jean claude juncker un alcolista solo al comando della commissione europeaIl vizietto. Jean Claude Juncker, un alcolista solo al comando della Commissione europea. Un generale duro e determinato contro un generale ubriaco: voi da che parte del fronte vorreste stare? Alla guerra commerciale con gli Stati Uniti, la Ue è guidata da quello con la bottiglia in mano. Jean-Claude Juncker, lussemburghese e presidente della Commissione europea, tanto a suo agio con il Château Mouton Rothschild quanto inadatto ai tempi duri che stiamo vivendo (noi, non lui), è l’uomo che il destino ha assegnato al vecchio continente per tenere testa al tostissimo Donald Trump.  Chi ancora non lo conosce bene e ha 3 minuti e 16 secondi da perdere può farsi un’idea del personaggio ammirandolo su Youtube, in una delle sue performance ufficiali. Il video risale al maggio del 2015 ed è intitolato «Juncker, drunk during the European Summit in Riga» (Juncker sbronzo durante il vertice europeo di Riga): si vede il presidente della Commissione, barcollante, che ride elargendo manate in faccia e bacini in fonte ai capi di Stato, mentre chi gli è accanto, imbarazzato, finge di trovare la cosa divertente. Non era la prima volta.

L’ultima performance l’ha regalata in Vaticano il 24 marzo: papa Francesco parla ai capi di Stato e ai vertici dell’Unione e dice cose non banali, ad esempio che senza il cristianesimo «i valori occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano per lo più incomprensibili». Tutti provano interesse, o almeno riescono a fingerlo. Tranne uno: tra Federica Mogherini e Antonio Tajani, Juncker è colpito da quello che assomiglia a un sonno post sbronza. Un ritratto fedele della Ue, se non altro.

Che l’uomo incaricato di rappresentare 27 Paesi e 450 milioni di europei alzi il gomito è il segreto peggio custodito del continente, ma nessuno lo dice a voce alta e così la nave guidata dall’allegro timoniere, con noialtri a bordo, si affida alla fortuna (il Dio di Abramo è stato espulso dai trattati europei) per sopravvivere al terrorismo islamico e avere un futuro dopo l’addio del Regno Unito e l’arrivo di Trump.

Finché gli si chiedeva di galleggiare, Juncker poteva anche andare bene. Fu scelto proprio per questo, nel 2014. La sua passione per l’enologia applicata era già nota, i giornali inglesi avevano scritto che aveva l’abitudine di bere cognac a colazione e che gli stessi capi di governo, nei loro colloqui riservati, si erano posti il problema. Ma la spuntò lo stesso perché, pur essendo stato candidato dal partito popolare europeo, aveva un profilo basso quanto basta per prendere anche i voti dei socialisti, con i quali non si fece problemi a spartire le poltrone (vedi la politica estera dell’Unione affidata alla Mogherini).

Il fatto che fosse espressione di un Paese con appena mezzo milione di abitanti contribuiva alla sua fama di personaggio innocuo. Restò al suo posto anche quando, appena insediato, saltarono fuori le carte in cui si dimostrava che il Lussemburgo, negli anni in cui lui era stato primo ministro, aveva aiutato le multinazionali a eludere il fisco comunitario: per scandalizzare personaggi come Angela Merkel e François Hollande ci vuole altro.

Il tempo in cui ci si poteva permettere il galleggiamento, se mai c’è stato, è finito però nel modo più brusco il 9 novembre del 2016, con la vittoria di Trump. Il nuovo presidente degli Stati Uniti non segue le logiche del suo predecessore Barack Obama, assai più simile ai leader europei che non a lui. Trump ha subito tirato fuori il dossier sul veto Ue alle carni americane, che giaceva chiuso nei cassetti dal 2009, e ha chiesto conto agli alleati della mancata partecipazione alle spese militari della Nato, per la quale Obama ogni tanto si lamentava, ma senza spaventare nessuno.

Trump invece spaventa, eccome. Al grido di «America First», l’America prima di tutto, ieri il segretario al Commercio statunitense, Wilbur Ross, ha detto che «siamo in guerra commerciale da decenni. La sola differenza è che ora le nostre truppe sono finalmente passate all’attacco». Si riferisce alla Cina, ma anche all’Unione europea, sulla quale stanno per piovere dazi che promettono di far male anche ai vini italiani e alle nostre industrie manifatturiere.

Un’America che nessuno si aspettava così agguerrita, un presidente intenzionato a non fare passare nemmeno un giorno senza avere dato una picconata al vecchio ordine nel quale l’Unione e gli Stati europei si erano addormentati tranquilli e su cui Juncker, bicchiere di champagne in mano, ha costruito la propria ascesa. Non era l’uomo giusto per certe sfide prima, a maggior ragione non è l’uomo adatto a guidare l’Europa adesso, che le guerre politiche e commerciali sono venute a cercarci.

Articolo di Fausto Carioti  per liberoquotidiano.it

Commenti   

0 #1 LegamiOscuri 2017-04-02 16:54
.... guardate come si è ridotto lui ?????? GUARDATE INVECE COME CI HA RIDOTTO A NOI, SUL LASTRICO, GRAZIE SIA LUI CHEA I SUOI AMICI COME QUELLI DEL P.D......
Citazione

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna