Nel sangue dei guariti c’è la chiave per curare i malati di coronavirus?

Nel sangue dei guariti secondo il dottor Giuseppe De Donno, primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova, ci potrebbe essere la chiave per curare i malati di coronavirus. La terapia col plasma, ricco degli anticorpi sviluppati da coloro che hanno vinto la loro personale battaglia contro il virus, starebbe infatti dando risultati incoraggianti al San Matteo di Pavia e al Carlo Poma di Mantova, dove è stata avviata una sperimentazione.
Oggi, 5 maggio, al microfono di Clarissa Martinelli e Antonio Valli di Radio Bruno, il dottor De Donno è stato lapidario: “ad oggi la plasma terapia è l’unica terapia specifica contro il coronavirus”.

In cosa consiste la terapia col plasma?
“I pazienti guariti da polmonite provocata dal coronavirus sono stati sottoposti a una donazione spontanea di 600 millilitri di plasma, la parte più liquida del nostro sangue, quella composta da acqua, proteine, nutrienti, ormoni, quindi senza elementi corpuscolati, ovvero globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Il plasma in particolare è ricco degli anticorpi sviluppati nei confronti del coronavirus i quali vengono inoculati nei pazienti malati e affetti da gravi forme di insufficienza respiratoria”.

 

Quali risultati avete ottenuto sinora?
“Il nostro protocollo ha previsto l’arruolamento di 48 pazienti che non avessero alle spalle una storia di insufficienza respiratoria maggiore di 10 giorni e grave, ovvero con l’indicazione della ventilazione meccanica. A questi 48 vanno poi aggiunti quelli trattati al di fuori del protocollo e con l’autorizzazione del Comitato Etico. Dall’attivazione di questa sperimentazione non abbiamo registrato decessi e sappiamo che tra i pazienti covid con polmoniti gravi la mortalità è molto elevata”.

Attorno alla terapia col plasma si è sviluppata una forte diatriba, tra sostenitori e detrattori: avete registrato effetti collaterali sui pazienti trattati?
“Sulla plasma terapia sto leggendo corbellerie di ogni tipo. Noi non abbiamo registrato né effetti collaterali né reazioni avverse. Al contrario tutti gli indici di infiammazione si sono ridotti drasticamente e oggi tutti i 48 pazienti sono tornati a casa, insieme alle loro famiglie”.

Si parla di alti costi…
“Ogni sacca costa circa 82 euro, come gli integratori che acquistiamo per andare in palestra… se sono tanti per salvare una vita, allora non so davvero che dire”.

Qualcuno ha asserito che il plasma trasfuso potrebbe essere veicolo di malattie.
“Mettere in dubbio la rete trasfusionale italiana, una delle più sicure al mondo, è inaccettabile”.

State raccogliendo interesse da ogni parte del mondo perché in Italia vi sono così tante resistenze?
“Ci ha contattato un alto funzionario dell’Onu, il console del Messico, autorità statunitensi… tutti hanno manifestato interesse per il nostro protocollo e si sono complimentati per il nostro lavoro. E sono già numerose le università che ci hanno offerto un posto nei loro centri di ricerca. Spesso non sono riuscito a trattenere le lacrime. Al contrario nessun segnale è arrivato dal mio ministro alla salute o dall’Istituto Superiore di Sanità e questo, per un ricercatore che fa il medico ospedaliero come me e che si è speso in prima persona in questa pandemia, è fonte di grande dolore. La plasma terapia rappresenta una chance che stiamo diamo al nostro Paese, una strategia terapeutica per cambiare la sorte di questa pandemia e dei pazienti; poi, se la sperimentazione dimostrerà che mi sto sbagliando, sarò il primo a dire agli italiani, Scusate, ho preso una cantonata, ma non penso sarà così…”.

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