capture 156 22052020 111713 Vittorio Feltri senza filtri, come sempre. Questa volta nessun duello tv, a far stracciare le vesti alle anime belle di sinistra è un editoriale apparso su Libero di oggi, dove il direttore difende il saluto romano. “Se il saluto incriminato è romano, risalente cioè all’impero di Giulio Cesare e successori, che ci importa se poi fu adottato dai fascisti? Sempre romano rimane, pertanto perché dovrebbe essere vietato?“. Feltri fa riferimento all’episodio degli studenti di un liceo di Cuneo, colpevoli di aver salutato romanamente e condannati per questo alla “rieducazione” con l’obbligo di studiare la resistenza e le “storie dei migranti”.

Studenti obbligati a “frequentare gli stranieri”

“Alcuni scolari, rei di aver fascisticamente salutato per gioco, non soltanto sono stati redarguiti ma perfino condannati a subire corsi di riabilitazione democratica: devono studiare in cosa consistesse la Resistenza e, non bastasse, saranno obbligati a frequentare gli immigrati. Già, gli stranieri trasformati in strumenti di punizione per studenti giudicati scapestrati e ignoranti”.

 

Feltri ironizza sull’atteggiamento della sinistra. “Questa storia infinita e noiosa del saluto romano condannabile quale reato mi sembra assurda e farebbe ridere se non fosse stata trasformata dalla sinistra in un tormentone indigesto. Non c’è verso di farlo capire agli antifascisti, impegnati a combattere i fascisti immaginari e convinti che i simboli fasulli siano prodromi di un ritorno del duce” .

Feltri come Trilussa

Il direttore di Libero arriva persino a preferire il saluto romano alla stretta di mano per motivi di igiene. “Non riesco a capire con quale logica esso debba venire bandito, mentre la stretta di mano, poco igienica, continui non solo ad essere in auge e addirittura raccomandata. Io ogni giorno vado al ristorante. La prima cosa che faccio è recarmi in bagno onde lavarmi gli arti superiori. Mi siedo al tavolo e ogni pirla che entra nel salone, conoscendomi, si avvicina e mi porge il palmo. Non posso negare il mio. Però mi incavolo. Non mi va di raggiungere il lavabo trenta volte al dì e mi tengo per disperazione la mano contaminata dagli avventori. Amen. Non sarebbe meglio agire come gli antichi della capitale che alzavano garbatamente l’avambraccio in segno di omaggio e finiva il tormento con buona pace di tutti?”.

Chissà se l’omaggio di Vittorio Feltri a Trilussa è voluto. La questione del saluto romano toccasana per l’igiene fu messo in rima proprio dal celebre poeta capitolino nel sonetto “La stretta de mano”: “Quela de da’ la mano a chissesia nun è certo un’usanza troppo bella: te po succede ch’hai da strigne quella d’un ladro, d’un ruffiano o d’una spia. Deppiù la mano, asciutta o sudarella, quanno ha toccato quarche porcheria, contiè er bacillo d’una malatia che t’entra in bocca e va nelle budella. Invece, a salutà romanamente, ce se guadagna un tanto co’ l’iggene eppoi nun c’è pericolo de gnente. Perché la mossa te viè a dì in sostanza: – Semo amiconi… se volemo bene… ma restamo a una debbita distanza“.

di Davide Di Stefano per www-ilprimatonazionale-it.cdn.ampproject.org