L’Ungheria ha approvato una legge che vieta la ‘promozione’ dell’omosessualità ai minori. La normativa, presentata la scorsa settimana da Fidesz, mira principalmente a combattere la pedofilia, ma include anche emendamenti che vietano altre forme di rappresentazione di orientamento sessuale oltre alla eterosessualità, nei programmi di educazione sessuale nelle scuole, nei film e nelle pubblicità rivolte agli under 18.
La misura è stata criticata da Amnesty International e altre organizzazioni come un duro colpo contro i diritti Lgbtq.
La legge, promossa dal partito del premier Viktor Orban, è passata con 157 voti a favore e un solo contrario. Oltre 5.000 persone si sono radunate ieri sera davanti al parlamento ungherese per protestare contro la legge. I manifestanti sostengono che la nuova norma “limita gravemente” la libertà di espressione e i diritti dei bambini. Per i gruppi Lgbtq è una misura paragonabile a quelle in vigore in Russia.
“Al fine di garantire la protezione dei diritti dei bambini, la pornografia e i contenuti che raffigurano la sessualità fine a se stessa o che promuovono la deviazione dall’identità di genere, il cambiamento di genere e l’omosessualità non devono essere messi a disposizione delle persone di età inferiore ai diciotto anni”, si legge nel testo normativo. Le lezioni di educazione sessuale infine “non dovrebbero essere finalizzate a promuovere la segregazione di genere, il cambiamento di genere o l’omosessualità”.
La mafia tra vecchi business e il nuovo "affare" della crisi post Covid, allerta scarcerazioni
Nella relazione della Dia al Parlamento il quadro di Cosa nostra: l'organizzazione tra mandamenti e famiglie con i contatti oltreoceano, la corruzione come "arma" sempre più efficace e il "ricambio generazionale" con frizioni e possibili scontri anche violenti
Una struttura che si adatta ai nuovi tempi, che anche se "perde" il vertice si riorganizza e riallaccia i rapporti con le propaggini all'estero, che intercetta nuovi bisogni e che vede nella crisi economica innescata dalla pandemia Coronavirus un'invitante quando facile occasione per infiltrarsi nel tessuto economico. E' il quadro di Cosa nostra che emerge dalla relazione semestrale della Dia al Parlamento. Seicento pagine in un cui il fenomeno è analizzato in ogni suo aspetto: dalle declinazioni territoriali alle attività "preferite", dalle operazioni portate a segno dalle forze dell'ordine alle reazioni delle cosche.
L'organizzazione
La Dia spiega che "la struttura delle organizzazioni malavitose nel territorio siciliano risulta eterogenea evidenziando nella parte occidentale dell’Isola 'famiglie' più rigidamente strutturate ed ancorate al territorio di riferimento, mentre in quella centro-orientale sodalizi dai contorni più fluidi e flessibili. Tuttavia, la pervasività della criminalità mafiosa appare su tutta la Regione ugualmente aggressiva. Cosa nostra continua a presentarsi, nell’area occidentale della Sicilia, come un’organizzazione verticistica, coordinata e strutturata in famiglie raggruppate in mandamenti anche se impossibilitata a ricostituire un organismo di vertice deputato alla regolazione delle questioni più complesse e delicate"
Coffee Break, "sbarchi in massa e variante delta". L'allarme di Gasparri e zittisce la giornalista in studio
Battibecco geografico tra Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, e la giornalista Claudia Fusani nella puntata di “Coffee Break”, mercoledì 16 giugno, su LA7: "Voglio aprire i parchi, non i porti", “Vada in Norvegia”. La ripresa degli sbarchi preoccupa molto l’ex ministro Gasparri che, rispondendo a una domanda del conduttore di “Coffee Break”, Andrea Pancani, chiede al governo di intervenire con decisione bloccando i migranti: “Voglio aprire parchi e discoteche, non altro. Ora in un’agenzia Adnkronos leggo che la variante Delta del Covid è arrivata in Sicilia: 10 migranti arrivati dal Bangladesh sono risultati positivi all’incrocio della modifica inglese con quella indiana. Ora sono in quarantena. Io voglio aprire i parchi, ma non i porti. Qui non c’è nessun razzismo, ma un Paese che si deve difendere. Questa ripresa degli sbarchi a Lampedusa è pericolosa sotto il profilo della sicurezza, del traffico di persone che arricchisce i criminali e aumenta naufragi e morti e adesso pure la notizia della variante Delta, questo desta preoccupazione. Lamorgese (ministro dell’Interno, nda) sveglia!”.
Il meeting Biden-Putin sarà più pragmatico di quello che pensiamo
Gli incontri a Ginevra sembrano sempre essere forieri di svolte epocali, tanto da tenere il mondo con il fiato sospeso: dallo storico vertice del 1955 tra i Big Four all’odierno meeting tra Joe Biden e Vladimir Putin. L’atmosfera è di quelle al fulmicotone, tra i due che, negli scorsi mesi, si sono interfacciati a suon di “macho da Hollywood” e “killer”. Troppe le reminiscenze, infinite le similitudini che ci portano, oggi, a parlare di una nuova Guerra Fredda tra Russia e Stati Uniti, concetto galvanizzato dal fatto che i due leader abbiano reciprocamente ammesso che, sulla carta, i rapporti non sono mai stati così bassi dal freddo cinquantennio.
No, non è la Guerra Fredda
Una narrazione alla quale ci siamo abituati ma che fa perdere il senso di quello che davvero sta accadendo. Innanzitutto, non siamo nel bel mezzo di uno scontro tra Est e Ovest, o tra liberismo e comunismo; secondo, non veniamo da un conflitto devastante ma siamo nel bel mezzo di una pandemia che ha ribaltato la geopolitica intera; terzo, in ballo non c’è l’Europa, ma decine di sfide e una gragnola di attori che non sono esclusivamente a Mosca o a Washington. Al netto del vaso di Pandora costituito dai diritti umani, che restano l’ultimo residuo bellico dello scontro ideologico tra due mondi opposti, in questa nuova cold war di ideologico c’è poco. C’è invece un nucleo fortemente pragmatico fatto di zone d’influenza, di risorse energetiche, Nato e controllo delle armi. Quello che di certo sappiamo è che, al termine del vertice, non ci sarà nessuna conferenza stampa congiunta ma dichiarazioni separate ai giornalisti. E stando al Cremlino, la scelta viene dagli americani.
"Linciata perché di destra. Vi rivelo qual è la deriva che ci travolgerà..."
La Nazionale 'non inclusiva', Saman e il silenzio delle femministe, il ddl Zan, Letta e il “paternalismo dell’accoglienza”. Hoara Borselli mette in fila i paradossi del politicamente corretto e i punti di forza della destra in cui crede
Dichiaratamente di destra, attaccata, da sinistra, per le opinioni scomode. Nel mirino per il passato da showgirl, giudicato incompatibile con le attuali ambizioni giornalistiche. Hoara Borselli scomoda continua ad esserlo (scrive per il Secolo d’Italia ed è spesso presente come opinionista a Non è l’Arena e a Quarta Repubblica), dimostrando, anche a ilGiornale.it, di non temere i diktat del conformismo politicamente corretto. Perché la vera battaglia in favore delle donne è dimostrare che si può parlare di politica anche in minigonna.
L’Italia ha esordito agli Europei di calcio e ha vinto. Ma i francesi, ne ha scritto anche lei, ci contestano che non abbiamo giocatori di colore nella rosa. Si sta esagerando con il politicamente corretto?
“Non è che si stia esagerando si sta andando verso una deriva pericolosissima. Il politicamente corretto vuole riscrivere completamente i nostri usi e costumi, le nostre parole, il nostro modo di mangiare. Siamo al punto che addirittura la torta di mele viene definita razzista. Quello che mi preoccupa, ancora di più della deriva che stiamo prendendo, è la massa che ci va dietro. È un’onda che si autoalimenta e che ci vuole schiavi di un unico pensiero. Insomma, Orwell non è mai stato attuale come in questo periodo: abbiamo il neo-pensiero, la neo-lingua che ci impongono nuovi diktat da seguire. E questo è pericolosissimo”.
Diego Dalla Palma, l'orrore subito dal guru della moda: "Pestato dal mio fidanzato fino a farmi perdere i sensi"
Diego Dalla Palma ha confessato di essere stato picchiato dal suo compagno fino a perdere i sensi. L’uomo è stato immediatamente denunciato, ma si trova ancora in libertà. Il guru della moda si è messo a nudo svelando anche dettagli molto personali e delicati della sua vita. "Sono stato molto amato da alcune persone che non potevo amare. In generale, ho avuto tre storie d’amore molto importanti: una con una donna, Anna, le altre due con due uomini che non vogliono che faccia il loro nome. Non ci sentiamo più e questo per me è un vuoto enorme: perché non avere contatti? Allora quello di un tempo non era amore», confessa.
Il visagista ha ammesso di essere stato vittima di manipolazioni psicologiche. "C’è un uomo che mi ha picchiato quattro anni fa. Fu uno shock enorme, mi ha picchiato fino al punto di farmi perdere conoscenza. Quell’uomo è stato denunciato ma grazie alla legge se ne sta tranquillamente in giro per l’Italia. Non ho paura di rivederlo. Una sola cosa mi fa paura: lo stordimento, il non capire chi sono, il dipendere da altri. Se avessi delle avvisaglie in questo senso, farei una scelta precisa: andarmene", confessa.
Sul Ddl Zan si dice favorevole: "Sono assolutamente favorevole al DDL Zan. Ma gli omofobi, che sono dei perdenti alla ricerca disperata di dare un senso ai loro fallimenti esistenziali, continueranno ad esistere fino a quando non ci sarà una profonda rivoluzione culturale. Cosa penso di Platinette che è contraria a questa legge? L’ho trovato sorprendente, sono sincero", conclude.
Vaccini, troppo caos sui sieri anti-Covid: li facciamo ma non siamo cavie
È un frastuono di voci, la Babele delle parole, l’ordine disordinato: signori, vaccinatevi e qualcosa succederà. E’ vero, ci sono meno morti. Così come trova miracolata conferma la previsione del calo enorme dei contagi da Covid. Un anno fa dicevamo che andrà tutto bene, e grossomodo ce la stiamo cavando, visto che grazie a Dio e a chi si è battuto, con le riaperture si torna a respirare.
Ma è tutto così rassicurante? Evidentemente no se in giro monta di nuovo il timore popolare. La domanda “che succederà” torna ad essere la parola d’ordine. Il casino è straordinario ed è doveroso chiedersi se ci sia un’autorità degna di questo nome che spieghi finalmente la situazione. E tocca innanzitutto al ministro Roberto Speranza “illuminare” il popolo. Anziché farsi marchettare dal compagno Pierluigi Bersani, il titolare delle politiche della Salute ha il dovere di pronunciare parole di chiarezza. Lui e il Cts, perché non se ne può più delle “direttive” in perfetta contraddizione.
Nell’ordine, con le ovvie dimenticanze del caso. Sulle varianti che minano l’efficacia dei vaccini sappiamo solo che è proibito indicarle per nazionalità. Delta al posto di India e così via, ma la soluzione sul virus aggravato non ce la garantisce nessuno.
La tempistica tra una dose e l’altra è affidata alla cabala. Succede che in ospedale ti dicano torni i primi di luglio e che poi la tua regione ti scriva invece appuntamento a metà mese o più avanti senza che tu possa aver commesso chissà quale infrazione. Se poi ci sarà la terza punturina lo sanno lassù e quelli che decidono nelle case produttrici dei vaccini.
Per non parlare delle fasce d’età, qualche illustre scienziato tra poco ci spiegherà la bontà del vaccino inoculato via biberon per i nostri bimbi. No, non ci si capisce più nulla. Se pure uno come Vincenzo De Luca smonta la propria credibilità decisionista negando la miscela tra prima dose Astrazeneca e seconda a scelta tra Pfizer e Moderna salvo poi ripensarci, vuol dire che la musica è davvero stonata.
Euro 2020: Ungheria-Portogallo, il calcio batte il virus. Spalti pieni, festa e nessuno con la mascherina
Ha fatto impressione vedere Ungheria- Portogallo in diretta tv e sapere che non si trattava di immagini di archivio di chissà quanto tempo fa, ma proprio della diretta dagli europei in corso.
Alla Puskàs Arena di Budapest infatti per la prima volta in epoca coronavirus lo stadio era pieno in ogni posto (può tenere 66 mila spettatori) anche in una competizione internazionale come questa. Tifosi dell'una e dell'altra squadra con bandiere sventolanti e forse pure qualche fumogeno e petardo di troppo, ma soprattutto tutti privi di mascherine di protezione di qualsiasi genere che invece in Italia sarebbero obbligatorie anche all'aperto.
Una festa dei tifosi, anche se quelli ungheresi che ospitavano i portoghesi alla fine hanno potuto festeggiare ben poco, avendo subito un secco 3-0 con tutti e tre i goal segnati solo negli ultimi dieci minuti, quando è riapparso Cristiano Ronaldo che ha segnato una doppietta su rigore e su azione.
Cartabianca, fucilate di Massimo Giletti ai big di La7: chi mi ha deluso. Resa dei conti, in Rai...
A #cartabianca, l’approfondimento sull’attualità di Rai3, martedì 15 giugno, Massimo Giletti svela il suo futuro televisivo e fa nomi e cognomi di chi lo ha deluso: “Da Lilli Gruber, Corrado Formigli e Giovanni Floris zero solidarietà”.
Nel corso dell’ultima puntata di #cartabianca, Bianca Berlinguer ospita Massimo Giletti ed è inevitabile pensare che i corridoi di Viale Mazzini custodiscano per il giornalista i ricordi più importanti di una carriera iniziata quando aveva 28 anni. La conduttrice ha davanti a sé il pezzo pregiato del telemercato: “Ci sono troppe voci che ti riguardano. Ma partiamo dalla scorta, da quanto tempo vivi così per le minacce del mafioso Filippo Graviano?” e Giletti si leva il primo sassolino dalla scarpa: “Sono sotto scorta da un anno, la vita cambia perché la affidi ad altre persone. Non è tanto per me, io sono famoso, noto, ma ci sono tanti giornalisti, donne e uomini, che rischiano ogni giorno senza essere protetti. Il problema è perché chi si occupa di mafia deve finire sotto scorta? Sono solo e amareggiato. A chi mi riferisco? Soprattutto all’inizio mi aspettavo qualche segnale dai colleghi. Ma l’amarezza aiuta a temprarsi, nelle tempeste che affronti… anche un messaggio banale… da chi? Da Lilli Gruber, Floris, Formigli” e la Berlinguer: “In pratica da tutta LA7”.
Pipistrelli vivi e quel black-out prima del disastro. Inchiesta esplosiva: cos'è successo al laboratorio di Wuhan
Pipistrelli in gabbia nel laboratorio cinese di Wuhan, nutriti dai ricercatori con vermi. Un’indagine dei media australiani getta nuovi dubbi sul laboratorio della megalopoli cinese da dove è partita la pandemia, al centro di sospetti e inchieste.
Guardando le riprese del Wuhan Institute of Virology di cui è entrato in possesso il quotidiano The Australian, c’erano pipistrelli tenuti in gabbia nel laboratorio che è sotto i riflettori internazionali: le immagini smentiscono quanto affermato nel dicembre 2020 da uno degli esperti dell’Oms, lo zoologo Peter Daszak, che prima delle indagini a Wuhan scartava l’ipotesi di pipistrelli vivi nel laboratorio parlando di «teoria del complotto». Daszak ha poi ammesso nelle scorse settimane che durante la visita al Wuhan institute of Virology del team di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, non è stato chiesto agli scienziati cinesi se tenessero pipistrelli in laboratorio. «Ci sono molte cose che né lui, nè il team di esperti dell’Oms hanno chiesto quando sono andati a Wuhan», ha dichiarato la giornalista Sharri Markson, autrice della scoperta, ai microfoni di Sky News Australia.
Markson ha dedicato un libro alle sue indagini, «What really happened in Wuhan», di imminente pubblicazione. Il video dell’Accademia Cinese delle Scienze risale al 2017 ed è stato ripreso per l’apertura del laboratorio di livello 4 di bio-sicurezza, il più alto in assoluto.
Nel video compaiono le immagini dei pipistrelli in gabbia e di uno scienziato che ne nutre uno dandogli un verme. Al centro dei sospetti, secondo il quotidiano australiano, ci sarebbero poi un black-out verificatosi nell’edificio a ottobre 2019, e la scomparsa, il mese prima, di un database sui virus. La settimana scorsa, Markson aveva gettato nuovi dubbi sul laboratorio citando il caso di uno scienziato militare cinese, Zhou Yusen - morto nel maggio 2020 - che aveva depositato un brevetto per un vaccino contro il Covid-19 già a febbraio 2020, dato che retrodaterebbe la comparsa del virus.
Roma, Meloni contro il Pd: fanno il dibattito sulle primarie in un palazzo occupato. Con quale coraggio?
“A Roma, un palazzo occupato – sede di bivacco e di illegalità – diventa il luogo di confronto tra i candidati alle primarie del centrosinistra. Una vicenda sconcertante che lascia increduli. Mi chiedo con quale coraggio certe forze politiche – che si candidano a governare la Capitale d’Italia – possano erigere a simbolo chi non rispetta le regole e fa dell’illegalità la propria bandiera”. Lo scrive su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Un attacco che inaugura la prima vera polemica politica della campagna elettorale a Roma.
Il Pd tende la mano ai centri sociali, indignazione di Fratelli d’Italia
Diventa infatti un caso la scelta del Pd di fare un dibattito sulle primarie allo SpinTime di via di Santa Croce in Gerusalemme. Un’opzione che è anche una precisa scelta di campo, per ottenere l’appoggio dei centri sociali della Capitale al candidato sindaco dem. Un segnale a quel mondo “disobbediente”, una mano tesa che si tradurrà in politiche compiacenti verso le “okkupazioni”. Di qui il commento di Giorgia Meloni, cui fa eco Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera.
Giustizia, l'affondo di Gaia Tortora contro Sergio Mattarella: "Cossiga sguainava la spada", dal Colle un silenzio sospetto
Il dolce sorriso di Gaia Tortora è increspato da un furore biblico. Le cronache registrano l'ennesimo scanda lo sulla magistratura (stavolta i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro indagati per rifiuto d'atti d'ufficio per Eni Shell/Nigeria), la riforma della giustizia rischia di diventare materia plotiniana, logge segrete spuntano come funghi, complotti, arresti. Per chi come lei fa l'anchorwoman e il vicedirettore del TgLa7 e soprattutto porta le stigmate domestiche della malagiustizia è davvero troppo.
Cara Gaia. Non ti ho mai sentito così inferocita. Sei colpita dalla pioggia di arresti (Ilva, Taranto), scontri fra bande e avvisi di garanzia?
«La magistratura sta offrendo uno spettacolo intollerabile, terribile. Ancor più terribile è che non ci sia nessuno che alzi la voce. Qua siamo oltre la riforma del processo. L'altro giorno, addirittura, Palamara in tv lanciava messaggi a chissà chi facendo vedere il WhatsApp su Capristo, procuratore arrestato: "Le pressioni riguardavano solo le correnti nella magistratura. Non mi occupai delle nomine di Taranto ma quando Capristo si presentò per la mia corrente a Bari", come dire: non indagate a Taranto, guardate a Bari. Ma che roba è?».
Il segno dei tempi. La crisi del Csm, la procura di Brescia che indaga su Milano, quella di Taranto su Potenza, logge Ungheria come piovesse, pentiti come Amara che sparlano da Formigli e una settimana dopo vengono arrestati. Che succede?
«Niente, come al solito. Niente. Guarda, il caso De Pasquale su Eni è emblematico di una situazione di assuefazione alla malagiustizia. Tutti a parole condannano, poi nessuno fa niente e i magistrati rimangono alloro posto. E quelli che come me credono ancora nella giustizia si ritrovano invece a filosofeggiare sul "sorteggio" dei membri del Csm, sul "voto singolo trasferibile". Ma dài. E lagen te comune resta a guardare tra errori giudiziari, giustizia lenta, corruzione».
Da Carofiglio a Gassman, i radical chic pazzi per la patrimoniale. E chi disapprova non capisce nulla
Patrimoniale, i radical chic sono in pressing. Alessandro Gassman ieri. Gianrico Carofiglio oggi: entrambi sposano la “causa rossa” della patrimoniale rilanciata da Letta e subito cestinata dal premier Draghi. Ma il coro di pseudo buonisti non si arrende: e armati di argomentazioni propagandistiche e di perifrasi stucchevoli, l’attore e lo scrittore lanciano un amo al segretario del Pd. E alla sua anacronistica proposta. Guai a contraddirli perlatro: nei giorni scorsi, chi ci ha provato, almeno sui social, è finito nel mirino dell’ortodossia di sinistra. Quella ammantata dal pannicello caldo del buonismo d’accatto, e piegata al dogma del risentimento sociale. Un nome su tutti: Simona Ventura.
Da Carofiglio a Gassman tutti pazzi per la patrimoniale
La conduttrice, infatti, come riporta Il Giornale in un servizio delle scorse ore, al cinguettio del figlio d’arte che recita: «In momenti difficili, chi ha molto può – e secondo me dovrebbe – dare a chi è in maggiore difficoltà. Nel nostro Paese, chi è da anni in maggiore difficoltà sono i giovani. #patrimoniale», si limita a replicare: «Io invece credo che i giovani abbiano bisogno di opportunità da mordere, di sogni da realizzare, di ostacoli da superare. Basta assistenzialismo». Apriti cielo: scatta immediato il via all’insulto e all’invettiva. La vulcanica conduttrice sa difendersi da sé e lo fa: con grinta e a ragion veduta. Intanto, però, il dibattito infiamma i social.
Francesco Cecchin, “Una morte scomoda”: un libro di Federico Gennaccari. Incontro domani a Roma
“Una morte scomoda, l’omidio di Francesco”. E’ il nuovo libro di Federico Gennaccari che sarà presentato domani a Roma alle ore 17 proprio alla vigilia del 42esimo anniversario della sua uccisione nel Giardino a lui dedicato al centro di piazza Vescovio.
Incontro con Alemanno, Gasparri, Rampelli
Tra i tanti drammi degli Anni di piombo quello del diciassettenne Francesco Cecchin del maggio-giugno 1979, morto dopo 18 giorni di coma, è sempre stato segnato da un dubbio: caduto da un terrazzo alto 5 metri nel tentativo di sfuggire ai suoi aggressori? Oppure picchiato e gettato di sotto? Un interrogativo al quale fornisce una risposta definitiva il libro di Gennaccari (Fergen editore). ”Una morte scomoda: l’omicidio di Francesco” ripercorre nel dettaglio la vicenda attraverso documenti e testimonianze, giornali e atti giudiziari. Il libro rigoroso. Ne discuteranno coloro che erano i giovani dirigenti del Fronte della Gioventù di quegli anni, come l’ex sindaco Gianni Alemanno, il vice presidente del Senato Maurizio Gasparri e il vice-presidente della Camera, Fabio Rampelli; e quelli che sono stati i loro successori: il vice-segretario dell’Ugl Luca Malcotti e l’ex-vice presidente de Parlamento europeo Roberta Angelilli. Parteciperà all’incontro l’avvocato Giuseppe Valentino, legale della famiglia Cecchin durante il processo e oggi Presidente della Fondazione AN.
La Nato: i nemici sono Russia e Cina. Sergio Romano: la politica di Biden non fa comodo all’Europa
Nato, al termine del vertice di Bruxelles il comunicato che esce dal summit dell’Alleanza non lascia dubbi. E’ una dichiarazione di inimicizia a Cina e Russia sulla scia di quanto affermato da Joe Biden: “Abbiamo nuove sfide davanti a noi, la Russia e la Cina”.
Il summit Nato: difenderemo i nostri interessi
”La crescente influenza della Cina – recita il comunicato finale del summit Nato – e le sue politiche internazionali possono rappresentare sfide che dobbiamo affrontare insieme come Alleanza”. Gli alleati affermano inoltre che ”ci rapporteremo con la Cina nell’ottica di difendere gli interessi di sicurezza dell’Alleanza” perché ”la responsabilità più grande è difendere i nostri territori”.
Obiettivo Cina: poca trasparenza e politiche coercitive
”Le ambizioni dichiarate della Cina e il suo comportamento determinato rappresentano sfide all’ordine internazionale e ad ambiti importanti per la sicurezza dell’Alleanza. Temiamo che queste politiche coercitive siano in contrasto con i valori fondamentali sanciti dal Trattato di Washington”, prosegue il comunicato dove si esprime ”preoccupazione per la frequente mancanza di trasparenza e l’uso della disinformazione da parte della Cina”. E si chiede a Pechino di ”mantenere i suoi impegni internazionali e di agire in modo responsabile all’interno del sistema internazionale”.
Il Covid e il laboratorio a Wuhan: un video prova che c’erano pipistrelli vivi e smentisce l’Oms (video)
Origine del Covid e laboratorio di Wuhan: un video rilancia il binomio provando a suon di immagini che lì c’erano pipistrelli vivi. Un dossier filmato che smentisce il report dell’Oms, con conseguente imbarazzo dell’Organizzazione… Dunque, c’è un video che mette in crisi l’Organizzazione mondiale di sanità e rinfocola, argomentandole, le teorie fin qui definite spregiativamente “complottistiche”. Quelle che, per intenderci, localizzano l’origine del virus nel laboratorio di Wuhan. Quelle, insomma, sempre sostenute per esempio dall’ex presidente americano Donald Trump. E che il suo successore John Biden, ha denigrato fino a qualche settimana fa, salvo poi ricredersi illuminato sulla “via di Damasco” da nuovi dossier e nuove convenienze geo-politiche…
Origine del Covid e laboratorio di Wuhan: un video rilancia il binomio
Ma tant’è: il video in oggetto, pubblicato in esclusiva da Sky News Australia e dal quotidiano The Australian, sta infiammando il dibattito sull’origine del Covid. Scarnificando rassicurazioni e alimentando nuove certezza a suon di immagini e di commenti che le corredano (in basso, un servizio della Bbc da Youtube che rilancia notizia e video). Già, perché sequenze e frame contenute in quel video confermano una volta per tutte che l’Istituto di virologia di Wuhan, in Cina, aveva pipistrelli vivi in gabbia. E dunque rafforzano la teoria secondo cui il virus sarebbe perciò sfuggito al laboratorio. Un’ ipotesi, come noto, che le autorità cinesi hanno smentito a più riprese, urlando al complotto internazionale e, al tempo stesso però, negando spirito di collaborazione. Completezza. E attendibilità di argomentazioni e documentazione richieste nel corso delle varie indagini fin qui svolte.
"Le faccio schizzare fuori il cervello": minacce choc alla figlia di Salvini
Parole cariche d'odio contro una bambina di 8 anni, solo perché è la figlia di Matteo Salvini: la denuncia del leader della Lega e la sua rabbia
I social sono uno strumento di comunicazione straordinario ma troppo spesso tra le loro pieghe si nasconde e prolifera l'odio, che sarebbe sbagliato considerare solo nella sua sfera virtuale. Sui social l'odio fomenta e il suo seme si diffonde, arrivando fino al mondo reale. Le minacce di morte scritte sui social dai leoni da tastiera, nascosti dietro uno schermo e dietro nomi di fantasia sono reali, così come lo sono gli insulti e le offese che, in molti casi, hanno portato alla morte soggetti fragili incapaci di reagire e di farsi scivolare addosso la cattiveria umana. Non è questo il caso di Matteo Salvini, che quotidianamente riceve decine di minacce anche se nei confronti del leader della Lega non si leggono attestati di solidarietà. A far maggior ribrezzo, però, è che a essere presa di mira è anche la figlia di Matteo Salvini, di soli 8 anni, come ha dimostrato il padre con un post social che, però, non ha ricevuto nessun tipo di solidarietà dal mondo politico.
"Verificato Il profilo di questo anonimo 'signore' è ancora attivo, dopo mesi dalla denuncia di queste minacce deliranti e vomitevoli contro una bimba di 8 anni, e la 'giustizia' italiana non ha ancora fatto e ottenuto nulla", ha denunciato Matteo Salvini su Twitter, mostrando alcuni dei messaggi pubblicati su Instagram nei confronti di sua figlia. Insulti e minacce come "le faccio schizzare fuori il cervello", "spero che un giorno sua figlia crepi", che vanno a colpire una bambina di 8 anni la cui unica "colpa" è quella di essere la figlia di Matteo Salvini. Tutto è nato da un post insieme a sua figlia, in cui Salvini chiedeva: "Quanto è bella la mia principessa?". Il leader della Lega ha già denunciato questo abuso nell'utilizzo, che lo stesso Instagram prevede tra le cause di sospensione del profilo dietro segnalazione, eppure quel profilo continua a essere attivo e a pubblicare cattiverie e oscenità nei confronti della minore.
Casaleggio, schiaffo a Conte: "Governo e Figliuolo egregi"
Il capo di Rousseau elogia il nuovo esecutivo e attacca il suo ex partito: "Trattativa economica sui due mandati"
Egregio, efficace, bene, bravo e bis. Ecco il generale Francesco Paolo Figliuolo secondo Davide Casaleggio. Un elogio subitaneo, inaspettato, della gestione della pandemia da parte del governo di Mario Draghi. Parole che arrivano proprio nel giorno in cui Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, vicino al M5s, chiede le dimissioni del «generalissimo» Figliuolo causa abuso di open day di Astrazeneca con vaccinazioni riservate ai giovanissimi.
Invitato alla trasmissione «L'ospite» di Sky Tg24, Casaleggio spende parole al miele per Draghi e il commissario che ha sostituito Domenico Arcuri. «Penso che il governo abbia gestito il tema della pandemia in modo egregio», spiega Casaleggio. Che aggiunge: «Sono molto soddisfatto dell'attività del generale Figliuolo. Penso sia stato molto efficace nel gestire tutta la parte della vaccinazione». Per chi non crede alle coincidenze, le dichiarazioni del patron di Rousseau sono a tutti gli effetti un siluro lanciato contro gli ex amici del Fatto. Proprio Travaglio ieri nel suo editoriale ha chiesto le dimissioni del generale Figliuolo. Accusato di «annuncite e ansia da prestazione», considerato l'architetto di quella che il direttore chiama «la follia» delle vaccinazioni con Astrazeneca riservate ai giovani. Nel M5s il riposizionamento di Casaleggio in ottica filo-governativa è visto come un tentativo di smarcarsi dalla tentazione del neo-leader Giuseppe Conte, che vorrebbe provare a buttare giù Draghi per andare al voto nel 2022. E le frasi del guru vengono interpretate anche come una presa di distanza da Alessandro Di Battista, collocatosi all'opposizione dura del governo. La posizione di Casaleggio è distante pure da quella degli espulsi, Nicola Morra e Barbara Lezzi in testa, che attaccano Draghi ogni due per tre.
Berlusconi: "Al governo per tagliare le tasse, poi la flat tax"
Il leader di Forza Italia mette le cose in chiaro: "La riforma fiscale è uno degli obbiettivi per cui sosteniamo Draghi". E avverte subito la sinistra: "No assoluto alla patrimoniale"
Il sostegno al governo Draghi deriva anche dalla necessità di partorire una seria e concreta riforma fiscale. Lo ha dichiarato senza girarci attorno Silvio Berlusconi, che in una lettera a ilGiornale (che verrà pubblicata domani in edicola) ha precisato come la partecipazione di Forza Italia all'esecutivo abbia una motivazione ben precisa: "La riforma fiscale è uno degli obbiettivi con i quali partecipiamo al governo Draghi". Il Cav ha posto fortemente l'attenzione su un utilizzo cauto delle risorse economiche del Recovery Fund e su riforme essenziali come quelle della pubblica amministrazione e della giustizia, considerate condizioni imprescindibili affinché "le aziende possano tornare a fare utili e a creare occupazione e le famiglie possano riprendere a consumare e a risparmiare".
"Ora tagliamo le tasse"
Il leader del partito azzurro ha chiaramente detto che l'intento principale resta quello di provvedere a "un robusto taglio delle imposte", mentre la flat tax resta un traguardo da raggiungere in futuro con il "governo di centrodestra". Non a caso i forzisti hanno elaborato un proposta di riforma fiscale "realisticamente praticabile con il governo in carica". La proposta si fonda su una no tax area per i primi 12mila euro di reddito e solo tre aliquote, "molto più basse (non oltre il 23%) per i successivi scaglioni di reddito successivi, che abbiamo rivisto e razionalizzato".
Trieste istituisce l’altra Festa della liberazione: quella dal comunismo. La data è il 12 giugno
Trieste, via libera in giunta alla delibera che istituisce la data del 12 giugno come solenne ricorrenza della città con la denominazione di “Giornata della Liberazione della Città di Trieste dall’occupazione jugoslava”. La giornata di festa, proposta dal sindaco Roberto Dipiazza, intende commemorare il 12 giugno del 1945. In quella giornata le truppe del IX Korpus del cosiddetto Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia (EPJ), che il 1° maggio avevano occupato Trieste proclamandone l’annessione alla Jugoslavia comunista, si ritirarono in seguito agli accordi col generale Alexander.
La feroce occupazione jugoslava
Nella delibera si cita anche la motivazione della concessione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Città di Trieste che, si ricorda, a causa della “durissima occupazione straniera subiva con fierezza il martirio delle stragi e delle foibe non rinunciando a manifestare attivamente il suo attaccamento alla Patria…”.
Le espressioni di Monsignore Santin, Vescovo di Trieste e Capodistria descrivono l’atmosfera che si respirava in città: “Vivissimo era l’allarme e lo spavento invadeva tutti… In città dominava la violenza contro tutto ciò che era italiano. Tutti i giorni dimostrazioni di Sloveni convogliati in città, bandiere jugoslave e rosse imposte alle finestre. Centinaia e centinaia d’inermi cittadini, Guardie di Finanza e Funzionari civili, prelevati solo perché Italiani, furono precipitati nelle foibe di Basovizza e Opicina. Legati con filo spinato, venivano collocati sull’orlo della foiba e poi uccisi con scariche di mitragliatrice e precipitati nel fondo. Vi fu qualcuno che, colpito, cadde sui corpi giacenti sul fondo e poi, ripresi i sensi per la frescura dell’ambiente, riuscì lentamente di notte ad arrampicarsi aggrappandosi alle sporgenze e ad uscirne. Uno di questi venne a Trieste da me e mi narrò questa sua tragica avventura”.
"Zero casi in 50 giorni". Le cantonate dei super esperti di Speranza
Nei verbali della task force il modello predittivo di Nino Cartabellotta della Gimbe. Le perplessità di Rezza
È il 20 febbraio 2020. Il giorno zero. A Codogno Mattia Maestri, il paziente 1, risulta positivo al Covid. Mentre l’Italia è ancora ignara dello tsunami che sta per travolgerla, in Viale Lungotevere Ripa 1 si riunisce la task force di super esperti voluta dal ministro Roberto Speranza. All’ordine del giorno c’è la presentazione di un report predittivo dell’andamento della curva dei contagi. Roba importante, vista la tensione del momento. E a presentarlo con tanto di "slides" e dati statistici è Nino Cartabellotta, nome noto per le comparsate televisive e presidente di Gimbe, la Fondazione bolognese che sforna l’'oracolo' settimanale sul virus tenuto in grande considerazione da media e politica.
La circostanza emerge dai verbali desecretati della task force, che oltre a dimostrare l’ampio credito di cui Cartabellotta godeva sin dagli albori dell’epidemia nei piani alti del ministero, lasciano una questione ancora da chiarire. Nel giorno in cui in Italia la situazione si fa critica, con il Covid che galoppa e i dispositivi di protezione indispensabili per arginare il contagio che non ci sono (i pochi disponibili li abbiamo spediti in Cina cinque giorni prima), ci si aspetterebbe che Speranza si avvalga delle migliori competenze in campo per elaborare scenari e strategie di prevenzione di un’eventuale crisi pandemica. E invece pare che il ministro si sia affidato alle capacità predittive di un gastroenterologo.
Un G7 pro Biden: il documento finale del summit
Il G7 si conclude con un comunicato finale in cui sembrano chiari gli obiettivi, molto meno gli strumenti con cui essi devono essere raggiunti. È tipico della maggior parte dei documenti che concludono summit internazionali di questa portata: difficilmente un incontro internazionale con leader di diverse vedute e con paesi così differenti tra loro può terminare con un’agenda precisa e dettagliata. Mancano tempistiche certe, mancano linee sul raggiungimento di alcuni obiettivi di politica internazionale e per la risoluzione delle crisi. E anche sulle questioni più “globali”, come il cambiamento climatico e la transizione ecologica, non appare esserci una presa di posizione netta su cosa debba essere messo in atto e in quanto tempo.
Tuttavia, quello che si evince da questo summit è che l’idea di Joe Biden di mettere mano ai dossier internazionali blindando l’Occidente dalle sirene orientali sembra avere avuto un seguito. Quantomeno nei principi. E soprattutto rinnegando Donald Trump. Il documento, infatti, è costruito sull’idea che i democratici americani hanno del mondo. E al netto delle divergenze sulle azioni concrete da mettere in campo per compiere quanto proposto nel consesso, è chiaro che rispetto agli incontri dell’era Trump sia cambiato qualcosa. Quel senso di destino manifesto tipico della strategia Usa a guida dem è piombato di nuovo come un macigno sulla politica internazionale. Ed è la stessa logica evidenziata da Biden nel suo editoriale sul Washington Post prima del tour europeo, in cui non ha nascosto il desiderio che si tornasse a guardare all’America non solo come alleata, ma anche come potenza leader dell’Occidente. Un blocco composto dalle “democrazie”, questo il concetto espresso in modo più deciso da Biden, contro le potenze autocratiche e i regimi di tutto il mondo.
La svolta di Trieste: il ricordo solenne della fine dell'occupazione rossa
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i titini occuparono Trieste. Un incubo durato 40 giorni, culminato nelle foibe
A Trieste la definitiva liberazione dagli orrori della Seconda guerra mondiale non è arrivata il 25 aprile, ma il 12 giugno 1945 dopo 40 giorni di occupazione del capoluogo giuliano delle truppe di Tito. E adesso questa data è diventata ricorrenza ufficiale grazie ad una proposta del sindaco Roberto Dipiazza. Il 12 giugno Trieste ricorderà solennemente “la giornata della liberazione della città dall’occupazione yugoslava”. Berlino celebra la caduta del muro, ma il capoluogo giuliano è la prima città dell’allora mondo libero che celebrerà la fine, per fortuna breve, di un’occupazione comunista. Nella delibera approvata il 26 maggio si legge che “il 12 giugno, con l’uscita di scena delle truppe jugoslave e della loro polizia politica (Ozna) cessarono anche quegli arresti e quelle deportazioni funzionali al piano di preventiva bonifica del territorio messo in atto per rendere in maniera definitiva Trieste parte integrante della Jugoslavia comunista e il cui risultato furono migliaia di morti e scomparsi in tutto il territorio giuliano”.
Il primo maggio del 1945 i partigiani del IX Corpus titino entravano a Trieste proclamandone l’annessione. I famigerati 40 giorni furono contrassegnati da arresti arbitrari e sparizioni non solo di sospetti fascisti, ma anche di italiani che non avevano fatto del male a una mosca e membri della resistenza non allineati con i nuovi padroni comunisti. I prelevati e deportati non tornarono più a casa inghiottiti nelle foibe. Non a caso la delibera approvata dalla giunta comunale ricorda “che la terribile occupazione jugoslava, proprio a causa del suo carattere violento venne citata anche nella motivazione della concessione della medaglia d’oro al Valor militare della città di Trieste, nel seguente significativo passaggio: “Sottoposta a durissima occupazione straniera subiva con fierezza il martirio delle stragi e delle foibe non rinunciando a manifestare attivamente il suo attaccamento alla Patria”. Dopo il 12 giugno arriveranno in città gli alleati, che con il generale Harold Alexander avevano convinto Tito a ritirare le sue truppe.
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