capture 079 02052021 092903Roma, 4 feb – Quando si affronta il dramma delle foibe ci si scontra subito con un quesito brutale: quanti furono i morti? Ora, la contabilità cimiteriale è una pratica tetra e in verità piuttosto noiosa, molto efficace nella comunicazione propagandistica ma poco utile a capire la complessità dei fenomeni. E tuttavia, poiché la storia si fonde spesso con la politica, ragionare di numeri risulta alla fine inevitabile.

Il gruppetto scomposto che è andato a interrompere lo spettacolo di Simone Cristicchi a Firenze ha diffuso volantini e comunicati in cui possiamo leggere passi del genere:

Il “moto di odio e di furia sanguinaria” [si sta citando una frase di Napolitano – ndr] dovrebbe riferirsi alle 798 vittime ufficialmente ritrovate nelle cosiddette foibe, cioè le cavità carsiche presenti in territorio giuliano e istriano, fra il 1943 e il 1945. Infatti, nonostante i numeri sparati a caso di volta in volta dai vari esponenti politici, dall’estrema destra alla sinistra più ossequiosa, gli unici corpi ritrovati furono quelli che il maresciallo dei Vigili del Fuoco Harzarich ripescò nel biennio ’43-’45 (ribadiamo: fonte ufficiale fascista, quindi interessata ad amplificare l’accaduto). Poi più nulla. A ben vedere, in un contesto territoriale e temporale in cui morirono 50 milioni di persone, parlare di “moto di odio e di furia sanguinaria” sfiora il controsenso.

 

La falsificazione è palese. Del resto liquidare il capitolo foibe con la mera contabilità dei corpi effettivamente ritrovati è semplicemente folle. Primo, per le difficoltà oggettive del compito di riesumazione (del resto una delle ragioni dell’infoibamento è appunto l’occultamento dei corpi). Secondo, perché l’espressione “foibe” è chiaramente una sineddoche (figura retorica che sta a indicare una parte per il tutto) in cui vengono convenzionalmente incluse anche le vittime di campi di concentramento, processi sommari etc. che pure non finirono nelle cavità carsiche, esattamente come nella letteratura sulla sorte degli ebrei nella Seconda guerra mondiale si parla sia delle fucilazioni sul fronte dell’est che dei campi di concentramento. Quanto al “contesto territoriale e temporale in cui morirono 50 milioni di persone”, definire il ragionamento capzioso è dire poco. Come se immensi sconvolgimenti durati anni su interi continenti fossero paragonabili a stragi perpetrate in pochi mesi su una minuscola porzione d’Italia. Come se, in generale, il massacro grande “mangiasse” il massacro piccolo, secondo una logica per cui Hiroshima potrebbe essere liquidata con una nota a pie’ pagina nei libri di storia.

Quanto alla difficoltà di ragionare sui morti effettivamente ritrovati, si consideri solo che nella famigerata foiba di Basovizza si è dovuto, macabramente, ragionare per “metri cubi di cadaveri” per avere un’idea dell’entità delle uccisioni avvenute in quel luogo.

Scrisse tempo fa il Corriere della Sera:

Un cippo sulla foiba di Basovizza, sulla lastra di pietra che chiude per sempre la voragine in cui furono precipitati i martiri di Trieste e della Venezia Giulia, ne riporta incisi i livelli. In origine la profondità risultava di 300 metri. Nel 1918 era di 228: la differenza era costituita da depositi di detriti, di carbone e di munizioni gettate là dentro dopo la guerra mondiale. Nel 1945, all’ultima misurazione, la foiba era profonda 135 metri: la differenza, stavolta, si doveva ai cadaveri degli italiani assassinati precipitandoli, spesso vivi, nell’abisso. Quanti? Forse 2.000, ma un conto esatto non si potrà mai fare. Fu detto, con brutale espressione, che a Basovizza c’erano 500 metri cubi di morti. Quattro per metro cubo.

Ma è possibile, in generale, fare una stima delle vittime totali del dramma istriano che superi l’offensiva cifra di poche centinaia ma che ridimensioni anche i numeri influenzati dallo choc del momento, quando si arrivò a parlare di 40mila morti?

Secondo i calcoli di Luigi Papo per il Centro studi Adriatici per il periodo 1943-1945 abbiamo: 994 salme esumate da foibe, pozzi minerari, fosse comuni; 326 vittime accertate ma non recuperate; 5.643 vittime presunte sulla base delle segnalazioni locali o altre fonti; 3.174 vittime nei campi di concentramento e di lavoro jugoslavi, computate sulla base di segnalazioni o altre fonti. Quindi ben 10.137 persone mancanti in seguito a deportazioni, eccidi e infoibamenti per mano jugoslava. A questa cifra andrebbero poi aggiunte le vittime di ben trentasette fra foibe e cave di bauxite per le quali non è stato possibile alcun accertamento pur “essendo nella certezza che ivi furono compiuti altri massacri”. In questo modo la cifra finale sarebbe di 16.500 vittime.

Lo storico Gianni Oliva (che ha avuto anche incarichi politici nel Pci, poi nel Pds fino al Pd) ha scritto nel suo Foibe (Mondadori) che le vittime delle prime foibe, quelle del settembre-ottobre 1943, sarebbero fra le 500 e le 700. Più complessa la questione per i fatti del 1945. Scrive lo storico:

Dal confronto fra i dati contrastanti a disposizione, si può tuttavia ipotizzare la stima di circa diecimila persone eliminate nelle foibe o nei campi di concentramento, una cifra di riferimento che va presa con precauzione, ma che vale ad inquadrare il fenomeno entro le reali dimensioni di eccidio che esso ha assunto.

Altri storici danno cifre inferiori. Scrive per esempio Marina Cattaruzza in L’Italia e il confine orientale (Il Mulino):

Il numero complessivo degli scomparsi tra il 1943 e il 1945 nei territori occupati temporaneamente o definitivamente da unità partigiane o filojugslave o dall’esercito di liberazione jugoslavo sembrerebbe oscillare tra 4000 e 5000 persone.

Più prudentemente, uno dei massimi storici dell’esodo, Raoul Pupo, dichiara:

Quando si parla delle vittime delle foibe l’importante è l’ordine di grandezza, che è di alcune migliaia.

Di più, forse, non ne sapremo mai. Di sicuro la forbice, purtroppo molto ampia, fra 5000 e 15.000 racchiude l’esatta entità del fenomeno. Il che, inquadrato nel contesto della limitata porzione spaziale e temporale in cui avvennero gli eccidi, della brutalità disumana che li accompagnò, fra stupri, sevizie e torture, dell’esodo che ne seguì e di cui riparleremo, della rimozione storica durata per anni e anzi accompagnata dalla colpevolizzazione tanto degli storici che degli stessi sopravvissuti – tutto questo, dicevamo, contribuirà a far sanguinare ancora per molto tempo quella ferita nazionale chiamata “foibe”.

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