capture 005 13032021 093039Ecco qual è il male oscuro del gruppo di Della Valle

Non che ci fossero molte sorprese, ma ora arriva la conferma dei numeri: il 2020 di Tod’s è stato difficile per gli effetti devastanti che la pandemia ha avuto su molti comparti. Certo, il boom dell’online ha permesso di contenere le perdite, ma è ovvio che prodotti come scarpe – oltretutto non esattamente “entry level” per quanto concerne il prezzo – necessitino di essere provati in negozio. E in attesa che le nuove tecnologie, come la realtà aumentata, provino a sopperire anche a questa esigenza, non resta che tenere dritta la barra.

 

diego della valle

Dunque, i numeri: il bilancio 2020 si è chiuso con ricavi per 637,1 milioni, in calo del 30,4% rispetto all’anno precedente. Naturale anche il rosso di bilancio per 73,2 milioni, a fronte di un utile di 46,3 nel 2019. Così come ovvia è la scelta di non distribuire dividendi. Positiva la crescita in Cina (a doppia cifra) e del canale online, anch’esso in double digit. Dei quattro marchi del gruppo, Tod’s e Fay hanno registrato le performance migliori, mentre Roger Vivier ha limitato i danni ed è dato addirittura in crescita nei primi due mesi del 2021.

Il problema, per Tod’s, è capire come ripartire. I conti già in epoca pre-Covid erano stati caratterizzati dal segno “meno”. Il 2020 è il terzo anno di fila con un calo del fatturato. Un trend che non era piaciuto a Caisse de Depot et Placement du Quebec, che ha ridotto nell’agosto del 2019 la sua partecipazione nella società al 2,202% dal 5,155% detenuto da maggio 2018. 

Il titolo oggi è ai massimi da un anno, intorno a quota 30 euro per azione, dopo che a ottobre si era arrivati fino a 17, il valore più basso dalla quotazione in borsa. Ma quattro anni fa le stock di Tod’s valevano oltre 70 euro (rispetto ad ora +57,1%) e ad agosto del 2013 si è arrivati addirittura a oltre 140 euro. Qual è il male che affligge la creatura di Diego Della Valle?

Negli ultimi anni si sono affermati (conti alla mano ma non solo) o grandi brand come Hermès – che non conosce crisi perché si rivolge a un pubblico che difficilmente vede ridurre i propri portafogli e che ha appena scoperto che le sue borse hanno un rendimento superiori a quelli dell’oro – o marchi che hanno operato un completo rilancio.

Gucci su tutti, che lo scorso anno valeva oltre il 60% degli utili di tutto il gruppo Kering. Una gallina dalle uova d’oro, appunto. Oppure, ancora, i margini si fanno con produzioni delocalizzate a basso costo e con la moda easy to wear che ha fatto la fortuna di giganti come Zara o H&M. Tod’s è forse rimasto prigioniero di un’immagine un po’ meno identificabile. Scarpe con materiali di qualità che però si collocano in un range di prezzo che si potrebbe assimilare alla “borghesia”: alto ma non altissimo. 

Al momento Della Valle rimane padrone del destino dell’azienda: detiene una quota vicina all’80% del capitale complessivo e ha una ricchezza stimata da Forbes in circa 1,2 miliardi di euro. Se fino a qualche anno fa era protagonista delle cronache finanziarie, soprattutto per la sua presenza in Rcs, ora sembra giocare in una posizione meno esposta. Oltretutto – a proposito di gioco – non ha più neanche la Fiorentina, ceduta a Rocco Comisso dopo 17 anni di amore. 

A vedere dal garbo e dal rispetto con cui i giornali hanno trattato la vicenda di Tod’s, tenendo a segnalare soprattutto i risultati più positivi, appare evidente che il peso di Della Valle sia ancora piuttosto forte nel capitalismo nostrano. Che abbia in serbo qualche cartuccia?

di Marco Scotti per www.affaritaliani.it