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Da Ventimiglia a Lampedusa, i primi cittadini Pd hanno archiviato l'utopia del buonismo. Fino a ieri erano voci sparute, silenziate o passate in sordina. Ora però stanno diventando un coro più rumoroso: è quello dei sindaci del Pd, in prima linea nell'affrontare l'emergenza immigrazione e nel sedare le proteste dei cittadini per l'arrivo di nuovi profughi. 

 

Insomma, il mantra dell'accoglienza traballa anche a sinistra. Basti considerare il fallimento dello Sprar, il piano di ridistribuzione dei profughi voluto dal Viminale: nel 2017 solo un Comune su otto ha aderito. E il diniego è arrivato in larga misura nelle «regioni rosse», in fondo alla classifica dell'accoglienza. Ma non è solo questo il punto. «Per trasformare immigrati in nuovi cittadini non basta la buona volontà - ha tuonato il responsabile immigrazione Anci nonché sindaco dem di Prato Matteo Biffoni - servono mediatori culturali, corsi, ci vogliono risorse, non solo per l'integrazione dei migranti ma anche per gli altri cittadini. Altrimenti la reazione di rigetto è dietro l'angolo».

Anche il sindaco di Macerata, Romano Carancini, è stato chiaro: «Per chi esce dai programmi d'accoglienza devono essere trovati luoghi sicuri in cui attendere la decisione definitiva, mentre gli irregolari devono essere riaccompagnati alle loro terre». La verità è che coniugare legalità, accoglienza e consenso è un compito arduo. E sono in tanti nel Pd ad averlo capito. Come il sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano, che in novembre denunciava: «Il flusso migratorio è cambiato. Ora abbiamo a che fare con pericolosi delinquenti, non più con gente che versa in stato di bisogno. Per quelli non esiste alcun tipo di accoglienza che il Comune debba garantire». Ad Ascoli Piceno, Alessandro Luciani scese in piazza per protestare contro l'arrivo di altri richiedenti asilo. Il mantra delle porte aperte è stato smontato anche dal sindaco dell'isola simbolo dell'ospitalità, Lampedusa.

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dall'articolo di   per ilgiornale.it