laosCiao amore, vado a combattere” è l'opera prima di Simone Manetti, il documentario è incentrato su Chantal Ughi, ex-modella e attrice, quattro volte campionessa mondiale di MuaiThai.

Manetti, prima di passare alla regia, ha avuto molte esperienze come montatore, oltre che avere una grande passione per la fotografia. “Parallelamente al lavoro da Film Editor ho sempre amato prendermi dei momenti, a volte anche lunghi, di pausa per dedicarmi all’altra mia passione, la fotografia statica, con particolare predilezione per il reportage” racconta l'autore “mi trovavo in Cambogia con uno zaino e una macchina fotografica da un paio di mesi quando una telefonata di una mia amica giornalista mi parlò di Chantal. Ne fui da subito incuriosito anche se al tempo la mia fascinazione si basava principalmente sulla, se per affascinante di per se, storia di superficie. Il processo di avvicinamento con Chantal è stato graduale e solo con il tempo ho iniziato a prender conferma che quella giovane donna aveva un incredibile e struggente mondo interno da raccontare.”

laos 1Il documentario infatti parla del presente della donna, ma nel contempo indaga in maniera profonda sul passato della protagonista che si è resa disponibile nonostante non è di certo una cosa facile raccontare la propria intimità al mondo. “I reali meriti di questo film sono di Chantal, del suo modo di affrontare la vita e del regalo che ci ha fatto permettendoci di raccontarlo. Noi ci siamo limitati ad osservare e a cercare di costruire, come in una sorta di puzzle dove si ricercano i pezzi mancanti, il suo passato e i suoi perché. Chantal è stata fin da subito disponibile e curiosa rispetto al film ma credo che si sia convinta definitivamente quando le dissi in maniera schietta e diretta che il film che avrei voluto fare su di lei non avrebbe raccontato i suoi successi e le sue vittorie ma che mi sarei concentrato sulle fragilità cercando di capire profondamente il suo tentativo di curare le ferite del cuore attraverso le nuove e più fisiche ferite del corpo.”

Il film vuol essere un tentativo di catarsi e presto si potrà vedere anche nelle sale cinematografiche: “Essere riusciti ad interessare una distribuzione con un documentario totalmente indipendente (il film è stato prodotto da Alfredo Covelli con la sua Meproducodasolo S.r.l.) è un traguardo che ci rende molto orgogliosi”.

Un traguardo che nella vita di Simone Manetti è raggiunto dopo molte tappe, una di queste è il documentario breve “A New Family”. “Il foto-documentario è stato un meraviglioso percorso umano nel quale mi sono ritrovato da solo con una piccola macchina fotografica nel mezzo di una realtà lontana” ricorda il regista “ho passato circa due mesi viaggiando per la Cambogia e, quando ho incontrato la storia di queste due prostitute, ho deciso di fermarmi per un po’ di tempo nel loro piccolo Slum alle porte di Sihanoukville e tentare di raccontarne la loro vita e, spero, le loro emozioni.” Tentativo più che riuscito visto che l'opera è stata presentata a più di 35 festival internazionali, ricevendo il premio Amnesty International, oltre che essere candidato al Golden Frog e ai Nastri D'Argento.

Con questo bagaglio artistico e umano, Simone Manetti, è già al lavoro come montatore su altri progetti, uno di questi è un importante documentario ambientato in Laos.

 

Eleonora Gasparotto Nascimben per Manifesto 0 

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