Uno studio stima che il 28% dei musulmani d'Oltralpe è disposto a lottare per la sharia. Una volta c'erano Al Qaida, Isis e Califfato. Oggi il terrorismo islamista francese non ne ha più bisogno. Per germinare, prosperare e moltiplicarsi gli basta il ventre caldo, molle e accogliente della comunità musulmana. Una comunità di oltre quattro milioni d'individui sempre più sensibile alle sirene dell'Islam radicale come dimostra una ricerca dell'Istituto Montaigne, uno dei più qualificati centri studi d'Oltralpe. La ricerca, presentata lo scorso 18 settembre e firmata dallo studioso d'origini tunisine Halim El Karaoui, pur lasciando nel titolo («Un Islam francese è possibile»), una vaga concessione al «politicamente corretto» disegna un quadro quanto mai fosco e allarmante. Secondo El Karaoui più di un milione di musulmani francesi, il 28% del totale, condivide una visione radicale dell'Islam, è pronto a mobilitarsi nel nome della sharia e a contrapporsi alla legge dello Stato.
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Seppur attribuiti in molti casi allo squilibrio mentale, la foglia di fico più in voga per dribblare «sconvenienti» legami tra Islam, terrore e immigrazione, gli episodi confermano a livello epidermico la minaccia disegnata a livello statistico dallo studio dell'Istituto Montaigne. Dall'esame di un campione di 1029 musulmani svolto con l'Ifop, il più rodato istituto di sondaggi francesi, il professor Karoui delinea l'esistenza di tre macro-categorie di fedeli islamici. La prima, definita «maggioranza silenziosa», raccoglie il 46 per cento dei musulmani. Costoro nonostante seguano in maggioranza una dieta islamica, attribuiscano alla religione «un posto importante nelle loro vite» e difendano, in molti casi, l'uso del velo per le donne, si riconoscono in un sistema di valori «in linea con la società francese». La categoria dei «conservatori», stimata al 25%, raggruppa i fedeli più tradizionalisti pronti a rivendicare «l'importanza della sharia» e il diritto ad «esprimere l'appartenenza religiosa negli spazi pubblici» senza però entrare in conflitto con lo Stato. La categoria più a rischio, gli «autoritari», raccoglie il 28 per cento dei fedeli, è formata in larga parte da giovani disoccupati delle periferie sostenitori di niqab e poligamia, convinti che la legge religiosa prevalga su quella statuale.
«Questo 28 per cento s'identifica nella versione più retrograda dell'Islam, diventata per loro una sorta d'identità - spiega Karoui -. L'Islam è il perno della loro rivolta e questa rivolta s'incarna in un Islam di rottura, infarcito di teorie cospirative e antisemite». Il classico serbatoio su cui fa breccia la propaganda dell'Isis e da cui emergono gli «squilibrati» pronti, come visto ieri a Orly, a uccidere e a farsi uccidere. Il problema sono però i numeri. Il 28 per cento dei fedeli equivale ad oltre un milione d'islamisti tanto pericolosi quanto vitali. Stando alla stessa ricerca il 50 per cento degli «autoritari» ha, infatti, meno di 25 anni. Potenzialmente, insomma, l'Islam radicale può contare su un esercito, di oltre un milione di militanti, tanto fanatici quanto giovani e in ottima forma fisica. Tutti pronti a combattere, uccidere e morire.
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