anticorpi dei soggetti guariti, possono essere utilizzati a loro volta come si fa con le glammaglobuline per il tetano, per creare anticorpi”.

Cosa cambia con la dichiarazione di Pandemia?

“Vorrei premettere che già da tempo il virus era da considerarsi come una pandemia, perché da tempo era in tutti i continenti che hanno avuto una fioritura di polmoniti atipiche. Detto questo, la situazione d’emergenza autorizza la messa in commercio di un vaccino senza i cosiddetti “clinical trials”, ossia senza la sperimentazione”.

Lei che conosce così bene le caratteristiche dei virus sui bambini, sa spiegarci perché lo prendono in una forma più lieve?

“I bambini fino a sei mesi sono protetti dagli anticorpi materni. Successivamente hanno come dire l'esperienza di incontrare un microbo per volta, verso il cui hanno una risposta immunologica. E’ la natura che con tutta l'evoluzione che c'è stata che ci fa produrre gli anticorpi del sistema immunitario. Loro hanno anche “l’immunità innata”, che è indipendente dalla formazione degli anticorpi, per questo in un certo senso, non hanno i problemi che hanno gli adulti, e sono in grado tutto sommato di crescere e soprattutto di sopravvivere”.

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