capture 017 20042021 112538Settanta intellettuali europei si sono mobilitati, con un appello al presidente Putin, per salvare la vita a Navalny. Nelle stesse ore, invece, più di centotrenta intellettuali italiani hanno lanciato una petizione per salvare il posto al ministro Speranza. L'accostamento può apparire grottesco e perfino irrispettoso, di fronte alla tragedia del leader dell'opposizione russa che fa tornare alla mente i tempi oscuri dell'Urss e dell'Arcipelago Gulag. Già, perché ieri Navalny è stato trasferito a IK-3, una «colonia di tortura» - così l'ha definita un suo stretto collaboratore - nel cui ospedale vengono portati i pazienti più gravi.

Ma la simultaneità dei due appelli, oltre alla abissale diversità della situazione in cui versano le vittime da tutelare, non poteva passare sotto silenzio per sottolineare ancora una volta la cifra reale della nostra intellighenzia di sinistra, da sempre pronta a indignarsi solo per le cause sbagliate. Basti ricordare la raccolta di firme di cinquant' anni fa che portò alla pubblicazione della «lettera aperta» pubblicata dall'Espresso e firmata da intellettuali, politici e giornalisti contro il commissario Calabresi per la morte dell'anarchico Pinelli. Le autocritiche postume non hanno certo attenuato l'enormità di quel gravissimo pronunciamento e la delegittimazione degli avversari politici sarebbe rimasta poi una costante.

 

Non a caso anche la Seconda Repubblica è stata segnata da un lungo filo rosso che ha messo all'indice prima il Cavaliere nero e ora Salvini come nemici giurati della democrazia. Lo spettro di una restaurazione autoritaria è una teoria sostenuta da un gruppo agguerrito di intellettuali secondo cui ormai viviamo in un'Italia «che puzza di fascismo» e in preda a un'inarrestabile deriva. È il pensiero ammuffito degli epigoni del Sessantotto, che nella sua mobilitazione permanente ha sempre trovato interessate sponde nei partiti della sinistra. E ora che è nato un governo di unità nazionale, quale migliore occasione degli attacchi a Speranza per rilanciare l'offensiva contro la destra? Le critiche di Salvini e la mozione di sfiducia presentata da Fratelli d'Italia sono evidentemente ritenute come un reato di lesa maestà nei confronti del «loro» ministro.

Per questo personalità del mondo accademico, della cultura e dello spettacolo, dello sport, del mondo del lavoro hanno risposto «presente» all'appello lanciato dallo scrittore Di Giovanni sulla sua pagina Facebook con un'enfasi che rasenta la santificazione di «un Politico con la maiuscola che assomma tre requisiti fondamentali: l'assoluta onestà, limpida e totale; la passione pura per il suo lavoro; l'indiscutibile capacità, derivante da una disponibilità all'ascolto che raramente mi è capitato di incontrare». Su questo giudizio incensatorio deve aver pesato anche l'improvvido libro scritto dal ministro in cui parlava della pandemia «come occasione per costruire una nuova egemonia di sinistra». Quella propugnata dalla improbabile armata di intellettuali e affini che, accecata dall'ideologia, non trova nemmeno una pecca nell'operato del ministro nella gestione del Covid, a partire dal giallo del rapporto Oms sul mancato aggiornamento del piano pandemico e dalla mancata proclamazione delle zone rosse ad Alzano e Nembro. Dettagli: Speranza va difeso a prescindere dagli assalti della destra. Di fronte a questa imprescindibile missione, tutto il resto è noia. E uno Speranza vale più di cento Navalny.

di Riccardo Mazzoni per www.iltempo.it