capture 025 13052020 104823Quattro indagati, tra cui Daniele Fortini, presidente di Ama dal 2014 al 2016. Per tutti, i procuratori aggiunti della Procura di Roma, Paolo Ielo e Rodolfo Sabelli hanno ipotizzato il reato di falso in bilancio. A volere Fortini alla guida della municipalizzata capitolina che si occupa dei rifiuti fu l’allora sindaco Ignazio Marino, del Pd. Gli altri nominativi iscritti nel registro degli indagati sono quelli di Rodolfo Murro e Carolina Cirillo, membri del Consiglio d’amministrazione in quel periodo, e di Antonella Giglio, amministratore unico Ama dal novembre 2016 al maggio 2017.

Fortini fu nominato da Ignazio Marino (Pd)

Al centro dell’inchiesta 250 milioni di euro che l’Ama ha messo a bilancio per le annualità 2015 e 2016. Secondo gli inquirenti tale somma deriverebbe dall’acquisizione dell’imposta Tari sull’immondizia che la municipalizzata dei rifiuti riscuote per conto del Comune di Roma. L’inghippo è solo apparentemente tutto contabile. Secondo quanto trapelato, infatti, nel bilancio i 250 milioni non sono indicati separatamente. Questo avrebbe consentito a Fortini di pagare le banche creditrici rafforzando la propria posizione di liquidità. Invece, era denaro da corrispondere al Campidoglio.

 

Pagavano i debiti Ama con i soldi del Campidoglio

In particolare – si legge nel decreto di sequestro – Fortini, e con lui Murra e Cirillo in quanto membri del Cda, sono accusati di aver messo nel bilancio relativo al 2015, «al fine di conseguire un ingiusto profitto», l’importo di 140,5 milioni di euro quale finanza propria della società, senza separare la quota della Tari che l’azienda riscuote per conto del Comune. Per la parte restante della cifra contestata dalla Procura, è indagata invece la Giglio che con lo stesso sistema avrebbe messo a bilancio 118 milioni di euro. A dare il via alle indagini, un’ispezione della Banca centrale europea (Bce) alla Banca Popolare di Sondrio. È infatti in questo istituto di credito che arrivano i proventi della tassa sui rifiuti.

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