capture 322 12012021 164948Dall’Indonesia al Bangladesh, dall’India alle Filippine passando per il Pakistan, probabilmente l’epicentro del rinnovato, pericoloso fenomeno che stiamo per raccontare. L’estremismo islamico minaccia l’Asia, lo fa da vicino e rischia di far saltare in aria equilibri polito-sociali fragilissimi. Sia chiaro, non stiamo parlando di una nuova tendenza, quanto piuttosto di un ritorno di fiamma agevolato da diversi fattori. L’elenco sarebbe piuttosto lungo ma, per ragioni di tempo, ci limitiamo a citare i principali: la crisi economica, aggravata dalla pandemia di Covid, la presenza di sistemi politici corrotti e inefficienti, e la storica frammentazione presente in alcuni Paesi che cova sotto le ceneri di un’apparente stabilità.

A rimetterci, oltre ai governi in carica, le minoranze religiose presenti nel continente asiatico, tra cui quella cristiana, sempre più spesso nell’occhio del ciclone. Cerchiamo di fare il punto della situazione, analizzando le aree più critiche. Le cronache hanno fatto emergere un Pakistan a tinte fosche per i pochissimi cristiani che vivono a Islamabad e dintorni. Si parla di qualcosa come circa l’1,5% di una popolazione formata da 210 milioni di abitanti, tutti di fede musulmana. Qui, tra rapimenti di giovani donne cristiane, conversioni forzate, soprusi, stupri e rapimenti, la situazione per i cristiani è sempre più invivibile. Poco distante, in India, la situazione è leggermente migliore ma i rischi sono comunque elevati; anche perché la minoranza cristiana non deve solo fare i conti con i fanatici islamici ma anche (e soprattutto) con gli indù ultra nazionalisti.

Un serbatoio pericoloso

In Asia, il jihadismo salafita è riuscito a penetrare nei vuoti lasciati da esecutivi a dir poco traballanti e scricchiolanti. È così che sono apparse (o, talvolta, tornate dall’ombra) vecchie e nuove correnti legate ad al Qaeda e all’Isis. C’è un dato da considerare con estrema attenzione: alle spalle di Medio Oriente e Africa settentrionale, la regione più colpita al mondo dal terrorismo jihadista è quella asiatica. L’Asia balza tuttavia in cima al podio se consideriamo l’intera area pacifica. Prendiamo le Filippine, dilaniate dalla piaga islamica nella loro parte meridionale, ma anche Thailandia, Malesia, Bangladesh o Sri Lanka: il copione non cambia e l’ombra dei terroristi islamici è sempre più grande.

Per sostenere i cristiani che soffrono potete donare tramite Iban, inserendo questi dati:

Beneficiario: Aiuto alla Chiesa che Soffre ONLUS
Causale: ILGIORNALE PER I CRISTIANI CHE SOFFRONO
IBAN: IT23H0306909606100000077352
BIC/SWIFT: BCITITMM

Oppure tramite pagamento online a questo link

La globalizzazione ha dato nuova verve a estremismi che si sono ben saldati a istanze indipendentiste e politiche. Di conseguenza, ci sono interi territori presto divenuti veri e propri serbatoi di terrorismo (basti pensare all’Afghanistan, allo stesso Pakistan o alle Filippine meridionali). I movimenti islamici più estremi presenti in Africa e Medio Oriente, grazie a narrazioni grondanti di rivendicazione e promesse di rinascita, riescono ad attirare moltissimi giovani asiatici, spesso poveri, non istruiti e disoccupati.

Il caso delle Filippine

Abbiamo più volte citato le Filippine. Stiamo parlando dello Stato con il numero più alto di cattolici dell’intero continente asiatico, che pure ospita una delle più ostiche minoranze islamiche esistenti in Oriente. La zona rossa è situata a cavallo tra Mindanao, un’isoletta collocata nella parte meridionale del Paese famosa per essere stata il “trampolino di lancio” del presidente filippino Rodrigo Duterte (è stato sindaco del capoluogo Mindanao), e Marawi, una città collocata all’interno della stessa regione di Mindanao. Il problema islamico, presente da decenni, si è aggravato nel 2014, quando prendono vita gruppi jihadisti salafiti come Abu Sayyaf, Ansar al Khilafa e Bangsamoro freedom fighters; in un primo momento, sono tutti affiliati ad al Qaeda, quindi sposano la causa dell’Isis.

Impossibile, procedendo nella narrazione, non ricordare la famigerata “battaglia di Marawi“: in seguito all’attacco sferrato nel maggio 2017 da una coalizione jihadista all’indirizzo di Marawi, una cittadina di 175mila abitanti occupata dai terroristi, le forze di sicurezza del governo filippino hanno reagito con il pugno durissimo. Dopo cinque mesi la città, nel frattempo essa a ferro e fuoco, è stata liberata dai fanatici islamici. In quell’occasione, i jihadisti bruciarono la cattedrale di Santa Maria, la scuola Ninoy Aquino e il Dansalan College, entrambi gestiti dalla Chiesa unita di Cristo nelle Filippine (Uccp) e presero in ostaggio preti e fedeli.

Il “nuovo terrorismo” che minaccia l’Occidente

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Il terrorismo islamista continuerà ad essere in cima all’elenco delle principali minacce per i servizi segreti del blocco occidentale, ma la sua rilevanza è destinata a venire meno per via della progressiva secolarizzazione (e integrazione) delle diaspore musulmane e dell’arrivo al capolinea del wahhabismola cui natura sta venendo riformata dagli stati-sponsor e la cui esportazione globale sta rallentando.

L’ideologia dell’odio più mortifera del 21esimo secolo continuerà a mietere vittime, a radicalizzare persone in ogni angolo del pianeta, ma la sua pericolosità scemerà inevitabilmente negli anni a venire a causa dei fattori suscritti. Il jihadismo, in ogni sua forma e aspetto, verrà gradualmente sostituito da altri tipi di terrorismo, meno organizzati, autofinanziati e assenti di corpo ideologico, ma non per questo meno letali. Gli accadimenti che hanno avuto luogo in Francia e Stati Uniti nell’ultimo mese del 2020 potrebbero essere interpretati come dei presagi di ciò che attende l’Occidente oltre l’orizzonte.

La strage di Saint-Just e l’attentato di Nashville

Saint-Just, dipartimento di Puy-de-Dome (Francia), mezzanotte del 23 dicembre. Una pattuglia della Gendarmeria Nazionale risponde ad una chiamata di aiuto. È un caso di violenza domestica, perciò risolvibile, almeno in linea teorica, attraverso un lavoro di negoziazione e dialogo con le parti in conflitto. All’arrivo sulla scena, però, i gendarmi vengono assaliti da un uomo pesantemente armatoFrédérik Limol, ex militare di 48 anni. Il conflitto a fuoco termina con il decesso di tre agenti e il ferimento di un quarto. Limol, dopo la mattanza, prende del tempo per incendiare la propria abitazione, dopo di che sale sulla propria automobile, che utilizzerà per suicidarsi dirigendola a tutta velocità contro un albero.

Nashville, Tennessee (Stati Uniti), mattina di Natale. La tremenda detonazione di un camper imbottito di esplosivo, parcheggiato nei pressi di un centro di trasmissione della AT&T, provoca il danneggiamento di quarantuno edifici, il ferimento di tre persone, la morte di una (l’attentatore suicida) e il collasso temporaneo della rete – cellulari, internet, televisione – in larga parte del Tennessee. L’aspirante stragista, i cui resti vengono ritrovati all’interno del veicolo, viene identificato in un insospettabile e conosciuto residente di Nashville, Anthony Quinn Warner.

La domanda, a questo punto, sorge spontanea: che cosa lega e collega i fatti di Saint-Just e Nashville? Apparentemente nulla, ma un filo conduttore esiste, è visibile e tangibile. In entrambi i casi le autorità faticano a trovare il movente e indagano su dei soggetti al di sopra di ogni sospetto, due ragioni per cui l’opera di investigazione procede a rilento e quel che viene scoperto è fonte di stupore.

L’identikit dei nuovi terroristi

Limol, colui che ha neutralizzato un’intera pattuglia di gendarmi con freddezza, precisione e organizzazione, aveva la passione per le armi ed era un sostenitore e praticante del survivalismo, un movimento di origine statunitense i cui seguaci si addestrano a fronteggiare ogni calamità, dalle carestie all’inverno atomico, imparando l’arte della sopravvivenza nella natura aperta e con mezzi di sussistenza.

Warner, una carriera di tecnico informatico alle spalle, negli anni recenti aveva sviluppato un’ossessione di natura paranoide nei confronti degli ultimi sviluppi nelle telecomunicazioni e nell’alta tecnologia, in particolare del 5G. Dopo aver trascorso l’esistenza a lavorare in mezzo alla gente e con i computer, era diventato un eremita tecnofobo con la fissazione per la sorveglianza di massa, per gli effetti nocivi del 5G sulla salute e per le teorie del complotto sul dominio del mondo, in particolare riguardanti i rettiliani.

Un elemento in comune, quindi, è presente: l’assenza di un corpo ideologico ben definito. Non si tratta di stragisti mossi dall’idea di proiettare la propria visione distopica sulla società, come sono ad esempio i jihadisti, ma di persone che hanno sviluppato tendenze misantropiche, insofferenza verso una condizione di percepita impotenza, e che condiscono il loro malessere con dei vaghi e smorti obiettivi politici.

Le origini del “nuovo terrorismo” potrebbero essere ricondotte a Theodore John Kaczynski, popolarmente conosciuto come “Unabomber”, l’ex genio della matematica, formatosi fra l’università del Michigan e Harvard, che fra il 1978 e il 1995 lanciò una guerra alla contemporaneità, scrivendo un manifesto politico che avrebbe fatto scuola negli ambienti del survivalismo e del primitivismo. Kaczynski, survivalista come Limol e tecnofobo come Warner, era, inoltre, al di sopra di ogni sospetto come entrambi – la FBI poté concludere un’indagine alla cieca quasi ventennale soltanto per merito di David, suo fratello, che ne riconobbe la calligrafia leggendo il suscritto manifesto.

La possibilità che l’adesione a certi movimenti, dal survivalismo a QAnon, possa dar luogo a dei processi di radicalizzazione culminanti nello stragismo, è il motivo per cui negli Stati Uniti è elevata l’attenzione degli inquirenti nei loro confronti. È ad ambienti survivalisti, ad esempio, al cui interno si mescolano messianismo religioso, ecofascismo, primitivismo e apocalitticismo, che si ricollegano l’epopea della setta dei Davidiani e l’attentato di Oklahoma City. Il complottismo radicalizzante della realtà QAnon, invece, al quale è possibile che appartenesse Warner, è dal 2019 che è ritenuto fonte di potenziale terrorismo domestico dalla FBI.

Cittadini ordinari, insospettabili e apolitici, ma segretamente insofferenti verso una società che aborrano e capaci di auto-armarsi e compiere stragi, potrebbero essere loro, in definitiva, i protagonisti di un tipo di terrorismo, attualmente in stadio embrionale, che sembra scorgersi all’orizzonte dell’Occidente.

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Il pasticcio dell’amministrazione Obama e i soldi ad Al Qaeda

Con l’avvallo dell’amministrazione Obama, l’organizzazione evangelica umanitaria senza scopo di lucro World Vision United States ha negoziato in maniera impropria, nel 2014, con l’Islamic Relief Agency (Isra) inviando fondi governativi a un’organizzazione sanzionata per terrorismo e legata ad al-Qaeda. Come riporta Yahoo News, il presidente della commissione per le finanze del senato, il repubblicano, Chuck Grassley, ha recentemente pubblicato un rapporto che descrive in dettaglio i risultati di un’indagine iniziata dal suo staff nel febbraio 2019 circa il legame tra World Vision e l’Isra. L’indagine ha rilevato che World Vision non era a conoscenza del fatto che l’Isra fosse stata sanzionata dagli Stati Uniti dal 2004 dopo aver inviato circa 5 milioni di dollari a Maktab al-Khidamat, fondata da Osama Bin Laden.

200mila dollari all’associazione che ha finanziato al-Qaeda

“World Vision lavora per aiutare le persone bisognose in tutto il mondo e quel lavoro è ammirevole”, ha detto Grassley in una dichiarazione. “Anche se potrebbe non essere a conoscenza del fatto che l’Isra fosse sulla lista delle associazioni sotto sanzione o che fosse nell’elenco a causa della sua affiliazione al terrorismo, avrebbe dovuto farlo. L’ignoranza non può bastare come scusa. I cambiamenti di World Vision nelle pratiche di controllo sono un buon primo passo e attendo con impazienza i suoi continui progressi”. L’indagine è partita dopo che Sam Westrop, direttore dell’Islamist Watch del Middle East Forum, ha pubblicato un articolo su The National Review nel quale spiegava come l’amministrazione Obama avesse avvallato una donazione di 200.000 dollari all’Isra.

“Mancanza di controllo”

In buona sostanza, il rapporto del senatore repubblicano accusa l’organizzazione umanitaria – e di conseguenza l’amministrazione Obama, che avrebbe dovuto vigilare attentamente – di non aver prestato sufficiente attenzione nell’assicurarsi che l’Isra non fosse un’organizzazione già sanzionata dagli Usa per finanziamento al terrorismo. Non c’è la volontarietà, insomma, ma è totalmente mancato il controllo. World Vision ha scoperto che l’Isra era stata sanzionata solo dopo che l’organizzazione umanitaria evangelica senza scopo di lucro ha discusso una collaborazione con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) su un progetto umanitario separato in Sudan. Nell’eseguire un controllo di routine di World Vision e dei suoi partner, l’Iom ha scoperto che l’Isra era sotto sanzioni e ha contattato il team di conformità dell’Office of Foreign Assets Control (Ofac) per comunicare la cosa. Come spiega il rapporto del senatore Chuck Grassley, l’Islamic Relief Agency (Isra) ha sede a Khartoum, in Sudan, e dispone di oltre 40 uffici in tutto il mondo. Il governo degli Stati Uniti ha imposto sanzioni all’Isra nel 2004 dopo che quest’ultima aveva incanalato circa 5 milioni di dollari a Maktab Al-Khidamat, controllata da Osama Bin Laden.

Che cos’è al-Qaeda?

Come spiega Alberto Bellotto su InsideOver, al-Qaeda nasce ufficialmente l’11 agosto del 1988. Si tratta di un’organizzazione terroristica di stampo sunnita. Il nome può essere tradotto con “la base”. È nota soprattutto per essere stata la responsabile degli attacchi dell’11 settembre condotti contro gli Stati Uniti che costarono la vita a quasi 3mila persone. Per anni il suo nome è stato legato a quello di Osama Bin Laden che la guidò fino alla sua morte nel 2011. Oggi il network di sigle che la compone è sotto la supervisione di Ayman al-Zawahiri.

di Federico Giuliani per https://it.insideover.com