giovani italiani allestero 2Non c'è da stupirsi se i migliori laureati italiani, comunque quelli che hanno imparato abbastanza bene almeno la lingua inglese, che non siano figli di politici e loro affiliati, cerchino sempre di più un impiego all'estero. Vanno dove ci sono le grandi imprese, dove c'è un'organizzazione societaria capace di assorbire una grande quantità di professionalità d'alto livello. Perché i giovani italiani, soprattutto laureati, preferiscono in sempre maggior numero cercar fortuna all'estero?

Non è soltanto questione di prodotto interno lordo che cresce troppo poco per produrre sufficienti posti di lavoro. C'è anche una ragione più tecnica: il sistema produttivo italiano, basato sulla piccola e media impresa, non è adatto ad assorbire forza lavoro particolarmente qualificata.

In altre parole, che se ne fa il Sciur Brambilla di laureati con una specializzazione e un master magari preso negli Stati Uniti o in Gran Bretagna o in altre prestigiose università estere?

giovani italiani allesteroAd assorbire i laureati, soprattutto se altamente qualificati, dovrebbero essere le grandi imprese. Ma proprio questo è il punto: in Italia il perimetro delle grandi corporate tende da vari anni a ridursi. Dopo il venir meno delle partecipazioni statali con la privatizzazione a partire dagli anni Novanta, piano piano molte imprese sono passate di mano a proprietari stranieri, che hanno portato altrove la loro "testa". Negli anni più recenti ci si è messo anche il sistema bancario a contrarsi per via di una crisi economica epocale.

Morale della favola: ormai ci sono pochissime grandi imprese, molte delle quali - come Eni, Enel, Poste - sono ancora legate allo Stato. Sempre legate al settore pubblico ci sono le utilities locali e le tante partecipate comunali e regionali. Pochissime le medio-grandi e grandi società private: la Fiat, per esempio, ha delocalizzato molto e molti dei suoi investimenti finiscono ormai all'estero.

Nei posti di lavoro delle imprese a partecipazione pubblica e nel groviglio delle società locali non è facile per un giovane farsi strada. Perché per tutto il ceto politico che occupa centinaia di posti di sottogoverno la priorità è sistemare i propri figli e nipoti. Abbiamo visto che anche le banche, soprattutto quelle a forte valenza locale, sono state spesso usate dai politici per raggiungere i loro fini; indubitabile che anche qui i politici abbiano avuto una corsia preferenziale per sistemare i loro discendenti e i figli degli amici.

In conclusione: 1) il perimetro delle grandi imprese a guida italiana continua a restringersi da anni (si pensi soltanto a Bnl, Parmalat e Pioneer, passate tutte ai francesi, ma anche ad Ariston, Zanussi, Italcementi, Valentino, Bulgari, Fendi); 2) l'attività delle banche si è ridotta per via della crisi e ora si pensa soltanto a mandar via personale in eccesso; 3) le imprese dove è forte la presenza dello Stato o degli enti locali sono una riserva "naturale" per i figli dei politici; 4) nella pubblica amministrazione da anni si entra soltanto con contratti a termine, laddove i concorsi sono pochissimi.

Quindi non c'è da stupirsi se i migliori laureati italiani, comunque quelli che hanno imparato abbastanza bene almeno la lingua inglese, che non siano figli di politici e loro affiliati, cerchino sempre di più un impiego all'estero. Vanno dove ci sono le grandi imprese, dove c'è un'organizzazione societaria capace di assorbire una grande quantità di professionalità d'alto livello.

di Adriano Bonafede  per huffingtonpost.it 

 

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