capture 049 19062021 172323Un documento russo fa a pezzi Giuseppe Conte e la sua gestione del Covid. Il report di 11 pagine è stato stilato dai due scienziati a capo della task force arrivata dalla Rusia in compagnia di 104 militari per lavorare a Bergamo dal 22 marzo al 9 aprile 2020 nella battaglia che i medici italiani stavano portando avanti contro la pandemia. “Medici mandati al massacro. Molti e ripetuti errori. Ritardi nelle chiusure che hanno amplificato i contagi. Misure restrittive applicate altrove eppure ignorate dal premier. Errori decisivi sul tracciamento, tranne che in Veneto. Iniziative politiche che hanno sminuito la gravità della pandemia, monitorata ma non impedita” la sintesi de Il Giornale dopo aver letto il documento.

 

Le accuse degli esperti russi potrebbero anche finire dentro il fascicolo per epidemia colposa aperto a Bergamo dalla Procura, che vuole far luce sulle responsabilità delle tante, troppe, morti italiane ad inizio pandemia. “Il Covid in Italia, una lezione da imparare” il titolo del lavoro di Natalia Yu. Pshenichnaya e Aleksandr V. Semenov, che distruggono punto per punto la gestione Covid del governo Conte - supportato da Partito Democratico e Movimento 5 Stelle - e del ministro Roberto Speranza. “Il sistema sanitario non era preparato al drammatico aumento di pazienti con malattie respiratorie nella prima ondata le misure di contenimento dell'infezione non erano pienamente implementate e hanno anche portato a un contagio del personale medico e infermieristico” un passaggio del report, che poi va già durissimo “la parte fragile della popolazione non è stata assistita in tempo a causa della mancanza di posti letto e di personale ben addestrato, l'aver affiancato ai medici in ospedale quelli in pensione con precedenti morbilità ha messo a rischio le loro vite”. Nel mirino anche la seconda ondata autunnale: “Nuovi ritardi e sottovalutazioni, che hanno innescato una curva dei contagi crescente per colpa di misure restrittive decise in ritardo”. 

Non viene risparmiata neanche quella fetta della politica che spingeva per andare avanti senza chiudere, vedi Nicola Zingaretti e Beppe Sala: “alcuni hanno promosso incontri pubblici e strette di mano per enfatizzare che l'economia non doveva fermarsi per colpa del virus. Un comportamento altamente rischioso dai tristi esiti”.

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