L'osteosarcoma è il tumore primitivo alle ossa più comune

Cos'è

Un osteosarcoma è il tumore più comune fra quelli primitivi delle ossa. Ha origine da precursori degli osteoblasti, alcune delle cellule di cui è composto un osso, bloccati nel processo di differenziamento verso la cellula matura in una forma immatura e cancerosa.

A uno sguardo superficiale le ossa possono sembrare tessuti "morti" per via della loro durezza e del fatto che non cambiano forma una volta raggiunta l'età adulta. Le ossa sono in realtà costituite da cellule vive e attive che contribuiscono a mantenerne forma e forza.

Tra le cellule presenti nelle ossa vi sono gli osteoblasti che fabbricano la matrice ossea indispensabile alla resistenza e gli osteoclasti che aiutano l'osso a mantenere la propria forma depositando o rimuovendo minerali.

Le ossa servono a sostenere i muscoli, come una sorta di impalcatura che regge un edificio. Inoltre proteggono organi vitali come il cervello, racchiuso nella scatola cranica, e il cuore e i polmoni, situati all’interno della gabbia toracica, sotto lo sterno.

Il midollo osseo contenuto nella parte più interna delle ossa produce le cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine), mentre il cosiddetto osso subcondrale, presente nelle articolazioni e coperto da cartilagine, ammortizza e rende possibili i movimenti articolari.

La parola all'esperto

La ricercatrice Katia Scotlandi parla dell'osteosarcoma e dei progressi della ricerca su questa malattia.

Quanto è diffuso

In Italia si registrano ogni anno circa 700 nuovi casi di tumori maligni primitivi dell'osso e il 20-25 per cento è rappresentato da osteosarcomi (110-125 casi all'anno).

L’osteosarcoma può colpire a qualunque età, ma è più frequente tra gli adolescenti e i giovani adulti e non ci sono grandi differenze nell'incidenza annuale tra maschi e femmine.

Chi è a rischio

Le cause che portano allo sviluppo dell’osteosarcoma sono ancora in gran parte sconosciute, ma le caratteristiche della malattia hanno permesso di individuare alcuni fattori di rischio e di formulare ipotesi sulle cause molecolari.

L'osteosarcoma si manifesta soprattutto in bambini e adolescenti, cioè nel periodo di massima crescita dell'osso, e gli adolescenti colpiti da osteosarcoma sono in genere piuttosto alti per la loro età: queste osservazioni fanno pensare che proprio la crescita rapida dell'osso sia un fattore di rischio.

Tra i fattori di rischio certi per l'osteosarcoma vi è anche l'esposizione a radiazioni che in genere si verifica a causa di trattamenti di radioterapia a cui ci si sottopone per curare altri tipi di tumore.

Sono stati inoltre identificati fattori di rischio genetici come, per esempio, mutazioni nei geni oncosoppressori p53 e RB1 responsabili anche della comparsa di altri tipi di cancro e presenti nella forma mutata in alcune sindromi ereditarie che predispongono al tumore. Tra queste si possono citare la sindrome di Li-Fraumeni, legata a mutazioni del gene p53; la sindrome di Rothmund-Thompson, che causa anche altre patologie scheletriche ed è legata a mutazioni nel gene REQL4; la sindrome di Bloom e quella di Werner. Infine il retinoblastoma, un raro tumore infantile della retina legato alla perdita parziale o totale del gene RB1, è associato a un aumento del rischio di osteosarcoma, soprattutto nelle ossa attorno agli occhi per via dell’esposizione a radioterapia per curare il tumore della retina.

Tipologie

Esistono molte varianti di osteosarcoma che si differenziano tra loro in base all'aspetto che il tumore assume al microscopio o ai raggi X: ci sono varianti a bassointermedio e alto grado di malignità. In base alle statistiche la forma più comune è quella ad alto grado che rappresenta circa 8 osteosarcomi su 10. In questa forma le cellule osservate al microscopio hanno un aspetto diverso da quello delle cellule normali e in genere si moltiplicano velocemente. Nel tumore di basso grado, invece, le cellule hanno un aspetto simile a quello delle cellule normali (osteoblasti), il tumore risulta ben differenziato e le divisioni cellulari sono più lente e meno numerose.

Tutti i segmenti ossei possono essere colpiti da osteosarcoma: nei bambini e nei giovani adulti sono interessate soprattutto le ossa che hanno una crescita rapida, come le parti terminali delle ossa lunghe (femore, ossa del braccio). Non sono però escluse altre sedi come ginocchio, bacino, spalla e mandibola, soprattutto negli anziani.

Sintomi

Il sintomo più comune dell'osteosarcoma è il dolore all'osso colpito dal tumore, insieme a gonfiore o tumefazioni. Il grado di dolore varia a seconda della dimensione e dello stadio della malattia: inizialmente può essere debole e intermittente, ma con il tempo in genere la situazione peggiora. In alcuni casi il tumore indebolisce l'osso al punto da provocare fratture che vengono definite patologiche, per distinguerle da quelle traumatiche di un osso sano.

Prevenzione

Attualmente non esiste alcun tipo di prevenzione efficace per ridurre il rischio di sviluppare questo tipo di cancro poiché le cause dell’osteosarcoma sono ancora in gran parte sconosciute.

Diagnosi

I sintomi tipici dell’osteosarcoma, dolore localizzato alle ossa o gonfiore, possono essere facilmente presenti negli adolescenti per cause che non hanno niente a che vedere con il cancro, ma che sono, per esempio, legate a una caduta. Se il dolore e l'infiammazione non passano in un tempo ragionevole, è opportuno rivolgersi al medico che, dopo una visita attenta e una serie di domande mirate per conoscere meglio il quadro di salute generale, deciderà se è il caso di prescrivere ulteriori esami di approfondimento. Già nel corso della visita il medico potrebbe notare la presenza di masse anomale, ma la diagnosi definitiva di tumore delle ossa potrà essere effettuata solo dopo esami specifici.

Per arrivare a una diagnosi certa di tumore dell'osso si procede innanzitutto con uno o più esami di diagnostica per immagini. Tali indagini aiutano il medico a capire se si è in presenza di un cancro, se la malattia ha dato origine a metastasi, e a scegliere il trattamento più adatto.

Si inizia in genere con una radiografia della regione sospetta, seguita eventualmente da una scintigrafia ossea o dalla PET (tomografia a emissione di positroni). Questi ultimi due esami, in particolare, permettono di stabilire con qualche certezza l'origine della lesione visibile con la radiografia e riescono a determinare la presenza di metastasi anche in regioni diverse da quella di origine del tumore. In alcuni casi possono essere utilizzate allo stesso scopo anche la TC (tomografia computerizzata) o la risonanza magnetica.

Dopo questi esami di solito si esegue la biopsia ossea, tuttavia l'unico esame che permette di diagnosticare con certezza il cancro.

Il prelievo di tessuto osseo per la biopsia può essere effettuato con speciali aghi che permettono di asportare cilindri di tessuto o una piccola quantità di cellule tumorali, oppure con una procedura chirurgica vera e propria che prevede l'esposizione dell'osso e che viene eseguita sotto anestesia.

Evoluzione

La stadiazione consiste nell'assegnare uno stadio alla malattia, cioè determinare quanto il tumore è esteso e avanzato. Questo consente di identificare il miglior trattamento per ogni singolo caso. Quando si parla di osteosarcomi in genere si utilizza un sistema di stadiazione semplificato che divide i tumori in localizzati - quelli limitati all'osso dal quale hanno avuto origine - e quelli metastatici, che invece si sono già diffusi in altre aree dell'organismo, in genere i polmoni. Vengono infine definiti recidivanti i tumori che ritornano dopo un primo trattamento.

Oltre a questo sistema più semplificato, esistono anche altri sistemi per assegnare uno stadio all'osteosarcoma: si utilizza per esempio il sistema di Enneking che prende in considerazione il grado del tumore (G), l'estensione del tumore primario (T) e la diffusione di metastasi (M); o la classificazione dell’American Joint Commission on Cancer (AJCC) che, oltre alle tre precedenti variabili, valuta anche la diffusione del tumore ai linfonodi (N).

Come si cura

Come per la maggior parte dei tumori, anche per l'osteosarcoma la probabilità di guarigione e la scelta del trattamento più adatto dipendono da diversi fattori. Fra questi i più importanti sono l'aggressività e lo stadio della malattia, la possibilità di asportare completamente il tumore con l'intervento chirurgico, i risultati delle analisi effettuate e le condizioni generali del paziente.

I principali trattamenti per l’osteosarcoma sono la chirurgia e la chemioterapia, spesso utilizzate in combinazione.

Fino agli anni Sessanta del secolo scorso, la maggior parte delle persone colpite da osteosarcoma subiva interventi chirurgici molto invasivi che spesso consistevano nell'amputazione dell'arto malato. Oggi la situazione è molto cambiata e la chirurgia ha un approccio sempre più conservativo. Grazie ai progressi nella diagnosi precoce e a nuovi farmaci più efficaci, è possibile rimuovere solo la parte malata dell'osso che viene poi sostituita da un innesto costituito da un osso prelevato da un’altra parte del corpo del paziente (o di un donatore) oppure da una protesi metallica o di altro materiale. L'applicazione delle protesi nei bambini in fase di crescita è problematica: in questi casi, dopo il primo intervento ne potrebbero servire altri per sostituire la protesi originale con un'altra più lunga e adeguata alla crescita del piccolo paziente. Oggi tuttavia sono disponibili protesi capaci di adeguarsi meglio alla crescita dei ragazzi, limitando il numero di interventi per la loro sostituzione.

Gli osteoblastomi che si presentano in ossa diverse da quelle degli arti possono richiedere interventi chirurgici molto complessi, ma oggi è comunque possibile rimuovere con estrema efficacia anche osteosarcomi posizionati a livello della mandibola, delle vertebre o delle ossa del bacino, permettendo una qualità di vita adeguata.

La chemioterapia per l'osteosarcoma è in genere di tipo sistemico: il farmaco entra cioè nella circolazione sanguigna e si diffonde in tutto l'organismo. Nella maggior parte di casi l'osteosarcoma è trattato con uno o più cicli di chemioterapia prima dell'intervento chirurgico (chemioterapia neoadiuvante) in modo da ridurre le dimensioni del tumore e favorire l’intervento chirurgico conservativo. Dopo l’operazione seguono altri cicli di chemioterapia (chemioterapia adiuvante) allo scopo di eliminare eventuali cellule malate sfuggite al bisturi.

La radioterapia non è molto efficace nella cura dell'osteosarcoma. Può essere utilizzata per ridurre le dimensioni del cancro prima della sua asportazione chirurgica o a scopo palliativo, cioè per ridurre i sintomi nelle fasi più avanzate della malattia.

Sono allo studio nuove terapie per combattere l'osteosarcoma, come le terapie immunomodulanti che spingono il sistema immunitario del paziente ad attaccare e distruggere il tumore. Risultati positivi sono stati ottenuti dall’utilizzo del farmaco mifamurtide, che agisce come stimolatore della risposta immunitaria, mentre studi recenti con anticorpi che tendono a riattivare la risposta mediata dalle cellule T hanno dato risultati deludenti. A causa della complessità genetica dell’osteosarcoma, che provoca la presenza di alterazioni molecolari multiple, le terapie mirate a specifici bersagli hanno trovato finora scarsa applicabilità. Pertanto la terapia dell’osteosarcoma è ancora legata prevalentemente all’uso di farmaci chemioterapici convenzionali.

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di Agenzia Zoe per www.airc.it