capture 088 30082021 110945Ci mancava pure il costituzionalista. Parliamo di Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale a Roma Tre, il quale ritiene che sia perfettamente in linea con la nostra Carta escludere i non vaccinati dalle prestazioni del Servizio sanitario nazionale. Lo fa in un intervento sul suo blog (ospitato da Huffpost Italia) chiedendosi, qualora venisse imposto un obbligo vaccinale, quale potrebbe essere la giusta sanzione da irrogare ai renitenti alla puntura.

 

Il professore sgombra subito il campo dalla possibilità di un’ammenda pecuniaria, in quanto la multa “diventerebbero il prezzo per non vaccinarsi”. Non considera – bontà sua – la possibilità di far diventare la mancata inoculazione del siero un reato. E nemmeno quella – troppa grazia – di interdizione dai pubblici uffici. Ecco allora la trovata: “una sanzione di quelle che vengono chiamate “ripristinatorie”, cioè più legate al ripristino dell’interesse pubblico violato”. Quale sarebbe? Impedire ai non vaccinati l’iscrizione al Ssn, mettendo così a loro carico il pagamento delle eventuali cure a cui dovessero sottoporsi. “Ovviamente fino a quando non decidono di vaccinarsi”, chiosa Celotto.

 

 

I non vaccinati esclusi dal Ssn: una proposta che non sta in piedi

La proposta del costituzionalista è irricevibile per più motivi. Anzitutto per una ragione di merito, a sua volta articolata su più punti. Non è infatti, ad oggi, dimostrato che i vaccinati non siano contagiosi. Al contrario: par di capire che possano esserlo comunque, sia pur in misura inferiore ai non vaccinati. E però, con il green pass in mano, hanno allo stesso tempo la possibilità di circolare maggiormente, contribuendo quindi alla diffusione del virus. In secondo luogo, i dati più recenti su decessi e ospedalizzazioni ci raccontano di un numero sempre più alto di vaccinati con doppia dose che finiscono in terapia intensiva (sono quasi il 20% del totale) o che proprio non ce la fanno (il 27%).

 

Insomma, l’efficacia dei vari Pfizer, Moderna e via dicendo sembra una certezza granitica come quelle, che spesso si sciolgono come neve al sole nel giro di pochi giorni, di alcuni virologi da salotto. Senza poi considerare il rischio di reazioni avverse, peraltro apparentemente a maggior incidenza in quelle fasce di età più giovani e meno a rischio (se non a rischio zero) di decesso o ricovero per Covid. Detta in altre parole: laddove le incertezze superano le certezze, un minimo di attenzione a parlare di obblighi e imposizioni sarebbe d’uopo.

Un problema di metodo: allora escludiamo (quasi) tutti

Al di là della questione “epidemiologica”, ci sono però tanti altri – e forse ben più solidi – motivi per rigettare l’idea di escludere i non vaccinati dal Ssn.

Il primo riguarda il fatto che per quelle prestazioni sanitarie abbiamo contribuito tutti. Questo al netto dei tagli miliardari degli ultimi anni, che già di per sé hanno comportato l’esclusione indiretta di molti – vaccinati e non – dalle cure. Ora, è vero che in un modello di tipo solidaristico non esiste corrispondenza biunivoca ed esatta tra quanto versato e quanto ricevuto. Ma in un sistema in cui, in assenza di una banca centrale che faccia il proprio mestiere, la spesa pubblica è finanziata quasi in toto dalle imposte versate dai cittadini, la relazione si fa assai più stringente. Dato che la spesa sanitaria vale all’incirca il 15% della spesa pubblica, significa che ai non vaccinati le tasse andrebbero ridotte di almeno altrettanto. Se non addirittura restituita la stessa percentuale di quanto versato in passato.

Il secondo è il pericoloso e scivolosissimo piano inclinato nel quale l’idea di Celotto si colloca. Legando una prestazione sanitaria ad un presunto “merito” del paziente, ne consegue che la limitazione non dovrebbe valere solo per i non vaccinati. Applichiamola anche a chi fuma, a chi beve troppo. Potrebbero smettere o non aver mai toccato una sigaretta, certo: si allenano però almeno tre volte alla settimana? E questa attività sportiva è rischiosa? Fanno una dieta equilibrata? Mangiano abbastanza frutta e verdura? Hanno passatempi pericolosi? Non stiamo parlando della luna, ma di stili di vita raccomandati da più parti. Non si capisce a questo punto perché anche costoro, conoscendo i pericoli ad esempio di una dieta sregolata, non debbano vedersi negato l’ingresso in un ospedale pubblico. Se il criterio è in qualche modo il “meritarselo”, bene: non rientrano nella categoria. Il problema è che, seguendo questa griglia interpretativa, rimarrebbero in Italia forse qualche centinaia di migliaia di cittadini “idonei” a vedersi esentati dal ricevere il conto delle cure. Siamo proprio sicuri di voler prendere questa brutta china?

di Filippo Burla per www.ilprimatonazionale.it