capture 004 23072021 125503«Inginocchiarsi contro il razzismo non serve a niente». Finalmente. Ci voleva un’atleta del calibro di Sara Simeoni, medaglia d’oro nel salto in alto alle Olimpiadi di Mosca ’80, per squarciare con parole nette e coraggiose il velo di ipocrisia che copre, e non da oggi, il mondo dello sport. Sono ancora fresche le polemiche sull’omaggio dei calciatori impegnati negli Europei al rito del Black lives matters. E tutti ricordiamo il tiremmolla dei nostri Azzurri culminato nella decisione di inginocchiarsi prima dei quarti di finale contro il Belgio ma solo in segno di solidarietà a Lukaku e compagni. Una mezza figuraccia, lavata sul campo con la vittoria finale contro l’Inghilterra.

 

Sara Simeoni: «L’anti-razzismo non esige gesti plateali»

Ma tant’è: ormai lo sport, in particolare il calcio, è una vetrina per ogni battaglia ispirata dai canoni del politicamente corretto. Una moda, niente di più. Per fortuna, c’è chi dice no. Come, appunto Sara Simeoni che in un’intervista alla Verità rimette i puntini sulle “i” ricordando che «si può essere d’accordo con un principio anche senza essere plateali». Una critica esplicita al suo ex-mondo che, al contrario, «va avanti per spot». Un’analisi che potrebbero confermare i milioni di telespettatori che hanno seguito gli Europei. A nessuno di loro sarà infatti sfuggito quanto effimeri siano stati gli effetti della campagna anti-razzismo.

«Viviamo nel mondo dell’apparenza»

Basti pensare che la nazionale inglese è quella che più si è inginocchiata, e sempre tra gli scroscianti applausi dei suoi tifosi. Gli stessi che non hanno esitato a insultare i calciatori di colore della propria nazionale per i rigori falliti nella finale contro l’Italia. «Viviamo in un mondo dove l’apparenza la fa da padrone», è l’amaro commento di Sara Simeoni. Che non ha esitato un attimo nel rispondere «no» alla domanda se lei si sarebbe inginocchiata. «Le apparenze – ha spiegato – non mi sono mai piaciute. Ho sempre preferito anteporre i miei comportamenti».

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