capture 059 07052020 170936Da Mombasa a Nairobi viaggio in uno dei paesi più belli del mondo messo in ginocchio da uno sviluppo senza regole basato su povertà e corruzione. Che sta distruggendo uno degli ultimi paradisi terrestri.

“Nel 2015 abbiamo avuto 72mila nuove infezioni da Hiv. Di queste, il 46 per cento riguarda giovani tra i 15 e i 24 anni”. E' allarme in Kenya: secondo uno studio recentissimo del Global Burden of desease nel paese africano l'Aids è tornato a uccidere. Spiega Nduku Kilonzo, direttrice del National Aids control Council in un'intervista sul Daily Nation, il principale quotidiano africano: “Non si fanno più prevenzione e test semplicemente perché in Kenya non ci sono soldi. E non ci sono neppure fondi per i farmaci retrovirali: solo il 39 per cento dei pazienti sieropositivi viene curato con i medicinali necessari. Intanto, però, i giovani lasciano i loro villaggi e si muovono per il Paese per lavorare nelle imprese cinesi che stanno costruendo infrastrutture e nessuno insegna loro come proteggersi dal virus dell'Hiv”.

 

 

          Aids, prostituzione e il furto delle terre

Un cantiere di un’azienda cinese a Mombasa.
Un cantiere di un’azienda cinese a Mombasa.

Mombasa, marzo 2017. Dalla città parte un'unica autostrada che unisce i grandi centri a Nairobi, la capitale, e che porta poi, con varie diramazioni, spesso ancora sterrate, nel resto del paese. La strada è in costruzione, vi lavorano sotto un sole implacabile, decine di giovani operai. Vi passano centinaia di camion, uno dietro l'atro, un lungo serpentone.

Trasportano cemento e materiali per costruzioni. Sui lati di quest'unico stradone mezzo asfaltato e mezzo no, tra piccole botteghe, rivenditori di carbone e qualche camion capottato, ci sono, ogni 10 metri, ragazzi che vendono noccioline, acqua e bibite fresche ai camionisti, direttamente dai finestrini. E ci sono tante ragazze, che al contrario delle altre donne, sono vestite in tailleur dai colori scuri. Sono ferme immobili, con una borsa sotto braccio. Se ci fosse un semaforo verrebbe da pensare che aspettino il verde. Ma semafori non ce ne sono, solo dossi che dovrebbero servire a ralletare la velocità delle auto e dei Tir se non fosse che sono tutti in coda. Solo il trucco profondo tradisce la loro professione: sono prostitute in attesa di clienti, camionisti e operai dell'autostrada o impegnati nella costruzione della nuova ferrovia, che correrà proprio a fianco. Jimmi Atsu, 49 anni, fa la guida turistica: da 25 anni porta europei su e giù per il paese attraversando quell'unica strada. Dice: “Sono giovanissime. Si appartano con i clienti nei piccoli alberghi fatiscenti sorti lungo l'autostrada. La maggior parte di loro è malata, ha contratto l'Hiv dai camionisti, che in Kenya sono la categoria più a rischio. Queste giovani infettano poi gli operai, ragazzi che arrivano dai villaggi più poveri per lavorare alle nuove infrastrutture e che non sanno nulla di Hiv. Gli operai tornano a casa e infettano a loro volta le mogli e i figli che nasceranno, così la malattia avanza senza sosta. Con tutti i soldi che guadagnano sulla nostra pelle, potrebbero farla quelli un po' prevenzione”. Mentre parla Jimmy guida schivando camion stracarichi, le prostitute e i ragazzi che vengono l'acqua. Chi sono quelli? Gli imprenditori cinesi. Sono loro che stanno costruendo strade, autostrade e ferrovie in Kenya.

Una delle tante aziende cinesi in Kenya. I cinesi stanno costruendo strade, autostrade e ferrovie.

Continua Jimmy: “Pagano gli operai pochi centesimi all'ora, per un massimo di 7-11 dollari al giorno, obbligandoli a turni di lavoro massacranti. Per lavorare qui, questi ragazzi, attirati dal miraggio del denaro contante, a migliaia hanno lasciato i loro villaggi e il loro piccolo appezzamento di terra, che nessuno sta coltivando se le mogli o gli anziani genitori non sono in grado di farlo. Poi gli stessi imprenditori cinesi si offriranno di comprare le loro terre, ormai incolte e improduttive, per pochi spiccioli, loro gliele venderanno e così avranno perduto tutto. Stiamo diventando schiavi dei cinesi. Sono loro i nuovi padroni del Kenya, vivono nella capitale e comprano tutto mentre la nostra gente si impoverisce e si ammala di Aids”. Purtroppo Jimmy ha ragione: è il fenomeno del "land grabbing", in italiano furto delle terre, che ha conseguenze devastanti. La Cina negli ultimi anni ha investito miliardi di dollari nell'Africa sub sahariana, a cominciare dall'Angola, passando per Kenya, Tanzania e Sudafrica. Danno agli Stati africani fondi, mezzi e personale specializzato nella costruzione di strade, ponti, scali portuali, infrastrutture di cui questi paesi sono bisognosi, non si intromettono nelle politiche interne e in cambio gestiscono le riserve energetiche. Poi i vari imprenditori razziano tutte le terre che diventano “cinesi”. 

Animal grabbing: la Cina ruba e uccide le bestie della savana 

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L'inferno dell'unica trafficatissima autostrada sembra un ricordo lontano appena si entra nei parchi naturali del Kenya, dove la natura esplode. L'obiettivo di ogni turista che arriva per un safari è quello di vedere i big five, ossia i cinque grandi animali della Savana, l'elefante, il leone, il leopardo, il rinoceronte e il bufalo. Ma appena saliti sulla sulla sua Jeep Jimmy ha già chiarito che sarà impossibile vedere i rinoceronti in libertà. Le associazioni che aiutano a preservare i parchi in Kenya, li hanno deportati e rinchiusi in prigioni sorvegliata da guardie armate. In particolare la Born Free Foundation ha creato nel Parco Nazionale di Tsavo ovest una riserva di 4 chilometri quadrati, sorvegliata 24 ore su 24. Il motivo è semplice: tra il 2013 e il 2015 in Africa sono stati uccisi 3.394 rinoceronti, privati del loro corno e lasciati agonizzare. Perché questo sterminio? In Oriente, soprattutto in Cina, si pensa che il corno di rinoceronte abbia poteri miracolosi per curare il cancro e l’impotenza. Ovviamente questa teoria non ha fondamento scientifico. Racconta Jimmy Atsu: "Un ricco cinese che fa affari qui è disposto a pagare fino a 300mila dollari per un corno di rinoceronte e ci sono eserciti di bracconieri pronti a rischiare la vita per quei soldi. Sul mercato, però, lo rivenderà a 60mila dollari al chilo e ogni corno che ne pesa più o meno 7. Insomma, un affare per i boss dagli occhi a mandorla che vivono in Africa e che poi rivendono i corni in madrepatria". Continua Jimmy: “Nessuno dice che l'hanno scorso al parco Amboseli sono stati trovati uccisi 30 elefanti, privati delle zanne. Chi commercia in avorio? Sempre i cinesi. Per per ogni zanna pagano ai bracconieri 3.500 dollari, una miseria! Sul mercato il valore al chilo dell'avorio è di circa mille dollari e ogni zanna ne pesa più o meno 30”. Purtroppo quello di cui parla Jimmy è il fenomeno chiamato “animal grabbing” da parte della Cina ai danni dell'Africa. Si può ben capire che per chi vive con meno di un dollaro al giorno queste cifre siano da capogiro… Il New York Times in un' inchiesta ha documentato che il bracconaggio aumenta dove ci sono insediamenti cinesi. Le strade che costruiscono diventano vie di fuga per i bracconieri, mentre loro, i boss, si preccupano di corrompere polizia e guardie perché non li ostacolino. Il 70 per cento dell'avorio illegale finisce poi in Cina. Negli ultimi dieci anni in Kenya sono stati arresti oltre cento cinesi con l'accusa di contrabbandare avorio. Rinoceronti, elefanti… non va meglio al re della savana, il leone.

Un leone impagliato è un trofeo da esibire in casa per il ricco cinese che fa affari in Africa e così, si dà la caccia anche a loro: vengono uccisi con dardi avvelenati per preservare il pelo, i denti e soprattutto la criniera. In questo caso sono più fortunati i leoni dello Tsavo, – dice Jimmy Atsu – con il cambiamento del clima non hanno più la criniera: fa talmente caldo che nei decenni è andata scomparendo. In questo sanguinoso e redditizio mercato non sei salvano neppure le scimmie, le cui carni in oriente sono considerate una prelibatezza. Già che ci sono i bracconieri fanno razzia di babBuini, sempre per i loro clienti dagli occhi a mandorla. Jimmy sostiene che il governo abbia dato ordine di sparare a vista ai bracconieri e che questo accada quotidianamente e che le guide, in comunicazione tra loro via radio, abbiano tutte un numero di sicurezza da chiamare in caso li avvistino. Di certo a gennaio l'organizzazione no profit Tsavo Trust ha dato la notizia che due bracconieri sono stati arrestati per aver ucciso un vecchio elefante di 50 anni che aveva zanne pesanti 50 chili. Era uno dei più grossi e anziani esemplari del continente africano, uno degli ultimi "tusker", quegli elefanti maschi che per una variante genetica sviluppano zanne enormi. Purtroppo vivono da soli: le femmine li allontanano dal branco e così restano soli e facili prede.

Bracconaggio e terrorismo

Ma chi porta poi corni di rinoceronti e zanne d'avorio in Oriente? C'è chi sostiene – per esempio Hillary Clinton – che nel mercato del bracconaggio stiano facendo affari d'oro anche le organizzazioni terroristiche africane legate ad Al Qaeda. Ma questo è un altro discorso e finora nessuno è riuscito a trovare le prove.

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