capture 058 18042021 092303Gigi Proietti, inedito “rifugiato poetico” di “Ndo cojo cojo“, torna a parlarci. Esce in questi giorni la sua raccolta di sonetti, sberleffi e versi sul lockdown. E Gigi torna a parlarci. Non in scena, come tutti vorremmo. Ma attraverso questa raccolta incompiuta di poemetti e poesie che svela, dietro la maschera dell’istrione, il volto intimo dell’artista. I segreti dei suoi pensieri privati. Quelli covati nell’intimità familiare e coltivati durante la clausura imposta dal lockdown. E allora, è un Gigi Proietti inedito, per quanto sempre brillante e pungente, quello di Ndo cojo cojoSonetti e sberleffi fuori da ogni regola. Il testo, in libreria dal 20 aprile con illustrazioni di una della sue due figlie, Susanna, e altre dello stesso Gigi (che si cimenta in disegni in bianco e nero, compreso un autoritratto), mostra un altro volto dell’attore romano. Svela la sua anima riflessiva. Quella che dietro la mimica ironica e sferzante dell’istrione da one man show, cela un animo romantico. E, come sempre, profondamente intriso di quella romanità che è stata la cifra distintiva del suo successo.

 

Gigi Proietti, esce “Ndo cojo cojo”: la raccolta incompiuta di sonetti e sberleffi dell’attore

Dunque, torna Gigi Proietti. E con lui l’anima popolare della città eterna, nobilitata dalle sue rivisitazioni istrioniche e registiche. Uno sguardo poetico e romantico, quello che nei versi selezionati per la raccolta, Gigi rivolge alla capitale: alla sua storia e ai suoi miti. «Ebbene, sì. Confesso. Sì, scrivo roba in versi. Mi dichiaro rifugiato poetico», cita il sito dell’Ansa presentando l’iniziativa editoriale promossa dalla sua famiglia: con Sagitta Alter, la sua compagna di una vita, che cura il volume. E le due figlie, Carlotta e Susanna, che nell’introduzione sottolineano come abbiano riflettuto a lungo se pubblicare o meno quest’opera letteraria incompiuta del padre. E come, insieme alla madre, abbiano deciso di farlo integrando il testo con sonetti e altri rapsodie sparse dell’illustre genitore.

Gigi Proietti, in “Ndo cojo cojo” 80 sonetti, 15 poesie, riflessioni scritte durante il lockdown

Una delle tante eredità lasciate da Gigi Proietti, scomparso il 2 novembre del 2020 nel giorno del suo 80esimo compleanno. Un incompiuta che, ha confessato all’Ansa la figlia Carlotta, «ci ha fatto riflettere a lungo sull’aspetto malinconico dell’incompiutezza. Su quanto sia “giusto” pubblicare un lavoro non finito e rivisto dalle mani che gli hanno dato la vita. L’infinita saggezza di mia sorella Susanna è stata decisiva», sottolinea Carlotta, attrice. «È papà che ci sta dicendo cosa farne: Ndo cojo cojo, unire i puntini e creare un apparente caos… solo apparente. Come a dire: nel suo repertorio dove cogli, cogli bene…». E il risultato consta di circa ottanta sonetti. Composti tra il 1997 e il 2020. Insieme a una quindicina di poesie in versi liberi, affiancate ad alcune riflessioni scritte durante il lockdown della scorsa primavera. Leggendoli, assicurano moglie e figlie dell’attore, «si ha la netta sensazione di sentire la voce che declama. Sorride. Cancella. Si autocritica».

Dietro la maschera dell’istrione, il volto di un Gigi Proietti intimo e riflessivo

La voce di Roma. Una voce calda e suadente, teatrale e sorniona. La voce di un uomo. Di un artista. Di un personaggio indimenticabile che ha cantato l’amore per le sue radici e costruito le ali culturali con cui spiccare il volo verso un mondo di riferimenti e di divertimento intelligenti che, negli anni, ci ha regalato protagonisti di cui ridere, anche di un riso amaro. Gaglioffi, gagà e irresistibili cialtroni che hanno strizzato l’occhio a Petrolini e impregnato di vivida originalità mimica e performance di un artista unico ed eclettico. Capace, sia che si trovasse a teatro con un one man show. Sia che fosse sotto i riflettori tv, o sul set di una delle sue commedie, di rivoluzionare una scaletta. Di improvvisare con estro. Travolgere con una barzelletta. Ammaliare con una smorfia. Fedele sempre e comunque a un’unica maschera: la sua. Quella di un istrione divenuto grande portando in scena vizi privati e pubbliche virtù di Roma, caput mundi (del mondo di Gigi). Simbolo universale di arte. Fonte inesauribile di comicità.

di Priscilla Del Ninno per www.secoloditalia.it