capture 112 08122020 144759È tutta questione di… ritorno alle origini.

Partiamo dalla lettura di queste considerazioni.

Il tema è senza dubbio antico e contemporaneo, come è antico e contemporaneo l’Uomo. Sì, in effetti stiamo parlando di persone, con i loro affetti, desideri, passioni, sogni, professioni e mondi interiori. In questo, tutti siamo uguali, indipendentemente dalle nostre preferenze sessuali, siano esse prevalenti oppure esclusive, come ci insegna la sessuologia contemporanea.

Sappiamo anche quale ruolo normativo ha svolto il Vecchio Testamento per il Popolo di Israele, come del tormento che San Paolo ha vissuto nel corso della sua vita con la dimensione carnale della sua personalità.

E sappiamo anche, quantomeno coloro che credono nel Cristo, che siamo tutti figli del Padre, mentre non conosciamo il mistero profondo della nostra funzione esistenziale nell’ambito di questo rapporto. Voglio dire che il nostro essere figli dipende da una creazione della quale siamo inconsapevolmente partecipi, almeno nel suo significato profondo, ma possiamo esercitare il nostro libero arbitrio solo all’interno dei luoghi in cui le nostre scelte sono possibili.

 

Bene, sulla base di questi presupposti, personalmente ritengo che la dimensione affettiva, che spesso confondiamo per prurigine con quella sessuale, faccia parte di un mistero stabilito sin dalla creazione, al quale possiamo solo adeguare la nostra volontà. Certo, questo adattamento volitivo al mistero della nostra affettività può essere gestito, proprio per libera e consapevole scelta, all’interno di un equilibrato atteggiamento relazionale. In altre parole, possiamo spesso scegliere il modo con cui amare, ma non certo in assoluto chi amare (e non mi riferisco alle patologie mentali conclamate, come la pedofilia e l’incesto).

Ecco perché, rispetto a questo tema, mi sento di essere moderatamente progressista, perché la salvezza avverrà per le opere, in nome di una caritas e di una pietas che si esprimono nei comportamenti verso tutta l’umanità. La frase di Papa Francesco “Chi sono io per giudicare“, diventata famosa, penso debba essere intesa nel modo in cui ho cercato di spiegare qui.Nonostante le strumentalizzazioni legate al potere temporale tanto caro a molti cardinali oltre Tevere, penso che saremo giudicati molto più per le nostre intenzioni, che per le nostre reali azioni.

 

Solo in questo modo, secondo me, acquista significato e importanza il concetto di misericordia, ossia la capacità di trattenere nel nostro cuore la miseria del cuore di tutti.

Ed ognuno di noi è misero.

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