capture 048 13052021 111816Cosamai hanno trovato, o cosa si aspettavano avrebbero trovato, i carabinieri del Ros, quando ieri mattina, sumandato della autorità giudiziaria, sono entrati a casa del professore Marco Gervasoni, ordinario di storia contemporanea presso l'Università del Molise, allo scopo di perquisirla? Cosa mai potrà esserci di così compromettente nell'abitazione di un docente universitario? Di quali orridi crimini questi si sarà macchiato? Marco Gervasoni risulta indagato, insieme ad altre dieci persone, tra cui un pensionato, un ottico, due giornalisti di testate online, un cantautore, un impiegato amministrativo di un ospedale romano e uno studente, per i reati di offesa all'onore e al prestigio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di istigazione a delinquere tramite messaggi e post pubblicati sui social network tra l'aprile 2020 e il febbraio 2021.

L'accademico, il quale non è tipo che le manda a dire e adopera spesso un lessico colorito, sarebbe presunto reo di qualche cinguettio su Twitter non proprio delicato nei confronti del capo dello Stato e questo è sufficiente per infliggerli queste bastonate, ovvero mettergli a soqquadro la dimora e interrogarlo e indagarlo e magari pure processarlo e - perché no - condannarlo, già che ci siamo. Ma l'aspetto più grottesco della vicenda risiede in un particolare diffuso ieri e sottolineato con enfasi dagli organi di informazione: pare che tre degli individui sotto inchiesta, tra cui il cattedratico colpevole di essere di destra e non di sinistra, come prescrivono le consuetudinarie regole del buon costume e suggerisce la convenienza, «gravitino in ambienti di estrema destra e a vocazione sovranista».

 

Insomma, Gervasoni, che si dichiara sia conservatore sia sovranista e che mai si è dichiarato di estrema destra, finisce nel tritacarne poiché ideologicamente sposa i principi del sovranismo, valori che dovremmo ritenere "sovversivi". Dunque, la convinzione che la sovranità nazionale debba essere difesa e non annullata in virtù di una globalizzazione che, per di più, ha svelato limiti e storture proprio nell'ultimo anno sarebbe pericolosa, proprio come Gervasoni sarebbe un criminale, il quale utilizza la parolaccia "patria", o i termini osceni "confini nazionali", "sovranità", elementi costitutivi questi di quello Stato che ora il professore - per un ridicolo paradosso - è accusato di oltraggiare. Gli insulti nei confronti di Mattarella, infatti, stando a quanto specificano i carabinieri del Ros, «appaiono frutto di una elaborata strategia di aggressione alle più importanti istituzioni del Paese».

Una sorta di attacco allo Stato, neppure se Gervasoni, il quale opera alla luce del sole ed esprime le sue opinioni pubblicamente, senza farne mistero, fosse un boss di Cosa Nostra, in quanto iscritto - udite, udite! - ad un social network russo che vorrebbe essere una alternativa a Facebook, o un terrorista che confeziona bombe artigianali tra le mura domestiche per poi farsi saltare in aria in un mercatino di Natale spargendo sangue (ah no, delinquenti di questo genere, come il tunisino Anis Amri, li abbiamo pure accolti a braccia aperte in Italia). Ci dispiace, e allo stesso tempo ci preoccupa, e non poco, che un libero cittadino, stimato docente e acuto editorialista, autore di brillanti pubblicazioni, venga perseguito (e perseguitato) poiché ha delle opinioni politiche e, in maniera legittima, le estrinseca.

Egli digitava su Twitter il 26 maggio del 2020, alle ore 13:20: «Forse Mattarella non si ricorda di essere presidente del Csm. Può capitare a una certa età di dimenticarsi le cose, è normale». Il 31 luglio del 2020, ore 13:14, sempre su Twitter: «Mattarella non è il mio presidente (per l'ennesima volta)». Il 10 ottobre del 2020 Gervasoni affermava che Sergio Mattarella è il presidente che «tifa per il lockdown», commentando le dichiarazioni rilasciate dal presidente della Repubblica in occasione dell'incontro con la pari ruolo greca. In particolare, Gervasoni si riferiva al passaggio in cui Mattarella invitava i cittadini ad un atteggiamento più responsabile «se si vuole tenere aperta l'Italia». Per il docente queste parole sottintendevano una sorta di colpevolezza del popolo, la quale semmai, a suo giudizio, andava attribuita soltanto all'esecutivo, incapace di gestire la pestilenza in maniera efficace.

Il 4 dicembre del 2020, alle ore 5:14, sempre a commento di alcune asserzioni di Mattarella relative alle "restrizioni necessarie" e ai timori del presidente per "la salute del governo", Gervasoni osservava su Twitter: «Mattarella teme per la salute del governo, possiamo fermarci qui. Il mio giudizio su uno dei peggiori presidenti della Repubblica già lo conoscete». Circa 45 minuti dopo: «Il vero capo del regime sanitocratico è Mattarella, ma ancora qualcuno dell'opposizione si appella a lui. Ci sono o ci fanno?». Il 15 gennaio del 2021, alle ore 9:04, sul sito del giornalista Nicola Porro, veniva pubblicato un pezzo di Gervasoni dal titolo "È Mattarella la vera stampella di Conte". Scriveva lo storico: «È il presidente della Repubblica il vero garante del governo Conte [] Mai si era visto un presidente della Repubblica che, come racconta Massimiliano Scafi sul Giornale, fornisce indicazioni precise e meticolose a Conte su come resistere all'assalto di Renzi [] Si comporta alla stregua di un capo della maggioranza ancorché apparire un garante».

E ancora: «Poco male, anzi bene: siamo presidenzialisti dai nostri diciotto anni. Solo non ci pare corretto che il presidenzialismo de facto sia applicato da figure elette non dai cittadini ma dai partiti. E ci piace ancora meno perché il presidenzialismo caché mette al riparo il capo dello Stato da critiche al suo operato: e infatti non c’è forza politica, dicasi una,che osi muovere un rilievo critico al Quirinale. Neanche ai tempi della monarchia era così». Già, neanche ai tempi della monarchia…

Gervasoni non ha mai istigato gli utenti o i lettori a compiere del male al capo dello Stato, mai li ha esortati all’omicidio, mai si è augurato la morte di Mattarella, mai il suo linguaggio, quantunque icastico e tagliente, è tracimato nella violenza. Appare evidente che – altro che ingiurie e aggressioni – siamo nell’ambito dell’esercizio della sacrosanta libertà di espressione, libertà negata al professore. Forse perché non è di sinistra, ossia non si genuflette davanti al pensiero unico e al politicamente corretto? Il dubbio è più che lecito dal momento che ultimamente a subire pure sui social network la inaccettabile censura sono – guarda caso – soggetti che non si adeguano alla ideologia di sinistra. E, a proposito di censura, è questo il vocabolo più calzante per spiegare quello che sta patendo Gervasoni. Non è il docente ad attaccare lo Stato, bensì è lo Stato ad attaccare il libero pensiero dei cittadini che è costituzionalmente protetto. E tutto ciò si verifica proprio ora, dopo un anno di sistematiche violazioni delle libertà fondamentali, garantite dalla Costituzione, ad opera di governi che hanno dimostrato scarso rispetto della nostra Carta. Raccogliamo adesso i marci frutti. Ce ne sarà per tutti.

di Azzurra Barbuto per  www.liberoquotidiano.it