capture 023 14032021 091835La pandemia di Sars-CoV-2 ha costretto la Cina ad effettuare una manutenzione forzata al proprio motore economico. Come accaduto a tutto il resto del pianeta, anche Pechino è stata chiamata a ricalibrare strategie e obiettivi, adattandoli al “nuovo mondo” plasmato dal Covid. Non solo: i vertici del Partito Comunista cinese hanno dovuto considerare pure la mezza Guerra Fredda in corso con gli Stati Uniti, tra dazi e sanzioni varie che continuano a minacciare l’espansione internazionale delle aziende leader del Dragone.

Nelle cosiddette Due Sessioni – l’appuntamento politico chiave dell’anno per il Pcc – si sono riuniti due tra i più importanti organi del sistema cinese: la Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese e l’Assemblea Nazionale del Popolo. Al termine del maxi evento, andato in scena dal 4 all’11 marzo, sono state pubblicate dal governo tabelle piene di cifre, percentuali e traguardi da raggiungere. Sono queste le ultime istruzioni che caratterizzeranno la linea di Xi Jinping. Una linea, un po’ diversa dal solito, che terrà conto della contrazione globale dell’economia, delle tensioni con Washington e di tutti i punti deboli della Cina. Il cambio di passo era necessario. Non si poteva fare altrimenti, visto che gli scossoni globali, in un mondo così interconnesso, hanno colpito anche l’impenetrabile Città Proibita.

 

Luci e ombre della crescita cinese

L’ultimo Pil, quello relativo al 2020, ha fatto segnare un aumento pari al 2,3%, il più basso mai registrato oltre Muraglia negli ultimi 44 anni, mentre l’indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0.2% . Questi numeri devono essere interpretati, perché è vero che il +2.3% è nettamente inferiore rispetto al +6.1% registrato nel 2019, ma è pur vero che stiamo parlando di un valore positivo se raffrontato al disastro generale. Per dire: la Banca Mondiale ha previsto una contrazione dell’economia degli Stati Uniti del -3.6% nel 2020, e addirittura un -7.4% per quella dell’Eurozona. Insomma, totalizzare uno dei pochi risultati positivi in un anno nel quale la contrazione economica a livello globale è stimata essere del -4.3%, è tutto sommato positivo. È pur vero, dall’altro lato, che le previsioni di crescita della Cina, per il 2021, dovrebbero tuttavia fermarsi al di sotto del 6%.

A una prima lettura potrebbe sembrare che il colosso asiatico stia perdendo colpi, o sia comunque prossimo al declino. In realtà, pur in mezzo a una tempesta mondiale, l’economia cinese è quella che ha retto meglio l’impatto con i fulmini. Lo si è visto, ad esempio, lo scorso febbraio, quando le esportazioni verso l’estero hanno fatto registrare una crescita record del +154.9%. Per scongiurare danni futuri, e mantenere salda la rotta, Pechino ha imbastito una road map da rendere effettiva durante il 14esimo Piano Quinquennale (2021-2025). Come sarà la Cina del futuro?

La mossa di Xi per proteggere l’economia

L’obiettivo di Xi è renderla quanto mai indipendente dall’esterno – senza tuttavia recidere alcun legame commerciale – e sul piano tecnologico. Da ora in poi la leva da spingere avrà un nome ben preciso: “doppia circolazione“. Significa che la crescita cinese si affiderà, in prima battuta, al mercato interno, poi alle relazioni economiche con gli altri Stati. Attenzione: ciò non significa che il Dragone si chiuderà a riccio rigettando la globalizzazione. Semplicemente, ricalibrerà i suoi target, facendo risaltare i suoi punti di forza e nascondendo le debolezze.

Non saranno più dunque, gli investimenti stranieri il principale volano della crescita nazionale, quanto piuttosto i miracoli del mercato interno. Quest’ultimo sarà chiamato a soffiare sulla vela del governo, così da neutralizzare ogni possibile minaccia esterna. Ma per poter contare sul mercato interno bisogna sostituire il paradigma della quantità in nome di quello qualitativo. La Cina lo sta già facendo da qualche anno, ma adesso è arrivato il momento di dare l’accelerazione finale.

Non ha più senso incantare il mondo con numeri imponenti e crescite del Prodotto interno lordo mai viste. È molto più importante – e geopoliticamente rilevante – garantire uno sviluppo di qualità. Ad esempio, puntando sul tema dell’indipendenza tecnologica (pensiamo ai semiconduttori, che la Cina deve ancora importare da fuori) e della transizione ecologica. Il Dragone, dunque, cambia pelle pur senza snaturarsi del tutto. Il virus e la povertà assoluta sono stati sconfitti. Adesso il Pcc tira dritto verso il 2050, quando la Cina dovrà diventare “una nazione socialista grande e moderna”.