capture 010 17062020 100755“Oggi ricorre l’anniversario della morte di Francesco Cecchin, militante del Fronte della Gioventù ucciso dalla sinistra antagonista perché riconosciuto come nemico da abbattere. Non smetteremo mai di ricordare chi è morto col sogno di un’Italia migliore nel cuore. Ciao Francesco”. Con questo post Giorgia Meloni ha voluto rendere omaggio a Francesco Cecchin ucciso dall’odio antifascista. Non aveva ancora 18 anni quando  fu scaraventato giù dal muro di un condominio del quartiere Trieste-Salario, a Roma, dove militava con il Fronte della Gioventù. Morì dopo 19 giorni di agonia, il 16 giugno del 1979. Per quel delitto, come per molti altri, nessuno fu mai condannato. Anzi, all’inizio si tentò di accreditare la tesi della caduta accidentale dal muro condominiale.

Eppure, anche di fronte al ricordo di un ragazzo barbaramente assassinato negli anni di piombo, l’odio social si è manifestato senza ritegno. Davvero un segno dei tempi, e di come ogni argomento, anche la morte, l’omicidio, diventi pretesto per stuzzicare la pancia delle tifoserie più sciatte e volgari. C’è chi commenta: perché non ci parli di Carminati? Ancora, c’è chi ricorda i deportati a Mathausen.

 

E ancora chi sottolinea: “E certo, a destra tutti santi”. E chi ricorda le azioni compiute dai Nar. Chi ironizza: “E allora le foibe?”. Chi dice che i fascisti non possono parlare di Italia migliore. Un vomitevole rigurgito di antifascismo da tastiera. Una vergognosa mancanza di rispetto che fa comprendere quanto siamo ancora distanti da una memoria condivisa che esige almeno la pietas verso chi ha perso la vita in periodi oscuri della nostra storia. Tempi in cui lo slogan preferito dalla sinistra antifascista era: “Uccidere un fascista non è reato”. E ancora oggi, a quarant’anni di distanza, ricordare quei morti appare intollerabile a chi si ritiene custode di democrazia e umanità.

di Adele Sirocchi per www.secoloditalia.it