capture 047 14052020 152139Il Rapporto 2019 indica persecuzioni in Nigeria, Camerun, Burkina Faso, Niger, Rep. Centraficana, Sudan, Eritrea. Il dramma del Medioriente. Pericolo indù in India. Rischio "curdizzazione" in Siria?

Nel mondo un cristiano ogni sette viene perseguitato per la sua fede. Oggi i cristiani sono il gruppo religioso maggiormente colpito e l’asse del fondamentalismo islamista si è ormai spostato dal Medio Oriente all’Africa e all’Asia meridionale ed orientale. È quanto emerge dal nuovo studio sulla persecuzione anticristiana della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. «Perseguitati più che mai. Focus sulla persecuzione anticristiana tra 2017 e 2019» è stato presentato stamattina a Roma nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola, la chiesa che San Giovanni Paolo II ha voluto diventasse memoriale dei nuovi martiri del XX e XXI secolo. Nelle cappelle sono esposte oggetti appartenuti a nuovi martiri uccisi dal nazismo, dal comunismo, dai fondamentalismi, ma anche dalle mafie. Il dossier esamina gli sviluppi più significativi nei 20 Paesi che destano maggiore preoccupazione a causa delle violazioni dei diritti umani subite dai cristiani, dal luglio 2017 ad oggi.

 

Nella serata di oggi, dalle 19 alle 24, la Basilica di San Bartolomeo sarà illuminata di rosso in ricordo del sangue versato dai cristiani uccisi in odio alla fede.

«Questo Rapporto che abbiamo tra le mani e che viene presentato oggi, insieme a quello sulla Libertà Religiosa, è uno strumento prezioso», ha affermato il cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, lodando il «cammino decennale di Aiuto alla Chiesa che Soffre che abbatte i confini delle Nazioni – penso a quanto è diffusa nel mondo – e delle confessioni cristiane, aiutando indistintamente cattolici e non, e che unisce la dimensione della conoscenza, della sensibilizzazione e talora della giusta pubblica denuncia, a un cammino di carità operosa che risana, costruisce, progetta, aiuta insomma a far rifiorire».

ACS denuncia come siano quasi 300 milioni i cristiani che vivono in terre di persecuzione, uno ogni sette cristiani. Nel periodo in esame, la situazione è tutt’altro che migliorata e la lista dei Paesi in cui i cristiani soffrono si arricchisce di nazioni quali Camerun, Burkina Faso e Sri Lanka. Gli ultimi due rappresentano per il direttore di ACS, Alessandro Monteduro, gli esempi più drammatici di questo mutato scenario della persecuzione anticristiana che trova nuove forme e nuove territori anche in virtù dell’inadeguatezza delle strategie finora messe in campo. «Il focus ACS dimostra purtroppo che la sola risposta militare non è sufficiente – ha notato Monteduro - Dal 2017 infatti, dalla sconfitta di Isis nel nord dell’Iraq e in gran parte della Siria, abbiamo assistito alla migrazione del terrorismo in altre aree del mondo, innanzitutto in Africa e in Asia meridionale e orientale. I 20 Paesi che Aiuto alla Chiesa che Soffre evidenzia come territori nei quali le minoranze cristiane soffrono la persecuzione ospitano 4 miliardi di persone. Dunque la difesa della libertà religiosa dovrebbe essere come non mai prioritaria nell'agenda delle grandi potenze nazionali e delle Istituzioni sovranazionali. Così ancora oggi non è».

Anche le migliorate relazioni diplomatiche tra i capi delle nazioni occidentali e i loro omologhi di regimi come quelli della Corea del Nord o della Cina non devono far pensare a miglioramenti delle condizioni dei cristiani in tali aree, come notato nel suo intervento da Alfredo Mantovano, presidente di ACS-Italia. «Non dobbiamo illuderci che all’eventuale riduzione delle reciproche dotazioni di armamenti, o ai trattati di cooperazione economica corrisponda, all’interno dei confini, un allentamento della persecuzione religiosa. La “via della seta” sarà pure percorsa con più facilità dalle merci e dal denaro, ma mentre Paesi come l’Italia sottoscrivono i relativi accordi, nel sub-continente cinese vi è una ulteriore stretta per le manifestazioni della fede in pubblico, talora anche in privato, che non siano controllate dalle strutture del Partito».

È in Asia meridionale e orientale che nel periodo in esame si sono verificati gli attacchi anticristiani più eclatanti, in primis quelli avvenuti in Sri Lanka nel giorno di Pasqua che sono costati la vita a 258 persone. Durante la presentazione, il rettore del Santuario di Sant’Antonio a Colombo, don K.A. Jude Raj Fernando, ha raccontato i tragici momenti in cui la sua chiesa è stata attaccata. «Non potevo credere ai miei stessi occhi – ha riferito – Ho visto i miei fedeli morti, sanguinanti e mi sono chiesto “Dio mio perché?”. Ma nonostante la grave ferita infertaci, restiamo saldi nella nostra fede che ci consente di perdonare i nostri persecutori. Perdoniamo ma continuiamo a chiedere giustizia per le nostre vittime. È per questo che preghiamo ogni giorno».

La ricerca ACS denuncia al tempo stesso la drammatica situazione in Africa, dove negli ultimi anni sempre più formazioni jihadiste hanno colpito i cristiani in sempre più Paesi. Nell’ambito delle violenze anticristiane è alto il prezzo pagato da sacerdoti e religiosi. Infatti, dei 18 sacerdoti e una suora uccisi nel mondo nel 2019, ben 15 sono stati assassinati in Africa, di cui 3 in Burkina Faso. In quest’ultima nazione, ha testimoniato il sacerdote burkinabé don Roger Kologo, «è in atto una vera e propria caccia ai cristiani, i quali vengono colpiti durante processioni ed espressioni della loro fede e perfino raggiunti nelle loro case e giustiziati». Il sacerdote ha riassunto la tragica escalation di attacchi anticristiani iniziata proprio dalla sua diocesi, quella di Dori, lo scorso Venerdì Santo e parlato del suo amico don Joel Yougbare, rapito lo scorso 17 marzo. «La sera prima del sequestro abbiamo cenato insieme. Mi aveva detto che sarebbe andato a visitare una comunità in un’area remota. Sapeva che era rischioso, i jihadisti lo tenevano d’occhio e più volte l’avevano seguito, ma lui non voleva abbandonare i suoi fedeli. È un uomo di grande coraggio e noi continuiamo a pregare il Signore affinché possiamo ritrovarlo in vita».

Resta grave la situazione mediorientale, nonostante la sostanziale sconfitta militare del Daesh (noto anche come Isis) e del suo tentativo di creare uno "stato islamico". In Iraq la presenza dei cristiani è crollata da 1,5 milioni prima del 2001 a 150 mila del 2019. Nel giro di una generazione la popolazione cristiana irachena si è ridotta del 90%. In Siria prima dell'inizio della guerra nel 2011 i cristiani erano circa 1,5 milioni, mentre a metà del 2017 erano stimati in meno di 500 mila. Ancora a luglio 2019 il Daesh ha fatto esplodere una bomba all'esterno di una chiesa di Qamishli. Nella regione nordorientale del paese le Chiese locali hanno denunciato un tentativo di "curdizzazione" che implica la cancellazione della presenza cristiana, attraverso la chiusura di alcune scuole cristiane da parte della Federazione democratica della Siria del Nord. In Iran è ancora in carcere il pastore Youcef Nadarkhani, già condannato a morte nel 2009 per apostasia e poi assolto per le pressioni internazionali. Nel 2018 altri 142 cristiani sono stati arrestati con l'accusa di far parte di «una setta di sionisti» che cercava di «indebolire l'Iran e la Repubblica islamica». Migliora la situazione in Egitto dove la diminuzione degli attacchi fondamentalisti anticristiani sembra dovuta alla dura azione di contrasto del presidente al-Sisi. Difficile però la situazione nelle aree rurali, dove spesso la polizia è complice. Prosegue la repressione sistematica in Arabia Saudita, nonostante timidi segnali di apertura. Nel paese wahhabita la conversione dall'Islam è ancora perseguita con la pena capitale.

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