capture 065 27082021 123303«Qualcuno ha sbagliato in maniera pesantissima. Mi sono preso la briga di andare a rileggere quelle parti che sono pubbliche degli accordi di Doha e sono la testimonianza di un dilettantismo impressionante da parte dell’amministrazione americana, all’epoca guidata da Donald Trump». Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’Istituto Affari Internazionali, non ha dubbi: «È un accordo scritto sulla sabbia».

Cosa intende quando parla di accordi scritti sulla sabbia?
«Non ci sono le minime garanzie di rispetto da parte dei talebani. Capisco le forti pressioni interne su Trump e altrettanto forti su Biden, però si poteva gestire meglio l’operazione di "sganciamento" dall’Afghanistan. Invece è stata fatta nel peggiore dei modi possibili e si stanno pagando le conseguenze, soprattutto gli afghani. Ma c’è anche una drammatica crisi di credibilità che colpisce in primis gli Stati Uniti e tutto il mondo occidentale. Tutti noi alleati della Nato li abbiamo seguiti in questa avventura e forse avremmo dovuto chiederci un po’ prima se e perché stare in Afghanistan, con tutto quello che ci è costato, per poi vedere questo esito».

 

Se al posto di Biden ci fosse stato Trump il ritiro sarebbe finito allo stesso modo?
«Sicuramente. Gli accordi sono di febbraio 2020. L’attuazione è stata dilazionata per una serie di motivi, tra cui probabilmente anche il Covid. Però quegli accordi erano di una fragilità spaventosa e hanno legittimato di fatto i talebani. Si è riconosciuto che in Afghanistan si sarebbe instaurato un Emirato islamico. Ma non solo. Non è stato coinvolto il governo in carica, quello legittimo che gli Usa hanno aiutato ad insediarsi. Uno degli impegni principali, che riguarda la formazione di un santuario jihadista, non contempla alcuna possibilità di monitorare che venga rispettato, per lo meno secondo quanto riportato nella parte degli accordi resa pubblica. Immagino che negli Usa si scatenerà una polemica feroce nei confronti di questa amministrazione e della precedente per capire come è stato possibile gestire questa cosa con tanta leggerezza, pur nella legittima volontà di volersene andare dopo 20 anni. Ma si poteva e si doveva gestire in maniera più decente».

A questo punto diventa uno scontro tra talebani e Isis?
«Se si tratta di un attentato compiuto dall’Isis Khorasan, vuol dire che i talebani, come prevedibile, non sono in grado di controllare il territorio, soprattutto in un punto nevralgico come le vie di accesso all’aeroporto. La seconda considerazione riguarda gli impegni che i talebani si erano assunti nei famosi e scellerati accordi di Doha: impegnarsi a far sì che l’Afghanistan non diventasse il santuario delle formazioni jihadiste. Quello che è successo dimostra che non sarà così facile debellare il terrorismo in Afghanistan, ammesso che i talebani lo vogliano. Quindi c’è preoccupazione per quello che potrà svilupparsi nei prossimi giorni se questi episodi dovessero ripetersi». 

Ci saranno altri attentati?
«Cresce enormemente il rischio che questo tipo di attentati terroristici possano ripetersi nei prossimi giorni, settimane e mesi. Questo è un problema enorme per gli afghani che stanno pagando sulla loro pelle questa situazione. In una prospettiva di medio termine potrebbe diventare un problema enorme anche per il resto del mondo se in Afghanistan si riproducessero le condizioni che hanno consentito a suo tempo ad al Qaeda di insediarsi e di operare. Che questo sia un episodio che riguarda uno scontro tra due componenti della galassia dei talebani, oppure da ricondurre ad una rivalità con l’Isis o il rischio di ritorno di al Qaeda, sono tutte ipotesi plausibili su cui non mi sento di fare previsioni. Ma quello che è successo oggi (ieri, ndr), aggrava una situazione già molto complicata e drammatica».

di Francesca Musacchio per www.iltempo.it