capture 002 16062020 181337I grillini da sempre strizzano l'occhio alle dittature rosse sudamericane. Il boom con Di Maio agli Esteri

Da quando Luigi Di Maio è ministro degli Esteri, il Movimento 5 Stelle tace sulle dittature della sinistra castrochavista latinoamericana ma, con lo scandalo della valigetta di cui sta parlando il mondo, si capisce il perché. Del resto a parlare per lui ci sono stati, in questi due anni, i media che appoggiano i grillini su questo fronte, a cominciare dallo stesso Grillo che, il 25 ottobre scorso, dava voce sul suo blog a un'«analisi» nella sezione Cervelli de L'antidiplomatico. Un sito registrato da Alessandro Bianchi, giovane recuperato tra la sinistra radicale romana, usato dal M5s per la commissione Esteri della Camera e poi diventato stretto collaboratore di Alessandro Di Battista, il Che Guevara de noantri per cui «l'Alba (l'alleanza bolivariana delle Americhe fondata da Fidel e Chávez) è un modello per i paesi del Sud Europa», Italia in primis. Un portale che plaude al reddito universale come soluzione per l'economia italiana e che descrive il sanguinario dittatore venezuelano Maduro come un «eroe bolivariano», dipinge il satrapo pedofilo nicaraguense Daniel Ortega (per referenze sulle violenze subite chiedere alla figliastra Zoilamérica) come un prode sandinista che combatte contro il neoliberismo inteso come capitalismo da abolire cui fa da contraltare la «decrescita felice» (degli altri) voluta dai grillini, racconta il cocalero boliviano Evo Morales (che aveva imbrogliato non solo nel conteggio dei voti, ma candidandosi a presidenziali cui non doveva partecipare perché «i diritti umani alla presidenza infinita» esistono solo nel magico mondo grillino) come una vittima di fantomatici «golpe» di una non meglio precisata destra e, naturalmente, esalta il regime di Cuba come un paradiso di vera democrazia del popolo.

 

Dopo l'appoggio dato ai gilet gialli che hanno distrutto i Campi Elisi, i grillini sono dunque diventati gli interlocutori preferiti del chavismo in Italia, come Podemos lo è in Spagna e Hezbollah in Libano e appoggiano, ovunque, le peggiori dittature latinoamericane, dal Nicaragua al Venezuela, passando per Cuba. Per capirlo basti leggere oltre al citato Antidiplomatico anche il Faro di Roma, nato ufficialmente per appoggiare Papa Francesco, ma di fatto filo Maduro sfegatato. O se preferite leggete quanto scritto dal M5s sul Venezuela nella Risoluzione 7-01168 presentata in Parlamento nel 2017 dall'oggi potente (e facente le funzioni di Di Maio in America latina pur senza delega) Manlio Di Stefano, Di Battista, Scagliusi, Spadoni, Grande e Del Grosso: «In Venezuela prima di Chávez 5 milioni di persone soffrivano la fame, oggi sono meno di 500mila». Bugie inspiegabili, almeno sino a ieri.

O come non ricordare l'onnipresente sottosegretario agli Esteri Di Stefano che accompagnato da due compagni di lotta 5 stelle in pellegrinaggio sulla tomba del Comandante Chávez in occasione dell'anniversario della sua dipartita tre anni fa? Lui e i M5S si rifiutarono di incontrare le voci disperate della nostra comunità all'interno del Club italo-venezuelano perché preferirono, era il 5 marzo del 2017 (non mille anni fa), «fare la ruota» al dittatore Nicolás Maduro, il «macellaio» come lo chiama Der Spiegel, rivista non tacciabile di simpatie destrorse. Da brivido insomma la politica estera dei 5 Stelle come dimostrato anche dalla IX Conferenza Italia-America Latina e Caraibi, dal titolo «insieme per crescita sostenibile». Secondo quanto raccontato da una fonte presente all'evento del 10 ottobre 2019, quando il rappresentante dell'Organizzazione degli Stati Americani, Gonzalo Koncke, chiese cosa intendesse fare l'Italia per il recupero della democrazia in paesi come Nicaragua e Venezuela si sentì rispondere testualmente dai rappresentanti della gestione Esteri di Di Maio: «Questo non è il luogo per parlare di democrazia». Adesso, valigette cash alla mano, forse si capisce perché.

di Paolo Manzo per www.ilgiornale.it